Cronotassi dei Vescovi | Diocesi di Trivento

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  • San Casto di Larino (290 - 304) Protovescovo e Fondatore della Diocesi

    Immagine di San CastoRicordando i Vescovi di Trivento, in primo luogo si deve citare proprio San Casto, il quale dalla ininterrotta tradizione orale, e tutto ciò nell’antichissima Cripta a lui dedicata trova conferma, è da sempre e unanimemente riconosciuto come primo nostro Vescovo. E’ bene ricordare che questo nostro San Casto non va confuso con gli altri menzionati nel martirologio romano e venerati in Sessa, Capua e Gaeta. San Casto è ben individuato nel Codice Cassanatense del quindicesimo secolo, anche se la sua collocazione storica deve essere posticipata di due secoli e nel testo i suoi persecutori vengono erroneamente citati come Saraceni (islamici, inesistenti nei primi secoli dell’era cristiana), mentre più correttamente sarebbero i (Pentri) Caraceni. San casto è raffigurato in un antico quadro del undicesimo secolo conservato nell’episcopio. In paese c’è anche una località chiamata San Castro nei pressi di Verzaro e di Colle Florio, dove probabilmente c’era una chiesa al santo Vescovo dedicata e che, prima della edificazione della cripta, sopra le rovine e con i resti del preesistente tempio di Diana, avrebbe potuto conservare le sue sacre spoglie.

    Il codice cassanatense, come nella migliore agiografia leggendaria dei primi martiri cristiani narra la vita, la missione e la morte di San Casto in nove piccoli capitoli. Sinteticamente: il testo lo descrive come un giovane esemplare per candore di virtù e di onestà, erudito nella dottrina evangelica che papa Clemente, terzo successore di Pietro, inviò nel Sannio pentro; qui venne accolto da un piccolo gruppo festoso che gli era andato incontro e man mano che si avvicinava alla città di Trivento diveniva sempre più folto e numeroso. Un giorno nei pressi del “ponte sul fiume” (Trigno? Rio? Non si sa) fu affrontato da una banda di (S)araceni (lapsus stenografico del redattore erudito delle memorabili e barbariche devastazioni operate dai seguaci di Maometto, ma ignaro dell’esistenza dei Caraceni del Sannio Pentro); il capo di questi durante una lotta furibonda gli staccò di netto il braccio, lasciandolo a terra tutto sanguinante. Accorsero i concittadini e lo riportarono nella chiesetta del suo episcopio, dove poco dopo spirava rivolgendo struggenti parole di fede e di conforto ai circostanti.

    Rivisitando la figura di San Casto non si può disconoscere la lunga controversia circa la data esatta dell’inizio dell’esistenza della stessa Diocesi di Trivento. In breve, mi preme ricordare che i più pessimisti lo pongono nel secolo nono, da quando cioè abbiamo il primo riferimento scritto ( = Dominicus Trive o Trivensis mandato da papa Niccolò I a Costantinopoli all’epoca della scisma di Fozio, anni 868-870 d. C., cfr. Annali Ecclesiastici del cardinale Cesare Baronio, tomo IV, pag. 68). I più ottimisti, invece, largheggiano tanto, troppo, e, come riferisce il citato Codice Cassanatese, lo spostano all’era postapostolica. Come sempre, a mio modesto parere, la verità potrebbe stare nel mezzo e le date del 294, venuta di san Casto a Trivento, e quella del 304, martirio del primo Vescovo, si avvicinano con maggiore probabilità alla verità storica.
  • Ferdinando di Milano (390 - ?)

    Ferdinando di Milano (390 - ?) Come secondo nominativo nell'elenco dei Vescovi di Trivento troviamo, nel 390, un grande personaggio, Ferdinando di Milano, da alcuni ritenuto addirittura nipote di Sant'Ambrogio, dal quale avrebbe ricevuto i teschi dei Santi Martiri Nazario e Celso, nostri gloriosi Protettori. Niente di più e di meglio la tradizione orale ci riferisce, tranne l'ipotesi che l'autentica delle reliquie firmata da sant'Ambrogio sia andata perduta durante l'incendio del 1526 ad opera del generale Lutrech.
  • Costanzo (487 - ?)

  • Respetto (494 - ?)

  • Lorenzo (495 - ?)

  • Siracusio (496 - ?)

  • Savino (498 - ?)

  • Propinquo (501 - ?)

  • Grigo (743 - ?)

  • Valeriano (768 - ?)

  • Paolo (826 - ?)

  • Crescenzio (853 - ?)

  • Domenico (861 - 887)

    Dopo un vuoto abissale di cinque secoli e senza riferimenti storici certi, nell’elenco dei vescovi triventini troviamo Domenico, dal cardinal Baronio contraddistinto con il duplice appellativo “Trive o Trivensis”. Il Vescovo Domenico è ricordato perché: assistette al Concilio Romano del 861; fu inviato a Costantinopoli da papa Niccolò I, insieme al Vescovo Formoso, per la spinosa questione del nascente scisma di oriente; dal papa Adriano II, successore di Niccolò, insieme al Vescovo Grisaldo, fu mandato in Bulgaria per la conversione degli stessi Bulgari; partecipò al Concilio di Ravenna del 887. Vescovo quindi “pregio” e di “grande reputazione”, che dà grande rinomanza a questa nostra negletta Diocesi, facendola diventare importante e di notevole peso per i notevoli incarichi avuti dal Vescovo Domenico in seno alla Chiesa romana. Ma a guastare la festa arrivano gli ipercritici a contestare per un inappropriato riferimento di appartenenza: non essendo Domenico detto esplicitamente Triventinus, quindi egli non sarebbe vescovo di Trivento. Mons. Ennio De Simone, autore di un prezioso testo su “i Vescovi di Trivento”, orgogliosamente mette a tacere questi bastian contrari con due pregevoli argomentazioni. In primo luogo la parola Trivento, nel corso dei secoli ha avuto diverse variazioni da Teruentum (vedi Georges) a Triventum e infine a Terventum, e se ne riscontra una traccia nello stesso linguaggio dialettale: con il termine “triventese” ci si riferisce a un solo abitante di Trivento, con il termine “trivintisci a più persone del medesimo luogo. Seconda contro deduzione: nessuno finora ha mai saputo dire di dove fosse il vescovo Domenico, nessuna altra località è stata individuata, e lasciare il certo per l’incerto è segno di chi vuol contraddire senza fondamenti storici e geografici plausibili. In proposito il dottissimo mons. Ferrara citando una bolla di Alessandro III del 1179 fa notare come l’ammanuense usa disinvoltamente.
  • Leone (946 - 947)

    Leone (946 - 947) Il breve tempo del suo episcopato è dovuto alla condanna di deposizione e di scomunica comminatagli dal papa Agapito II in quanto con frode, inganno e simonia si era accaparrato il titolo episcopale.
  • Gaydulfo o Lindulfo (1001 - 1015)

  • Alferio (1084 - 1119)

    Alferio (1084 - 1119)Viene ricordato da Pietro diacono nella Storia cassinese per aver sottratto e distrutto al monastero di Sant'Eustasio documenti e carte importanti dei principi beneventani.
  • Giovanni (1160 - ?)

    Giovanni (1160 - ?)Unito a Roberto, figlio di Tristaino, Signore di Limonano, offrì al monastero Cassinese la chiesa di Santa Illuminata.
  • Raone (1175 - ?)

    Raone (1175 - ?)Nel 1176 conferma una donazione fatta da Rainaldo, Signore "de Turre", al Monastero di Sant'Angelo.
  • Ponzio (1175 - ?)

    Ponzio (1175 - ?)Fu tra i padre conciliari del Concilio Lateranense. Il papa Alessandro III gli concesse che la Diocesi di Trivento fosse immediatamente soggetta alla Santa Sede, privilegio in seguito contestato dai Vescovi beneventani, ma sempre riconfermato dalla sede apostolica.
  • Tommaso (1226 - 1237)

  • Riccardo (1240 - ?)

  • Nicola (1256 - ?)

  • Odorico (1258 - ?)

  • Luca (1258 - 1266)

    Altro Vescovo di cui abbiamo qualche notizia certa è un frate minore Luca, al tempo della notissima battaglia di Benevento avvenuta il 26 febbraio del 1226. mons. Luca è stato il primo tra i tanti illustri Vescovi francescani che la nostra Diocesi ha avuto come pastori e non l’unico per le tormentate traversie capitategli. Uomo di timorata coscienza, più per scrupolo che per altro, in quanto effettivamente non era stato favoreggiatore del defunto re Manfredi, si era recato a Palermo, per ottenere dal Cardinale francese Radolfo Grosparmi, il grande restauratore, l’assoluzione, dalla censura e dalla irregolarità di eventuali celebrazioni di riti pontificali. Ma, mentre il Vescovo Luca era in Sicilia, in Trivento succedevano grandi disordini e il Capitolo della Cattedrale, costretto dal Camerarius (= Ministero delle Finanze) che in tanti modi aveva cercato di persuadere tutti che la sede fosse vacante, nominava Vescovo un altro frate minore di nome Pace, che contrariamente al bel nome rassicurante portò divisione e guerra. Mons. Luca pensò bene di recarsi a Viterbo dove si trovava papa Clemente IV e questi finalmente, riconosciutane l’innocenza, infatti non aveva il nostro Vescovo partecipato all’incoronazione del principe, né gli aveva baciato mai il piede, né aveva apposto il suo sigillo e nemmeno controfirmato la lettera dell’incoronazione, né gli aveva prestato il giuramento di fedeltà, per giusta causa lo reintegrò nella carica vescovile. In più il papa ordinò al cardinal Legato di comminare ai canonici triventini elettori le pene previste per chi aveva proceduto ad elezioni illegittime. Solo così mons. Luca poté ritornare in Diocesi e a questa ridonò pace e tranquillità.
  • Pace (1266 - ?)

  • Giacomo (1290 - 1315)

    Giacomo (1290 - 1315)E' il Vescovo che cedette a Pietro da Morrone un appezzamento di terreno per costruirvi la Chiesa e il Convento; il beneficiario, appena diventato papa Celestino V, emise bolla di indulgenza per questa chiesa tuttora esistente e in onore del papa denominata "Maiella".
  • F. Natibene (1326 - 1344)

    F. Natibene (1326 - 1344)Apparteneva all'Ordine degli Eremiti di Sant'Agostino. Fu, da papa Giovanni XII, trasferito a Trivento, nel 1326, dalla sede di Avellino. In una lettera di papa Clemente VI è chiamato "Antibonus".
  • Giordano Curti o Curzii (1344 - 1348)

    Giordano Curti o Curzii (1344 - 1348)Frate minore, probabilmente originario della Francia, profondo teologo e rinomato insegnante a Tolosa, papa Clemente VI, nel gennaio del 1344, lo nominò esaminatore del Provinciale dei Frati minori di Aquitania e, nel febbraio del 1344, Vescovo di Trivento. Dopo quattro anni di permanenza in Trivento il 30 maggio del 1348 fu trasferito alla Sede Vescovile di Messina, dove l'anno seguente morì.
  • Pietro dell'Aquila (1348 - 1356)

    Subito dopo Giordano Curti (profondo teologo, prima professore di teologia a Tolosa, poi vescovo di Trivento dal 1344 al 1348 e infine vescovo di Messina) salì sulla cattedra di san Casto Pietro dell’Aquila che rimane uno degli uomini più illustri in campo dottrinale del quattrocento italiano. Francescano, nato a Tornimparte in provincia dell’Aquila, dopo aver studiato a Parigi, dove resta affascinato dall’insegnamento del grande maestro Giovanni Duns Scoto tanto che tornato in Italia, prima nel convento di Todi, in Umbria, e poi in Abruzzo diede vita a un famoso centro di studi scotisti. Nel 1334 come ministro provinciale della Toscana partecipò al Capitolo Generale di Assisi durante il quale ricevette l’alto incarico di revisione di tutta l’opera monumentale del grande maestro. Nel 1344 lo troviamo a Napoli cappellano della regina Giovanna e nel corso dello stesso anno fu dai superiori inviato a Firenze con il compito di grande inquisitore. Qui, proprio perchè svolgeva con zelante impegno e scrupolosa austerità questa delicata mansione, si inimicò alcuni potenti fiorentini, tra i più presuntuosi e indisciplinati, che contro di lui inviavano continui ricorsi alla Santa Sede. Costoro avevano amici molto influenti presso il papa, Clemente VI, il quale per eccessiva prudenza e per la grande stima che aveva verso il professor Pietro, nel 1347, lo nominò Vescovo di Sant’Angelo dei Lombardi, nella provincia di Avellino. L’anno seguente lo stesso papa, con la bolla “Credite nobis” del 30 maggio 1348, gli affidò la sede episcopale di Trivento dove rimase fino al 1361, godendosi un lungo periodo di studi, di pace e di tranquillità. Per la profondità del pensiero e per la fedeltà nell’insegnamento alla dottrina del grande Scoto si conquistò l’appellativo di Dottore e il vezzeggiativo di “piccolo Scoto”. Tra le sue opere principali si ricordano il “Commentario alle sentenze” (opera così importante che ha avuto ben dieci edizioni), il “Campedio sopra il libro delle sentenze” e il “Commento alle opere di Aristotele”. Mons. Pietro Dell’Aquila morì l’otto novembre 1361 in Agnone e qui è sepolto nella chiesa di san Francesco, accanto all’altare dell’Immacolata, un ultimo perenne omaggio al suo grande maestro che in Oxford, nel 1314, aveva difeso l’Immacolata Concezione di Maria, ben oltre cinque secoli prima della definizione dello stesso dogma.
  • Guglielmo M. Farinerio (1356 - 1368)

    A questo punto si pone una questione controversa: alcuni cataloghi inseriscono, fra i Vescovi di Trivento, Guglielmo M. Farinerio, di origine francese della provincia dell’Aquitania, generale dei Minori Conventuali. Questi, essendo Vescovo di Trivento, venne fatto cardinale nel giorno di Natale del 1356 da papa Innocenzo VI. Dopo di allora ritornò in Francia, ad Avignone, e qui morì il 27 giugno 1361. Ma allora c’erano due vescovi (mons. Dell’Aquila e mons. Farinerio) titolari di un'unica sede in un medesimo periodo storico o il titolo di Trivento fu una semplice commenda cardinalizia per il Farinerio? Comunque, se non c’è stato uno scambio di trascrizione di date, c’è da dire anche che quello era il periodo caldo della cattività, esilio, avignonese, così che tutto e di più sarebbe potuto accadere!
  • Francesco De Ruberto (1370 - 1379)

  • Ruggiero De Carcasils (1379 - 1387)

  • Pietro Ferillo (1387 - ?)

  • Giacomo II (1409 - ?)

  • Giovanni (1431 - 1433)

  • Giacomo De Tertiis (1450 - ?)

  • Tommaso Carafa (1472 - ?)

    E’ veramente doveroso ricordare in modo del tutto particolare il VescovoTommaso Carafa, della nobile e potente famiglia napoletana, proprietaria a quel tempo anche del territorio e del castello di Pescolanciano. Questo vescovo può essere ritenuto, a ben ragione, uno tra i Vescovi più benemeriti della nostra Diocesi. Infatti precedentemente, nell’anno 1471 l’Arcivescovo Corrado Capece di Benevento aveva visitato la nostra Diocesi in qualità di metropolita, cosa che non gli spettava in quanto la Diocesi di Trivento non era mai stata suffraganea di nessuno, essendo tra le pochissime privilegiate direttamente sottomessa alla Santa Sede. Il Vescovo Carafa consapevole dell’importanza e del prestigio di tal privilegio, fece ricorso a papa Sisto IV il quale nel 1474 riaffermò il privilegio dell’esenzione (che Alessandro III aveva concesso nel 1161 e papa Urbano VI confermato nel 1389) e minacciò le prescritte pene canoniche a chiunque avesse osato negarlo o contraddirlo.
  • Bonifacio Troiano (1499 - ?)

  • Leonardo Corbera (1499 - 1505)

  • Manfredi Canofilo (1507 - ?)

  • Tommaso Caracciolo (1523 - 1534)

  • N. Fumarelli (? - 1547)

  • Girolamo Veralli (1553 - 1555)

  • Matteo Grifonio Pioppi (1555 - 1568)

    Il Vescovo Matteo Grifonio Pioppi, toscano di nascita, resse la Diocesi dal 1555 al 1568 e passò gli ultimi anni della sua vita a Roma, col permesso pontificio, in quanto malato di gotta.. Egli è stato sepolto nella bella chiesa di San Marcello al corso, nei pressi di piazza Venezia; le sue spoglie sono conservate in un artistico sarcofago individuabile per una poetica iscrizione, proprio sulla destra di chi entra. In piazza Cattedrale su una porta, sopraelevata, richiusa, in stile romanico, tra il portone centrale e l’ingresso dell’ufficio parrocchiale, si può ammirare lo stemma vescovile di mons. Grifonio. Questi dai triventini deve essere ricordato perché al tempo della sua giurisdizione fu eretto e lui benedì solennemente il Convento dei Cappuccini, l’attuale sede dell’Istituto sant’Antonio, meritevole di lode per la preziosa ospitalità l’ammirevole assistenza verso gli anziani e importantissimo per avere ospitato san Camillo De Lellis nel suo primo anno di noviziato. Sul frontale della chiesa del convento è incisa la frase “Excisa non avulsa”, a ricordo della famiglia De Blasiis che per un voto del barone Domenico aveva provveduto alle spese della costruzione. In aggiunta si può ricordare anche che all’angolo del palazzo baronale De Blasiis, in via Piano, vi è una enigmatica lapide con le tre parole latine IULIAE AUGUST FIL, che la tradizione popolare e alcuni studiosi del passato individuano come testimonianza della prigionia, presso il tempio dedicato in Trivento alla dea Giunone, di Giulia, figlia dell’imperatore Cesare Augusto, scacciata da Roma per condotta troppo scandalosa in combutta con il poeta sulmonense Ovidio.
  • Giovanni Fabrizio Severino (1569 - ?)

  • Giulio Cesare Mariconda (1582 - 1606)

    Un Vescovo meritevole di ricordo e di riconoscenza è Giulio Cesare Mariconda, eletto alla sede di Trivento dal papa Gregorio tredicesimo nel 1582 e morto nel 1607. Egli si prese cura del restauro del Palazzo vescovile e della Cattedrale, nella quale, dalla rinomata ditta D’Onofrio di Poggio Sannita, fece impiantare il maestoso organo che con le sue note celestiali ancora accompagna le sacre celebrazioni e ripete le tradizionali melodie, così care a tutti i triventini. Accrebbe il numero dei canonici e dei dignitari curiali ed eresse il nostro Seminario, uno dei primi in Italia, in ottemperanza e rispetto alle disposizioni del Concilio di Trento, mettendo in atto la zelante sollecitudine che san Carlo Borromeo rivolgeva ai vescovi italiani per una sana educazione e una perfetta formazione di quanti aspiravano al Sacerdozio. Grande fu la sua devozione alla divina Eucaristia e ne è testimone l’altare del SS.mo Sacramento della Cattedrale, per il quale richiese e ottenne dalla Santa Sede privilegi perpetui. Ma il riferimento storico più importante che si fa riguardo al Vescovo Mariconda Giulio Cesare (spesso ingiustamente confuso con l’altrettanto famoso Alfonso Mariconda, ma di oltre un secolo più recente) è l’aver egli ricevuto dalle suore di Rosello (Ch) una reliquia insigne e oltremodo preziosa: una sacra spina della corona del Salvatore, ora conservata nel Museo Diocesano, in una teca d’argento e di cristallo, che viene esposta alla venerazione popolare, ogni anno, durante la Quaresima. Purtroppoi questo intrepido Vescovo si dovrebbe conservare uno stemma nell’atrio dell’episcopio, murata sopra l’attuale garage, ma… ahimè, tranne la scritta “Julius Caesar Mariconda” ancora ben leggibile, il resto è stato completamente scalpellinato e cancellato, sfregiato forse da facinorosi o da eretici, il suo era il tempo della Controriforma!
  • Pietro Paolo Bisnetti (1607 - 1621)

    Pietro Paolo Bisnetti è vescovo di Trivento dal 1607 al 1621. Era un francescano tra i più quotati del tempo per cultura, ricco di prudenza e impareggiabile nell’assolvere ai vari uffici ecclesiastici. Era stato prima Segretario generale dell’Ordine, poi Commissario e Pro-ministro dello stesso Ordine, ma non ne poté diventare Ministro generale a causa della scandalosa ingerenza del prepotente re di Spagna. Questi ne impedì l’elezione in quanto il Bisnetti né era spagnolo, né era italiano suddito spagnolo, requisiti ritenuti indispensabili per accedere al comando dell’Ordine Francescano, dominato allora dall’indebita intromissione della casa reale spagnola. In compenso, dallo stesso re di Spagna, venne proposto come Vescovo, una prima volta alla ricca sede di Cefalù, ma essendovi l’ostacolo del diritto alla libera elezione da parte di questa sede siciliana, e poi in seconda battuta poi alla vacante sede di Trivento, cosa che il papa concesse subito, unitamente ad una pensione annua di mille ducati, da prelevare sulla mensa episcopale di Cefalù. Finalmente, arrivato nella nostra Diocesi vi attuò, fin da subito e capillarmente, la Riforma tridentina e già nel 1613 indisse un importante e fruttuoso Sinodo Diocesano. Recatosi a Perugia, per una pausa di convalescenza e di riposo vi morì la vigila di Natale del 1621 ed ivi fu sepolto nella chiesa di San Girolamo.
  • Girolamo Costanzo (1623 - 1629)

  • Carlo Scaglia (1633 - 1644)

  • Giovanni Capaccio (1647 - 1649)

  • Giovanni De La Cruz (1652 - 1653)

  • Giovanni Battista Ferrucci (1655 - 1660)

  • Vincenzo Lanfranchi (1660 - 1665)

  • Ambrogio Piccolomini (1666 - 1675)

  • Diego Butsamanne (1679 - 1684)

  • Antonio Tortorelli (1684 - l715)

    E’ giunto il momento di ricordare mons. Antonio Tortorelli, Vescovo di Trivento dal 1684 al 1715. Chi ha visitato già il Museo Diocesano, allestito da qualche anno da mons. Santucci, facilmente ha potuto notare come gran parte dei preziosi manufatti tessili, ivi gelosamente conservati, portano impresso sulla parte posteriore, era quello il tempo in cui il celebrante guardava l’altare ed era simbolicamente in posizione di guida di tutto il popolo orante, lo stemma bellissimo di questo munificente Vescovo, due colombe bianche su un albero verde. Egli è tra i Vescovi di Trivento non solo uno dei più longevi, ma è anche ritenuto uno tra i più santi. Infatti così ne parla mons. Ennio De Simone che, riferendo di una ricognizione, avvenuta il 9 ottobre del 1845, riguardante i suoi resti mortali, ora conservati dentro una distinta tomba sulla parete destra della cappella dell’Addolorata, racconta come i presenti fecero incetta di brandelli delle sue vesti, tanto era viva la fama della sua santità presso il popolo triventino. Era egli un francescano nativo di San Giovanni Rotondo (Foggia), paese oggi rinomato e frequentato per la lunga presenza di San Pio, ma allora sconosciuto e isolato borgo del brullo Gargano. Padre Antonio già all’interno del suo Ordine aveva ricoperto cariche importanti e delicate, da ministro provinciale a commissario generale, fino a partecipare al Capitolo generale di Toledo nel 1682, e aveva emanato diversi decreti, dai quali traspare chiaramente tutto il suo zelante amore verso la regola e la povertà francescana. Sua caratteristica nel visitare le diverse province francescane era il camminare a piedi, prediligeva insomma il “cavallo di San Francesco” e a piedi e in tutta riservatezza venne a Trivento nel 1684. Arrivò di notte, quando le porte della città erano già ben chiuse; chiese allora ospitalità presso il Convento dei Cappuccini, fuori dell’abitato, ma, non conosciuto, fu accolto molto freddamente e gli fu data, per passare la notte, una misera e squallida stanzetta. Di buon mattino si alzò, come prescrive la regola, ma trovò la cappella vuota e sporca; nell’attesa che si alzassero gli altri frati, si adoperò a spazzare i pavimenti e a far un po’ di ordine. Quando finalmente i padri si alzarono, con tutto il loro comodo, al padre guardiano fece la richiesta di avvertire il capitolo della Cattedrale che era arrivato il nuovo Vescovo. Il superiore, non avendo notato alcun movimento di gente e nessun corteo festante, ebbe “l’impressione di trovarsi dinanzi da un alienato, ad un povero folle”. E solo dopo che alcune frasi delucidatorie gli fecero capire che lo sconosciuto che gli era di fronte era proprio lui il nuovo Vescovo, pieno di confuso rammarico, gli si buttò ai piedi, chiedendo umilmente scusa per il comportamento diffidente e inospitale fino allora mostrato. Di questo dotto e santo Vescovo molte sono le cose meritevoli di essere ricordate, per esempio: un grande Sinodo diocesano, “che è un capolavoro di sapienza, un’opera di magistrale abilità nel far trionfare i salutari ammonimenti della Chiesa”; l’abbellimento della Cattedrale con opere pregevoli, quali il coro dei canonici, in noce ancora ben conservato, i due bellissimi altari dell’Addolorata e della Madonna della Mercede, tutti in legno dorato intarsiato purtroppo andati perduti, e poi un ostensorio, un calice e una croce astile, in argento cesellato, pezzi unici, con a rilievo le figure dei Santi Patroni Nazario, Celso e Vittore, usati tuttora nelle celebrazioni solenni e che normalmente fan bella mostra di sé nelle graziose vetrinette del nostro Museo Diocesano, che mons. Antonio Santucci, il 4 novembre del 2001, primo fra tutti i Vescovi delle Diocesi dell’Abruzzo e Molise, ha allestito e inaugurato alla presenza del cardinale Marchisano.
  • Alfonso Mariconda (1717 - 1735)

    Se il settecento era iniziato per i Triventini con un grandissimo Vescovo, Tortorelli, il secolo dei lumi continua con un altro pastore tra i più noti e infaticabili che la nostra Diocesi abbia mai avuto: mons. Alfonso Mariconda. Questi venne a Trivento nel 1727, proveniente da Napoli, certamente ricco e di sangue nobile, come mons. Giulio Cesare, forse anche suo parente. Nella tradizione orale è stato spesso confuso con il suo omonimo, sia quando gli vengono attribuite iniziative realizzate dall’altro che quando gli vengono sottratti i meriti che ingiustamente si ascrivono all’altrettanto illustre predecessore. Certo si è che in quasi tutte le chiese parrocchie della Diocesi vi è una qualche lapide che lo ricorda: in due anni riconsacrò quarantaquattro tra chiese ed altari. Pensate l’onere e la fatica di questo vero glob-trotter della Diocesi, solo si vogliono considerare i mille e mille disagi dovuti alle condizioni delle strade del tempo, ai mezzi di locomozione e alla enorme durata delle funzioni religiose annesse alle consacrazioni dei luoghi sacri. A proposito, quand’ero piccolo, mamma mi raccontava che a Frosolone, nella parrocchia di Santa Maria, l’arciprete Notte, ai ragazzi del catechismo, poneva spesso questa domanda “Cosa racconta mons. Mariconda?” e la risposta in filastrocca doveva essere “Mariconda racconta e dice / che questo luogo è il più felice, / il tredici luglio del millesettecentoventisette / le sue colonne egli ha tutte benedette, / con l’olio santo lo ha consacrato / e chi lo frequenta sarà certo beato”; e se qualcuno s’impappinava nella risposta, il dottissimo sacerdote lo faceva girare intorno all’altare perché potesse leggere la lapide che ricordava il memorabile evento e il nome dell’illustre presule. Ma torniamo alla storia, la fama di tanto infaticabile zelo e struggente passione verso i luoghi di culto dovevano essere noti anche oltre i confini della nostra Diocesi, tanto è che, quando Benedetto tredicesimo consacrò l’altare maggiore della Abbazia di Montecassino, al suo fianco insieme allora cardinale viceré di Napoli egli volle anche il nostro Vescovo, al quale riservò il grande privilegio di consacrare, nella stessa chiesa abbaziale, l’altare minore dedicato a san Giovanni Battista. A distanza di soli sei anni organizzò e portò a termine due importanti Sinodi diocesani, nel 1721 e nel 1727. Con rara abilità diplomatica ricompose dissidi di carattere giuridico che da anni ed anni intristivano la vita ecclesiale e contrapponevano la Curia triventina alla chiesa arcipretale di Castropignano sulla giurisdizione del clero locale e la stessa Curia con il Comune di Agnone. Ottenne da papa Benedetto tredicesimo per i canonici di Trivento il privilegio dell’uso del rocchetto che, imposto da lui nella festa dei santi Patroni del 1725, da allora è stato sempre poi indossato con giusto e civettuolo orgoglio dai componenti del Capitolo della Cattedrale. Prima di andare Arcivescovo di Aderenza-Matera in Lucania, 1735 (?), lasciò la somma di millecinquecento ducati per la fusione dei busti di san Nazzario e di san Celso, quelli che con tanta devozione il popolo triventino porta ancora oggi in processione ogni 28 luglio. In particolare la disposizione, minuziosa e dettagliata, riguardava anche il riutilizzo della testa del precedente busto di san Nazzario, sopra un busto completamente nuovo, mentre al contrario si doveva procedere alla fusione della testa di san Celso e delle mani di entrambe le statue preesistenti, perché a suo parere erano di “troppa scadente fattura”, per farne così due nuovi busti con l’aggiunta di nuovo argento. Le statue furono pronte solo nel 1742, accolte con grande giubilo al tempo del vescovo Palumbo, e da allora sono di quanto più bello e prezioso il tesoro della Cattedrale di Trivento conserva e la fede dei triventini onora. Altro merito di mons. Mariconda è stato quello di aver completato in Trivento il monastero delle Clarisse, famoso nel Molise per l’alto grado di stima che si è conquistato per la profonda spiritualità che diffondeva intorno e per mezzo della quale attraeva alla vita religiosa le fanciulle anche di nobile casato. In episcopio si può ammirare un espressivo ritratto di mons. Mariconda, rivestito del sacro pallio, il distintivo caratteristico degli arcivescovi, e da lui inviato a Trivento dopo che esser diventato arcivescovo.
  • Fortunato Palumbo (1736 - 1752)

    Dopo il grandissimo Vescovo Alfonso Mariconda, dal 1736 al 1752 fu Vescovo di Trivento il monaco celestino di nome Fortunato Palumbo. Noi triventini lo dobbiamo ricordare soprattutto perché fu lui ad acquistare e a far venire da Napoli, nel 1743, l’imponente altare maggiore, tutto in marmi policromi, ora posto in fondo al presbiterio e sul quale è la sede episcopale. Ci sarebbe da aggiungere però, per onestà di cronaca, che, per sostenere il monumentale altare, improvvidamente ritenne necessario di abbattere l’abside originario della cripta sottostante e costruire un muor di sostegno, con irreparabili e inestimabili danni su reperti più sacri e più antichi del tempio paleocristiano. Ebbe il Vescovo Palumbo un amore sconfinato per il nostro Seminario e, dopo la sua rinuncia al governo della Diocesi, devolse i suoi beni per costituire una rendita consistente in favore di questa istituzione così povera e così necessaria per la sopravvivenza della Diocesi. Una volta si diceva che nel nome di ogni persona c’è già racchiuso in sintesi tutto il suo destino, quando con un gioco di parole si affermava “nomen est omen”. Auspicio che non si realizzò per questo Vescovo, infatti egli, benché Fortunato di nome, ebbe un ministero travagliato da innumerevoli amarezze e lui, alle provocazioni ed incomprensioni delle varie comunità locali, rispondeva con decreti, privi della amabilità e dolcezza degne di un vero pastore, scritti con mano pesante e purtroppo pieni di dispetti e ritorsioni. Non avendo a disposizione documenti chiari e disinteressati, non si può andare oltre la semplice cronistoria e, per esemplificare, si può far riferimento alle “tante pene che gli vennero da parte di Capracotta”, a motivo del ricco patrimonio della cappella di Santa Maria di Loreto, i cui amministratori commettevano abusi e maneggi di ogni genere nello sperperare i proventi dei beni ecclesiastici. Il Vescovo Palumbo intervenne ordinando ai responsabili della Cappella di amministrare la vistosa rendita secondo le prescrizione della Curia. La risposta, per nulla conciliante e rispettosa dell’autorità vescovile, fu colma di insinuazioni che propalavano calunnie ingiuriose e gratuiti sospetti contro il presule. Si pensò di chiedere persino l’intervento di un visitatore apostolico. Quando arrivò il turno della consacrazione della chiesa parrocchiale, il Vescovo Palumbo colse l’occasione al balzo e la negò; il popolo fece ricorso al re di Napoli, che a mons. Fortunato diede ordine di compiere il suo dovere, ma da questi ebbe come risposta un fermo diniego che si tramutò in proibizioni e inibizioni varie contro il povero prelato di Agnone, Donato Sammartino, il quale, il 23 dicembre 1748, aveva provveduto alla consacrazione su incarico diretto della regia delegazione di Napoli.
  • Giuseppe Carafa Spinola (1754 - 1757)

  • Giuseppe Pitocco (1757 - 177l)

  • Gioacchino Paglione (1772 - 1791)

    Mons. Gioacchino Paglione fu Vescovo dal 1772 al 1991. Ottenne per i suoi canonici l’uso della cappa magna, fu un zelante raccoglitore di reliquie ed è sepolto in Agnone, nella chiesa di Sant’Antonio. Insieme a mons. Giuseppe Carafa Spinola (Vescovo dal 1754 al 1756) e mons. Giuseppe Pitocco (Vescovo dal 1757 al 1771) si preoccupò di rivalutare le prebende dei canonici e dei mansionari, di ammodernare gli arredi sacri e di curare l’aggiornamento delle linee pastorali in applicazione del Concilio di Trento
  • Luca Nicola De Luca (1792 - 1819)

    Una menzione particolare va fatta per il Vescovo Luca Nicola De Luca, originario di Ripalimosani e nominato alla sede di Trivento il 1792 dopo che era già stato per quattordici anni Vescovo di Muro Lucano. Era un accanito studioso, lui alunno prediletto del celeberrimo economista Gaetano Filangieri e incaricato dal Re Ferdinando I a redigere un libro di testo per la Cattedra di religione nella regia Università di Napoli, e così nella quiete di Trivento diede alle stampe, tra l’altro, i quattordici volumi di commento ai “Libri Sapienziali” e i cinque volumi su “Dio Creatore”. Il compianto mons. Ennio De Simone così ne ricorda la figura tenera e amabile: “Al pregio del sapere, congiunse mons. De Luca la dolcezza delle maniere e delle parole, il viver gentile e costumato, si che fu detto il Fenelon d’Italia (insigne Vescovo francese di Cambrai e precettore del duca di Borgogna, nipote di Luigi XIV)”. Nel 1720 rinunciò alla sede vescovile, per motivi di salute, e morì a Napoli il 16 novembre 1826.
  • Bernardino Avolio (1819 - 1821)

    F. Bernardino Avolio è stato il 63° Vescovo di Trivento dal 1820 al 1821 Originario di Ischitella (prov. Di Foggia), già fermo e zelante provinciale cappuccino nell'espletare l'incarico monastico, da papa Pio VII fu nominato Vescovo di Trivento e vi faceva ingresso solenne il 18 luglio 1920. Esattamente un anno dopo moriva in Agnone ed è sepolto nella vecchia chiesa dei Padri Conventuali. Sulla sua tomba si legge "Egenorum solator et altor".
  • Giovanni De Simone (1821 - 1826)

    Giovanni De Simone Giovanni De Simone, originario di Napoli, è stato Vescovo in un momento difficilissimo. Scrisse la prima lettera pastorale in perfetto latino, lui esimio conoscitore di Sacra Scrittura e di Patristica. Il suo episcopato fu fecondo di bene, anche se la situazione della Diocesi era a dir poco precaria, come egli stesso racconta in una sua lettera conservata nell'archivio diocesano. In essa evidenzia: una misera rendita per la mensa vescovile, peraltro gravata della pensione vitalizia a mons. De Luca, un clero anziano, definito "ignorantissimo ed indisciplinato" perché da oltre cinquanta anni era stato abbandonato a se stesso ed era poco assiduo alle sacre funzioni, tutte ormai in piena decadenza, l'edificio del seminario era in parte fatiscente e diruto. Inoltre si rese antipatico ai triventini quando progettò, non mise in atto, di trasferire il Seminario in Agnone. Per il bene della pace, affrontò ingenti spese per riadattare il vecchio seminario di Trivento, lo fornì anche di una ricca biblioteca. Si adoperò con tutte le forze a visitare tutte le parrocchie servendosi di volta in volta come mezzo di locomozione di cavalli, di muli e perfino di asini. Il 3 luglio 1826 papa Leone XII lo trasferì alla Diocesi di Conversano, lì dove morì nell'agosto del 1847.
  • Michele Arcangelo Del Forno (1827 - 1830)

    Michele Arcangelo Del Forno Vescovo di Trivento dal 1827 al 1830, proveniente da Cava dei Tirreni, dove era stato curato e canonico, da Leone XII nominato Vescovo di Trivento vi fece ingresso solenne il I maggio 1827. Dopo soli tre anni, a causa della sua profonda umiltà e forse di un complesso di inferiorità rispetto al predecessore, definito un gigante di statura intellettuale e morale, rinunziò al mandato episcopale e tornò "alla pace serena e solenne del suo scanno canonicale" di Cava, dopo aver donato alla cattedrale triventina un ricco trono episcopale "dai drappi finissimi, con trama d'oro filato", dopo aver elargito una bella somma di ducati ai poveri di Trivento e senza nemmeno preoccuparsi di riscuotere, negli altri cinque anni che rimase in vita, l'annua pensione dovutagli.
  • Antonio Perchiacca (1832 - 1836)

    Antonio Perchiacca E' stato Vescovo di Trivento dal 1832 al 1836. Nativo di Capua fu nominato Vescovo di Trivento da papa Leone XII, prese possesso il 27 luglio 1832. Del suo episcopato, durato quattro anni. si conosce ben poco: un canonico triventino lo descrive come "uomo di non mediocre cultura". Morì il 26 novembre 1836 e sul registro dei morti c'è scritto "Trivento, 26 novembre 1836: D. Antonio Perchiacca Vescovo di Trivento il più affabile, il più giusto, il più dotto, il più dignitoso, il più zelante dei Pastori è morto fra le copiose lagrime dei buoni in grembo di S. Chiesa nel suo vescovil Palazzo alle ore diciotto del giorno suddetto, dell'età di anni (59) cinquantanove, munito dei conforti della religione, nato in Capua da D. Francesco; ed è stato sepolto sotto il quadro del S. Cuore sito al lato della cappella della Vergine Addolorata in questa Cattedrale, in Fede firmato Celestino M. Can. Arciprete Palma Vicario Curato. Nel 1942 fu esumato dalla cassa che lo accomunava con il suo successore e trovato con una umile croce di legno, in seguito fu sepolto sotto il pavimento della Cattedrale e nel 2002, da mons. Santucci, collocato nelle pertinenze della cripta.
  • Benedetto Terenzio (1837 - 1854)

    Benedetto Terenzio Benedetto Terenzio, Vescovo di Trivento dal 1837 al 1854, nacque a Fondi nel Lazio, fu consacrato Vescovo a Napoli il 4 giugno 1837 e il giorno 11 giugno prese possesso per mezzo di un delegato, l'ingresso in Diocesi avvenne il 24 settembre dello stesso anno. Nel 1844 consacrò l'altare del SS.mo Sacramento, definito allora "monumento insigne ed eloquente, splendido e fulgente di luce", purtroppo non più esistente perché portato via! In due occasioni, 8 novembre 1848 e 10 aprile 1849, presentò personalmente richiesta al papa Pio IX di affrettare la proclamazione dogmatica del concepimento immacolato di Maria Santissima. Nel 1949 fece l'altare dell'Addolorata. Ebbe fama di "dotto e di maestro si dotti": insegnava in Seminario allorquando vi erano ben ottantacinque seminaristi, numero davvero ragguardevole cui devono essere aggiunti dodici esterni. Appassionato cultore delle scienze sacre, nell'affidare gli incarichi beneficiari teneva in gran conto più la bontà di vita dei candidati che non la profondità della dottrina. Mons. De Simone, ben a ragione, lo definisce "astro luminoso della smagliante costellazione dei Vescovi triventini", nonostante che qualche anno fa sia stato stampato un libercolo a difesa di un sacerdote "liberale" di Belmonte che inutilmente tenta di infangarne la fama e la stima. Nel registro di morte troviamo il seguente brano: "Trivento, 27 gennaio 1854: Figlio dei coniugi don Onorato e donna Maria Peppe della città di Fondi. Pastore zelante dell'onor di Dio e della Santa Chiesa e fornito di tutte le qualità è morto nel grembo di S. Chiesa nel Seminario alle ore dieci di questa mattina, in età di anni sessantotto circa, dopo aver esercitato l'ufficio di Vescovo per lo spazio di anni diciassette circa con ogni zelo in questa vastissima Diocesi, è morto munito dei SS. Sacramenti dal Padre Guardiano Feliciantonio da Morcone, ed è stato sepolto nella chiesa Cattedrale, cioè nel sepolcro dei Vescovi dopo le ore 24. Firmato Filoteo Can. Dec. Mastroiacovo".
  • Luigi Agazio (1854 - 1887)

    Luigi Agazio Nacque a Soriano Calabro (CZ) il 19 settembre 1807, a venti anni vestì l'abito francescano e prese il nome di Luigi, al posto di Domenico, il primo nome datogli al momento del Battesimo. Dopo essere stato in seno all'ordine serafico oratore eccellente, maestro dei novizi, definitore, custode e lettore emerito, il 23 giugno 1854 veniva nominato Vescovo di Trivento, il 30 giugno fu consacrato e il 27 agosto fece il suo ingresso solenne in Diocesi. Il suo episcopato, con i suoi 32 anni cinque mesi e cinque giorni, fu uno dei più longevi, servì per farlo apprezzare come uomo di preghiera, devotissimo della Madonna, amico e benefattore del clero, Padre amatissimo dei fedeli e solerte educatore dei seminaristi. Ebbe frequenti incontri personali con papa Pio IX, il quale, stimandolo grandemente, lo voleva promuovere all'Arcidiocesi di Chieti, ma come sorprendente risposta ebbe il seguente diniego: "Mi meraviglia, non poco, che il Papa col propormi di passare a Chieti, mi fia lecito il divorzio, mentre S. Paolo vuole che il Vescovo sia di una sola sposa". Dotò la Cattedrale di paramenti finissimi con trama di argento e d'oro per i canonici e i prelati. E quando qualcuno si meravigliava di tanto sfarzo, contrastante e stridente con lo stile di vita personale, che lo aveva fatto universalmente riconoscere come "il poverello di Trivento", soleva rispondere: "il prete deve essere povero in casa e ricco in chiesa". Morì il 1 febbraio 1887, solennissimo fu il funerale in Cattedrale e fu il primo dei Vescovi triventini ad essere sepolto nel pubblico cimitero, in rispetto alle nuove norme civili. Ma vi riposò in pace per pochi decenni, infatti nel 1911, il 29 luglio, mons. Pietropaoli "con squisito gesto di venerazione e di rispetto" ne fece riportare le "sacre" spoglie in Cattedrale, sì sacre perché vissuto e morto in concetto di santità; ora riposano sul lato destro all'interno della terza nicchia a lato dell'altare di Sant'Antonio.
  • Daniele Tempesta (1887 - 1891)

    Domenico TempestaVescovo di Trivento dal 1887 al 1891 nacque a San Donato Val di Comino (FR) il 3 agosto 1838; a sedici anni vestì l'abito francescano e cambiò il nome di battesimo Vittorio in quello di Daniele; fece la professione religiosa l'undici aprile 1855 e il 15 agosto 1851 fu ordinato sacerdote in Città Sant'Angelo dal Vescovo mons. Pieramico. Emigrò in Francia per colpa della soppressione degli istituti religiosi e ivi, in Avignone, fu lettore di teologia. Tornato in Italia fu facondo predicatore e coltissimo insegnante di lettere nel Seminario di Sora. Scelto dal locale Vescovo Persico come segretario, ne divenne anche ausiliare e fu consacrato Vescovo il 22 dicembre 1882; quando mons. Persico fu creato cardinale, mons. Tempesta fu nominato suo successore, ma per modestia e riservatezza rinunciò e in data 14 marzo 1887 fu nominato Vescovo di Trivento. In Trivento, con il denaro ricavato dalla vendita dell'oro della statua di Nostra Signora, istituì il "Monte frumentario", onde sottrarre i poveri agli abusi degli spietati usurai che approfittavano dei momenti di carestia per impossessarsi dei loro terreni come insaziabili arpie. Dai potenti criticato e, forse anche, a causa del clima rigido del Molise, vi rimase per soli quattro anni, allorquando nel 14 giugno 1891 fu trasferito alla diocesi di Troia in Puglia, sotto parvenza di promozione, dato che quella diocesi, per antico privilegio, pur non essendo sede arcivescovile, godeva dell'insegna del sacro"Pallio". Morì il 23 aprile 1899, nel paese natio, dove si era ritirato, fiaccato nel corpo dalla debole salute minata dalla fatiche apostoliche e dalle amarezze accumulate.
  • Giulio Vaccaro (1892 - 1897)

    Giulio Vaccaro Napoletano di nascita, era proveniente da Nusco (AV), dove aveva ricoperto la carica di vicario generale, era laureato in Sacra Teologia e in Diritto Canonico e Civile. Affidò la direzione del Seminario al sacerdote di Duronia Pasquale Berardi, laureato in Lettere, che in seguito fu nominato prima Vescovo di Bitonto e poi arcivescovo di Gaeta. Costruì ex-novo la cappella del Seminario dedicata alla Sacra Famiglia, rifece la scalinata che unisce in quattro piani del Seminario, riaprì la biblioteca fondata da mons. Giovanni De Simone e l'arricchì di nuovi, rari e interessanti volumi, richiesti un po' a tutti i sacerdoti e agli Enti della Diocesi. Questa preziosa biblioteca, che fu inaugurata nel 1894, comprende circa 17.000 volumi tra i quali sono presenti un centinaio di cinquecentine, oltre 200 secentine, molte delle quali stampate in città estere (Amsterdam, Londra, Lione), è oggi sistemata in locali del Seminario, dallo stesso mons. Vaccaro prende il nome ed è popolarissima: è la famosa Biblioteca Giulia. Tra i testi è doveroso citare la ormai rara collezione dei Padri latini e greci del Migne, opera fondamentale che da lui veniva correntemente e sapientemente citata nelle forbite omelie. Per la Cattedrale si adoperò affinché le sacre funzioni fossero sfarzose di luminarie, di addobbi e di "scelta e vibrante musica", la arricchì di suppellettili d'argento massiccio ancora oggi in uso nelle solennità. Fu devotissimo della Madonna. Nel 1897 fu nominato Arcivescovo di Bari, ma non dimenticò mai la "sua" Trivento, infatti tornatovi all'epoca del giubileo sacerdotale di mons. Pietropaoli, suo illustre successore, fu sentito con orgoglio sussurrare all'orecchio del festeggiato: "Eccellenza, sia contento, molto contento a Trivento e in Diocesi, questi sono paesi d'oro". In Seminario vi è una lapide che ne esalta la benemerenza, a Bari gli è dedicata una delle più belle vie della città e uno dei padiglioni dell'Ospedale Civile.
  • Carlo Pietropaoli (1897 - 1913)

    Carlo Pietropaoli Vescovo di Trivento dal 1897 al 1913 Era nato a Rocca di Cambio (AQ) il 24 marzo 1857. Aveva ricevuto l'ordinazione sacerdotale in Conversano nel 1880, anno in cui si era laureato in Sacra Teologia e Diritto Canonico presso la Pontificia Università di Sant'Apollinare in Roma. Apprezzato professore nei Seminari di Conversano e de L'Aquila, come brillante conferenziere ed elegante predicatore, per la sua parola "chiara, esatta e seducente", era richiesto e ascoltato in molte città. A quaranta anni esatti, il 30 marzo 1897, divenne Vescovo di Trivento e solo il 14 novembre dello stesso anno vi fece il suo ingresso solenne. Sua prima cura fu il Seminario: interveniva spesso nelle lezioni spaziando sui campi più disparati con una conoscenza profonda ed enciclopedica; arricchì i gabinetti di fisica, di chimica e di mineralogia, vi fece predisporre anche una specola meteorologica. In quel periodo gli alunni del Seminario raggiunsero il bel numero di cento, trentatre dei quali erano iscritti al corso di Teologia e ai quali egli stesso dava anche lezioni di agronomia. In occasione del suo venticinquesimo di sacerdozio ordinò il rifacimento della facciata della Cattedrale con eleganti colonne sormontate da capitelli corinzi e con ampio finestrone con balaustra. In seguito ordinò il rifacimento interno della Cattedrale, con un discutibile passaggio dall'antico sontuoso romanico ad uno stile neoclassico tendente al barocco: snellimento delle colonne, maggiore slancio degli archi, transetto centrale e cupola "ad altezza vertiginosa contro l'ira de' nostri venti, lassù in tutto il suo furore". In alcuni ambienti libertari era temuto per la sua forte dialettica in difesa della religione: storica rimane la sua dotta polemica allorquando con una secca risposta, in una forma poetica di rara bellezza e incantevole plasticità, zittì il D'Annunzio che, invocando un ritorno alla Venere selvaggia, aveva osato insultare la SS.ma Vergine dei Dolori. Mons. Pietropaoli fu apprezzato e lodato da eminenti uomini di scienza, tra i quali Giuseppe Toniolo, Guido Salvatori e il D' Ovidio. L'Arcadia di Roma lo iscrisse tra i suoi soci effettivi, l'Università di Boston gli conferì il titolo di dottore in filosofia "ad honorem". Il 19 maggio 1913 fu nominato Nunzio Apostolico in Venezuela, con sommo rimpianto dei triventini. Morì il 29 giugno del 1929, dopo essere ritornato una settimana prima a celebrare nella nostra Cattedrale in occasione della festa del Sacro Cuore di Gesù, occasione nella quale, ancora una volta, si era potuto sentire e gustare l'eco gentile e suadente della sua sublime parola.
  • Antonio Lega (1914 - 1921)

    Vescovo di Trivento dal 1914 al 1921 nacque a Brisighella (RA) nel 1862, fratello del cardinale Michele Lega, fu ordinato sacerdote nel 1886, celebrò la prima Messa nel Santuario di Loreto, perfezionò gli studi in Roma addottorandosi il Sacra Teologia e Diritto Canonico, insegnò Teologia morale nel Seminario di Faenza, fu vicario generale del Vescovo di Tivoli. Ricevette l'ordinazione episcopale dall'Arcivescovo di Bologna Giacomo Dalla Chiesa, poi divenuto papa Benedetto XV. I primi anni del suo episcopato furono durissimi perché, catapultato in un ambiente ben diverso da quello romagnolo, si ritrovò subito anche senza i preti giovani richiamati alle armi: era il difficile periodo della prima guerra mondiale. Fu Vescovo pieno di fede, ardente di zelo, devotissimo del Sacro Cuore, innamorato della Madonna. Dedicò molta attenzione alla Cattedrale rivestendola di una ricca decorazione a stucco e impreziosita con fregi in oro zecchino, erigendo otto altari laterali in marmo e tre sontuose balaustre. Essendo mutate le condizioni urbanistiche di una Trivento che cominciava ormai tutta ad estendersi nella parte bassa e pianeggiante, credette opportuno il 2 febbraio 1920 di erigere la chiesa di Santa Croce come seconda parrocchia cittadina, non senza malumore dei ben pensanti. E' curiosa ed emblematica l'espressione sfuggitagli durante una passeggiata pomeridiana, arrivato nei pressi della chiesetta, "ah! una vera e bella Santa Croce per me!". Nell'agosto 1921 lasciava Trivento, nominato ausiliare di Ravenna, con diritto di successione all'Arcivescovo mons. Morganti: era l'anno seicentesimo della morte del sommo poeta Dante e Ravenna si apprestava a solennissimi festeggiamenti. Non dimenticò mai Trivento: incorniciata nella sala delle udienze dell'Episcopio ravennate teneva in bella mostra, e a tutti additava, la pergamena della "Cittadinanza Onoraria" di Trivento, conferitagli a seguito dei restauri della Cattedrale, propose anche due sacerdoti nostri diocesani agli onori episcopali, e precisamente don Luigi Scarano, Vescovo di Tivoli, e don Nicola Maria Di Girolamo, Vescovo di Cajazzo. Morì nel 1946 ed è sepolto nella chiesa parrocchiale di Brisighella accanto al fratello cardinale Michele.
  • Geremia Pascucci (1923 - 1926)

    Geremia PascucciVescovo di Trivento da 1923 al 1926 era nato il 1882, a Fano (PS), ospite del Seminario Romano frequentò gli studi teologici nella città dei papi. Addottorandosi in Sacra Teologia e Diritto Canonico, divenuto sacerdote tornò a Fano, dove svolse la professione di insegnante del Seminario Regionale, dopo essere stato anche per breve tempo parroco. A soli quaranta anni fu nominato Vescovo di Trivento e nel settembre del 1922 prese possesso canonico. Dotò il Seminario Vescovile di una residenza estiva in Agnone, ristrutturando e ampliando l'ex-convento dei Francescani San Berardino. Fu nostro Vescovo per soli tre anni e poco più. Una storica, memorabile foto lo ritrae giulivo, davanti ad una basilica romana, insieme ai sacerdoti e ai fedeli triventini, in occasione del Giubileo del 1925. Dalla Santa Sede ebbe anche l'incarico di "Visitatore Apostolico" dei Seminari della Toscana. E proprio assolvendo a questo delicato incarico il 14 maggio 1926, presso Serravezza (LU), morì a seguito di uno scontro con un treno, che trascinò la sua auto per decine e decine di metri lungo la strada ferrata, e con grande difficoltà mani pietose poterono ricomporne il corpo orrendamente dilaniato. E' sepolto nel cimitero di Fano.
  • Attilio Adinolfi (1928 - 1931)

    Vescovo di Trivento dal 1928 al 1931 nacque ad Albano il giorno 11 novembre 1885, fu ordinato sacerdote il 31 luglio 1908. Era laureato in Teologia, in Filosofia, in Diritto Canonico e Civile, per questo era Avvocato della Sacra Rota. L'11 marzo 1928 fu consacrato Vescovo e, dopo un mese circa, il 15 aprile entrò solennemente in Trivento, lungamente atteso,dopo due anni dalla tragica scomparsa del predecessore, e benevolmente accolto, come un vero dono di Dio. In Diocesi rimase soli tre anni, allorquando fu promosso alla sede di Anagni. E' giustamente ricordato: per il fervore eucaristico che lo spingeva all'adorazione quotidiana, standosene silenzioso e nascosto, in Cattedrale; per la grande devozione al Santo Rosario di Maria; per continua elargizione di elemosine, fatta in stile manzoniano, cioè con "volto amico". e con "tacere pudico". Comunque perenne gratitudine gli è dovuta, ancor più, per la preziosa e inestimabile riscoperta ed apertura della Cripta, dopo averla riportata, da "orrido sepolcro" qual era! diventata, al primitivo splendore di autentico gioiello di arte paleocristiana, rivisitato e ampliato in epoca longobarda, con i suoi due rari affreschi murali in stile bizantino, opera di esperti monaci brasiliani. Morì in Anagni il primo settembre 1945 "in buon concetto di santità".
  • Giovanni Giorgis (1932 - 1937)

    Era nato a Cuneo il 19 aprile del 1887. Era stato parroco di Bernezzo e cappellano degli alpini durante la prima guerra mondiale. A quarantacinque anni fu eletto Vescovo di Trivento e si distinse per il fervore che metteva nell'istruzione religiosa del popolo cristiano, per lo zelo nel propagare l'associazionismo dell'Azione Cattolica, per la fervida devozione mariana e alla Santa Eucaristia. Si deve al suo interessamento il mosaico dell'Immacolata posto sulla facciata della Cattedrale, fatto provenire da Roma e addirittura commissionato dallo stesso Benedetto XV. Il 16 luglio 1937 il sommo Pontefice lo trasferì alla bellissima sede di Fiesole. Qui lo provarono cocenti amarezze e pesanti umiliazioni per essersi fidato di persone inesperte. Morì il 28 maggio 1954 mentre si trovava in un ospizio, in attesa di trasferirsi nella nuova sede episcopale, riabilitato e nominato Vescovo della Diocesi di Susa (TO). Nel bollettino diocesano di Fiesole è espresso tutto il sincero cordog! lio del popolo e del clero "rivive oggi l'immagine paternamente buona di S. E. Rev.ma mons. Giovanni Giorgis, per 17 anni Vescovo di Fiesole: di viva e feconda attività, che sempre, con la parola e l'esempio, attese a suscitare opere di fede e di cristiana carità, generosamente animato di amore e venerazione verso il Cuore e la Croce di Cristo, da cui trassa forza e luce, per vincere le amarezze e i dolori della sua vita esemplare di sacerdote e di Vescovo".
  • Epimenio Giannico (1937 - 1957)

    Epimenio Giannico (1937 - 1957)Vescovo di Trivento dal 1937 al 1957 Abruzzese verace, nacque ad Atessa l'11 novembre 1891, concluse i suoi studi teologici presso il Seminario Regionale di Chieti. Era stato cappellano militare durante la prima grande guerra, poi come parroco fu responsabile di Santa Croce di Atessa, di Casoli e infine di Guardiagrele. L'8 settembre 1937 fu eletto Vescovo di Trivento, il 24 ottobre fu consacrato e il 21 novembre prese possesso di questa sede vescovile. Visse modestamente, pur essendo la sua famiglia di origine ricchissima: in Atessa un'intera contrada era proprietà paterna e ne prende ancora il nome. Fu per venti anni il Vescovo saggio, prudente, riservato; proprio per i suoi modi semplici e cortesi da tutti fu benevolmente amato e grandemente stimato. Tre eventi caratterizzarono e perpetuano per sempre il suo ardente zelo: il Quinto Sinodo Diocesano celebrato a Trivento nei giorni 6, 7 e 8 settembre 1950; il Congresso Eucaristico celebrato in Agnone il 1951 e presieduto dal Signor Cardinale Giuseppe Bruno; il Congresso Mariano celebrato in Trivento il 1955 e presieduto dal Signor Cardinale Federico Tedeschini. Si interessò della pavimentazione in marmo della Cattedrale e del restauro del Seminario Vescovile, in favore del quale lasciò anche un podere personale. Ma i triventini lo ricordano anche per un gesto altamente altruista ed eroico: il 20 ottobre del 1943, offrendosi spontaneamente come prigioniero, si presentò al comando tedesco richiedendo la liberazione immediata di dieci giovani triventini catturati per rappresaglia; la sua determinazione pur con la dovuta e benevola cortesia, fu premiata, anche se in cambiò ci rimise un orologio di grande valore. Morì in Atessa il 24 giugno 1957.
  • Pio Augusto Crivellari (1958 - 1966)

    Pio Augusto Crivellari (1958 - 1966)Vescovo di Trivento dal 1958 al 1966 è nato a Padova il 3 febbraio 1906, sesto di dodici figli. I suoi genitori Antonio e Amelia Morganti, Terziari Francescani entrambi, ebbero la gioia e la fortuna di tre belle vocazioni tra i figli: Pio Augusto entrò nella Congregazione dei Frati Minori, Fiorenzo in quella dei Minori Conventuali e Pia in quella Salesiana. Pio Augusto fu ordinato sacerdote a Venezia il 23 febbraio del 1929, nel 1932 si laureò in Scienze sociali, per tredici anni fu parroco "intelligente ed energico" in san Francesco della Vigna a Venezia. Dal 1949 al 1956 dal suo Ordine fu inviato in Argentina come Visitatore, prima, e come Delegato Generale, poi; nel 1957 fu nominato Definitore Provinciale della Provincia Francescana Veneta. Il Sommo Pontefice Pio XII lo elesse a Vescovo di Trivento e l'11 febbraio 1958 se ne fece la proclamazione. Il Cardinal Roncalli lo consacrò Vescovo in San Marco. Il pomeriggio del 29 marzo 1958 fece ingresso solenne in Trivento. Fu un Vescovo dinamico, attivo moderno, resta vivo nella memoria anche per il suo caratteristico vestito cinerino di vescovo francescano. In Cattedrale restaurò la cappella del Santissimo Sacramento e il prezioso parato bianco per le solennità, sostituì il trono episcopale di drappi con uno in legno pregiato; rese l'Episcopio un luogo bello e accogliente, con una sontuosa sala del trono; cominciò ad attivarsi per la costruzione di una chiesa comoda e funzionale, nella zona bassa della città, progetto però rimasto irrealizzato, pur essendo necessaria una tale struttura per Trivento e come città e come centro Diocesi. Mons. Crivellari può essere definito il Vescovo pellegrino: il 10 maggio con oltre cinquemila fedeli fu ricevuto in San Pietro dal papa Giovanni XXIII; il 2 agosto 1960 intraprese una visita tra gli emigranti del Nord America, viaggio che, purtroppo, dovette interrompere per intervenuto malore; n! el 1961, "novello Crociato", accompagnò sacerdoti e fedeli in Terra Santa. Per tutto il tempo che fu in Diocesi non rimase mai fermo, ma era in una continua visita pastorale, d'estate e d'inverno, e proprio in una terribile giornata di freddo invernale, mentre si recava a Roccavivara, avvertì il riacutizzarsi di giovanili e mal curati malanni ai polmoni. Fu ricoverato nel Sanatorio di Arco di Trento, provvide a radicali cambiamenti nell'organigramma delle gerarchie diocesane, morì il 3 febbraio 1966, benché ritenuto clinicamente guarito, la vigilia del suo ritorno in Diocesi. E' ora sepolto nella tomba dei Vescovi, nel locale adiacente la meravigliosa Cripta di San Casto di Trivento.
  • Pietro Santoro ( Am. Ap.) (1967 - 1970) - "Amministratore Apostolico"

  • Achille Palmerini (1970 - 1975) - "Amministratore Apostolico"

  • Enzio D'Antonio (1975 - 1977)

  • Antonio Valentini (1977 - 1984)

  • Antonio Santucci (1985 - 2005)

  • Domenico Scotti (2005-2017)

    Immagine del Vescovo di Trivento Domenico ScottiMons. Domenico Scotti è nato a Pollutri (Chieti), l'8 febbraio 1942. Ha compiuto gli studi ginnasiali e liceali nel Seminario Arcivescovile di Chieti e quelli teologici nel Pontificio Seminario Regionale S. Pio X, a Chieti. È stato ordinato sacerdote il 25 giugno 1967 a Chieti, sua diocesi di origine e di appartenenza. Ha iniziato il suo ministero sacerdotale a Villa Santa Maria come Vicario parrocchiale e nello stesso anno è stato nominato Parroco di Montelapiano, dove è rimasto fino al 1972. Successivamente, è stato chiamato a ricoprire l'ufficio di Padre Spirituale nel Seminario Arcivescovile, rimanendovi fino al 1978 e, dal 1973 al 1993, è stato anche Professore di Religione all'Istituto Magistrale di Chieti. Dal 1978 al 1993 è stato Padre Spirituale nel Pontificio Seminario Regionale. Lasciando il Seminario è stato nominato Parroco di Torino di Sangro, dove è rimasto fino al 1996. La Conferenza Episcopale dell'Abruzzo e Molise lo ha poi nominato Rettore del Seminario Regionale S. Pio X nel 1996, ufficio che ha ricoperto fino al mese di giugno del 2005. Nel mese di aprile 2005 è stato nominato Vicario Generale dell'arcidiocesi di Chieti-Vasto. Il 17 ottobre 2005 è stato eletto Vescovo di Trivento da Sua Santità Benedetto XVI ed ha iniziato il suo ministero pastorale nella diocesi il 18 dicembre 2005. (Guarda le foto)
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