Domenica 20 Dicembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 20 Dicembre

Liturgia: Mi 5,1-4a; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45Domenica 20 DicembreIn quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

La vita si cerca, si visita, si incontra. Dopo l’inaudito annuncio, Maria va a servire la cugina incinta. Elisabetta la riconosce e la chiama “Madre del mio Signore”. Maria risponde con il canto del Magnificat che lascia intravedere il suo cuore. Anche la Chiesa di tutti i secoli, immedesimandosi in Maria, canta il grazie al dono di Dio. Nel Magnificat, cantato da Maria in casa di Elisabetta, risuona il messaggio dell’angelo. Tutta la vita ha il centro in quell’annuncio perché conferma “oggi” il “sì” di Maria che ha ospitato il “sì” di Dio all’uomo. Maria è figura di ogni credente perché quello che è accaduto in lei deve capitare a ciascuno di noi.
La visita di Maria ad Elisabetta è la contentezza dell’ incontro, mille volte ostacolato e a lungo invocato, tra lo sposo e la sposa: Elisabetta è incinta di un’attesa da secoli, Maria porta in sé l’Atteso da sempre. Nel loro incontro si abbracciano la promessa e il compimento. Maria va da Elisabetta “in fretta” (chi ama non indugia, non rimanda), spinta dalla gioia e dalla premura e accade l’impossibile di cui l’uomo ha bisogno per sopravvivere alla morte; come Elisabetta e Maria sono cugine, lo sono anche i bambini che portano in grembo: uomo e Dio sono della stessa carne. Noi siamo parenti di Dio!
Trent’anni dopo, Giovanni il precursore rincontrerà sulle rive del Giordano “l’Agnello che toglie il peccato del mondo” e lo additerà a salvezza. Oggi, grazie alla visita di Maria a sua madre, l’incontro col Salvatore è anticipato. Giovanni e Gesù, il profeta e il Messia, entrambi concepiti con la grazia dello Spirito – il primo da due genitori anziani e sterili, il secondo da una vergine-madre – s’incontrano prima ancora di nascere. Le lodi di Elisabetta e il canto di Maria sono la risonanza di questo incontro. A due donne è riservato il privilegio di interpretarlo e di confermarlo.
Maria canta: l’anima mia dice che grande è il Signore! Adamo, al contrario, fece Dio piccolo, come la sua meschinità. Maria, al contrario, confessa che Dio è grande perché lo vede come amoroso sposo capace di dare la vita. Lei riconosce Dio come Dio e vede in sé l’immagine autentica di Lui. Il primo dono di Dio – e il primo canto a lui – è riconoscerlo grande e per-noi. Di questo sono state testimoni soprattutto le donne: Maria dice “sì” e in lei s’incarna il Figlio di Dio; Elisabetta riconosce il mistero nel grembo della cugina; la Maddalena è la prima che adora il Risorto. Non ci si avvicina al Natale se non con cuore di donna, così umile da credere che Dio s’è fatto uomo.
Mistero irresistibile e fascinoso, il Natale. C’è da inginocchiarsi di fronte ad ogni vita che nasce, riverbero dell’amore di Dio, anch’esso infante in culla a Betlemme, il paese del pane.

Angelo Sceppacerca

Mons Angelo Sceppacerca20 dicembre 2009
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