10 Aprile - Quinta Domenica di Quaresima | Diocesi di Trivento

Commento al Vangelo

10 Aprile - Quinta Domenica di Quaresima

10 Aprile - Quinta Domenica di Quaresima Una lunga pagina, un intero capitolo del vangelo di Giovanni. La vita e la morte, l’angoscia per lo strappo di una persona cara e la gioia incontenibile di riaverla fra le braccia, meritano il nostro tempo. E’ il fatto accaduto sotto gli occhi dei discepoli, la morte e la resurrezione di Lazzaro, il fratello di Marta e Maria, amici carissimi del Signore. Un cadavere già in fase di decomposizione, torna in vita perché il Figlio di Dio lo chiama a venir fuori dalla tomba. Prima, Gesù si commuove, si intenerisce e scoppia a piangere. Le lacrime di Dio! Non so quale dei due misteri contenga l’altro.

Dio ha potere sulla morte; lo intuiva già la fede dei grandi profeti di Israele, come Ezechiele (dopo la catastrofe dell’esilio babilonese il profeta ha la visione della resurrezione delle ossa secche), Isaia (Dio sopprimerà la morte per sempre e asciugherà le lacrime su tutti i volti) e Daniele (i morti si risveglieranno chi alla vita eterna chi all’orrore eterno). Questa speranza futura, proiettata alla fine dei tempi, è già data in Gesù; lui è la resurrezione e la vita. La nostra vita e distesa tra il già delle lacrime e il non ancora della consolazione e della speranza. In mezzo sta la fede nella resurrezione di Cristo. E’ questo il Vangelo di oggi.

La domanda di Gesù a Marta, la sorella di Lazzaro, è la stessa rivolta a ciascuno di noi: “Io sono la resurrezione e la vita. Credi tu questo?”. Marta, invece di rispondere se ha capito o meno “questo” che Gesù le ha detto, dice che crede in lui e basta. Marta non crede perché ha capito tutto quello che Gesù le ha detto; per credere le basta che l’abbia detto lui. E’ la fede in Gesù che ci salva, non un percorso filosofico che ci porta, al più, a convincerci che siamo esseri mortali.

Aver fede in Gesù non vuol dire che Lui ci risparmia il morire, ma che ci salva “nella” morte; non elimina il limite che è della natura, ma ci aiuta a scoprire che il limite non ci annulla definitivamente. C’è modo e modo di vivere e di morire. I seguaci del crocifisso risorto sanno che si può vivere l’amore fino a dare la vita. Se gli uomini sperimentano una vita che è per-la-morte, coloro che credono in Gesù conoscono una morte che è per-la-vita. Certo, occorre la fede, che è dono da chiedere, implorare, anche con le lacrime. Dio, che pure le ha conosciute, non resisterà alla richiesta.

Alcune parole del Vangelo di oggi si ritrovano nelle memorie della sepoltura di Gesù e delle visite delle donne e dei discepoli alla sua tomba: sepolcro, grotta, pietra, piedi, mani, bende, sudario. In questo modo Giovanni ci conferma che la vicenda di malattia, morte, sepoltura e risurrezione di Lazzaro è un’anticipazione della pasqua di Gesù. Anche le nostre vicende vanno comprese dinanzi alla speranza che il Signore ha vinto la morte e con la sua risurrezione ha inaugurato una vita nuova.Mons Angelo Sceppacerca10 aprile 2011

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