Domenica 2 luglio | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 2 luglio

Liturgia: 2Re 4,8-11.14-16; Sal 88; Rm 6, 3-4.8-11; Mt 10, 37-42Domenica 2 luglioIn quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Non c’è antagonismo o sottovalutazione per l’amore al padre e alla madre, al figlio o alla figlia. Eppure trafigge la forza con la quale Gesù chiede che ogni relazione umana sia vissuta in relazione a Lui. Gesù non chiede di “amare di meno”: è il contrario. Solo riferito a Lui ogni legame tra le persone trova fondamento e protezione. Quando Gesù dice che è venuto a portare sulla terra “non la pace, ma la spada” (v.34) si riferisce alla necessità di risanare le ferite della natura umana, i rapporti – compreso quello fra padre e figlio – violenti o falliti. E’ sotto gli occhi di tutti, spesso vicino o persino dentro la propria famiglia, la sofferenza per la fragilità dei legami affettivi e le fratture dei vincoli d’amore fra uomo e donna. Quello di Gesù è l’invito a convertire le relazioni; nella croce pasquale, di morte e resurrezione di Gesù, tutto deve rinascere in modo assolutamente nuovo, anche l’amore fra padre e figlio, fra marito e moglie. Il primato richiesto dal Signore è il principio garante di ogni relazione liberata da ogni deviazione idolatrica: solo Dio è Dio.

Accettare di portare la croce è condizione  per essere discepoli del Signore e per seguirlo sulla stessa strada. Ognuno è prima di tutto seguace di Gesù e la dignità sta proprio nel pedinare il maestro, scappando da ogni paganesimo. Il discepolo degno del maestro è il cristiano che non cammina dietro all'idolo di se stesso o a quello che emerge nel proprio tempo o nella cultura dominante. Meglio perdere una vita del genere e consegnarsi a Lui, spendendo la propria vita per la causa di Gesù. La tripla sottolineatura – “Non è degno di me” – richiama la tripla domanda di Gesù a Pietro se lo ama più di tutti gli altri. Oggi il vangelo chiede a tutti di amare “di più” il Signore per amare gli altri. Gesù può non essere amato, ma non può essere amato meno di un altro: non sarebbe il Signore (Amerai il Signore tuo Dio...).

Ogni cosa ha senso nell’amore, quando Dio è al primo posto: un bicchiere d’acqua come un momento del proprio tempo; se è grande il desiderio di Dio, allora anche il vangelo è alla nostra portata. E i rapporti fra noi? Se ci si ama dando il primato a Dio, nulla ci può separare.

In questo Vangelo Gesù disegna il profilo del suo apostolo inviato in gratuità e povertà, soprattutto libero di portare la croce, di offrire la propria vita per trovarla piena. E un apostolo così, accettato, porta il volto del maestro. Nell’apostolo è Gesù stesso che viene ricevuto perché l’apostolo compie la stessa opera del Figlio, la salvezza, perché è capace di un amore più grande di qualunque altro affetto.Mons Angelo Sceppacerca2 luglio 2017
Licenza Creative CommonsLe informazioni e gli articoli pubblicati su questo sito sono distribuiti con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia