Domenica 7 Giugno | Diocesi di Trivento

Commento al Vangelo

Domenica 7 Giugno

Ci sono le feste in onore dei Santi, quelle della Madonna, quelle che celebrano i misteri della vita di Gesù. Oggi è la festa di Dio, nientemeno che la celebrazione gioiosa del mistero della Santissima Trinità, il Dio cristiano, “il più grande di tutti i misteri, la fonte ed il fondamento degli altri”, secondo l’espressione di papa Leone XIII, che aggiunge: “è per conoscere e contemplare questo mistero che gli angeli sono stati creati nel cielo, e gli uomini sulla terra”.

La domanda di Mosè al popolo smarrito nel deserto – vi è mai stata cosa più grande di questa: che un popolo abbia udito la voce di Dio? – è l’intuizione credente che l’inimmaginabile è divenuto accessibile e l’inaudito è sperimentato. In Gesù, poi, la voce, la Parola di Dio, si è fatta visibile, carne dell’uomo.
La nostra vita inizia nel segno della Trinità (battesimo), al matrimonio l'amore sponsale è stato benedetto nel segno della Trinità, riceviamo il perdono nel nome della Trinità, chiuderemo la vita nel segno della Trinità. Tutta la nostra vita è nel segno della croce e nel nome di Dio-Trinità.

Gesù, porta di accesso al mistero del Dio cristiano, al termine della sua vicenda terrena, convoca i suoi sul monte dinanzi al mondo e li manda perché tutti gli uomini conoscano e vivano di questo Dio. Gesù ha compiuto la sua opera di rivelazione, ma non termina la sua presenza; anzi, proprio lo speciale rapporto che il risorto ha con ogni uomo è la motivazione dell’universalità della missione della Chiesa. Il Vangelo del Dio cristiano deve essere annunciato ad ogni uomo, perché Gesù è la verità dell’uomo.

Siamo alla fine del Vangelo di Matteo, in Galilea, dove tutto è cominciato, dalle prime parole di Gesù alle prime chiamate dei discepoli. Ora sul monte della Trasfigurazione, dove si sono mostrate l'umanità e la divinità del Figlio di Dio, viene spiegato e annunciato tutto il dono di Dio e tutto quello che da esso nasce. I discepoli vedono Gesù come Egli è e lo adorano prostrandosi innanzi, come atto supremo di comunione, d'amore e di abbandono totale.
Il mistero abissale e ineffabile di Dio – dei Tre che sono Uno! – non solo si è svelato e reso vicino nella persona e nella vita di Gesù, ma proprio per questo ci dice che anche la vita degli uomini è modellata sulla vita di Dio.

La fraternità. San Francesco non pensava di fondare un ordine religioso. Lo vide crescere intorno a sé spontaneamente. «Due anni dopo la conversione, alcuni uomini si sentirono stimolati dal suo esempio a fare penitenza e a unirsi a lui, rinunziando a tutto, indossando lo stesso saio e conducendo la stessa vita» (Leg. Tre Comp. 27). I primi compagni sono un nobile, Bernardo di Quintavalle, un prete, Pietro Cattani, e un semplice popolano, Egidio, quasi a simboleggiare l’attrazione esercitata su tutte le categorie del popolo di Dio. Dopo di loro rapidamente il numero cresce e diventa una moltitudine. Moltitudine di fratelli, animati dall’amore reciproco, come si addice ai seguaci di Cristo e ai figli del Padre celeste. Francesco dà a loro la regola di vita. Il loro ideale è cercare di vivere solo di Dio il più possibile. Dio deve essere il tutto. Egli basta da solo a rendere felici anche in questa vita. Nella regola non bollata scrive: «Niente altro dobbiamo desiderare, niente altro volere, niente altro ci piaccia e ci diletti, se non il Creatore, Redentore e Salvatore nostro, solo vero Dio, il quale è la pienezza del bene, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene, lui che solo è buono, che è tenero, mite, soave e dolce, che solo è santo, giusto, vero e retto, che solo è benigno, innocente, puro […] Niente dunque ci sia di impedimento, niente ci separi, e niente si metta in mezzo. […] In ogni luogo, in ogni ora, in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente […] amiamo, onoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo e ringraziamo l’altissimo e sommo Dio eterno, la Trinità e l’Unità, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo» (Reg. N.B. 23).

Anche Teresa, l’adolescente entrata nel Carmelo di Lisieux a 15 anni e morta a 24, la più giovane “dottore della Chiesa”, scoprì nella sua breve vita la partecipazione alle relazioni trinitarie proprio nel rapporto con le altre sorelle: reciprocità e gratuità, abbassamento (piccolezza) e carità. La piccola Teresa scoprì, proprio nell’amore all’altro, la chiave per aprire il mistero di Dio che è Padre, Figlio e Spirito. Se un filosofo è arrivato a dire che “l’altro è l’inferno”, il cristiano sa che l’altro è il suo cielo.

Anche in Dio è così. Se Dio non fosse Trinità non potrebbe amare. “Dio non può avere amici” (Aristotele). Si può essere amici solo se si è della stessa natura, se può esserci reciprocità. Se Dio non fosse Trinità non potrebbe morire. Se Dio è solo e muore, chi lo risuscita? Se Dio non fosse Trinità non potrebbe gioire, perché la solitudine rattrista e se Dio fosse solo sarebbe un Dio triste.
Ho trovato questo apologo. Ci sono tre eremiti. Vivono da soli in un'isola deserta. Passa il Vescovo in visita pastorale. Si ferma anche da loro. Chi siete? Siamo tre eremiti. Cosa fate? Facciamo gli eremiti. Come passate le vostre giornate? Pregando. Come pregate? Diciamo: “Signore, noi siamo tre, tu pure sei tre, abbi pietà di noi!”.

Angelo Sceppacerca

Mons Angelo Sceppacerca7 giugno 2009

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