Domenica 27 Giugno | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 27 Giugno

Liturgia: 1Re 19, 16b.19-21; Sal 15; Gal 5, 1.13-18; Lc 9, 51-62Domenica 27 GiugnoMentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Il vangelo commuove quando lo capisci oppure quando lo vedi vissuto. E lo capisci soprattutto se lo vedi vissuto. I santi e i testimoni, di ieri e di oggi, servono anche a questo. Così, rispondere alle chiamate di Gesù, vivendo dietro a lui senza avere dove posare il capo, è il modo più efficace per annunciare il regno di Dio, mostrandolo presente in mezzo a noi, coinvolto nelle nostre vicende, personali e collettive.

Gesù si dirige decisamente verso Gerusalemme e i Samaritani gli negano l’ospitalità proprio perché rifiutavano il tempio di Gerusalemme. Appena prima aveva mostrato un bambino come misura della sua umiltà e mitezza. Significa che il cammino per salire a Gerusalemme si fa con umiltà. La domanda dei discepoli, che aveva mandato davanti e che dinanzi al rifiuto invocano fuoco e guerra, non è banale, tantomeno lo è il rimbrotto del Signore che non viene accolto. Gesù li sgrida, cosa molto rara. Lui sgrida i demoni o le potenze (l’acqua, il vento), mai i peccatori o le prostitute; questa è la sola volta che si arrabbia per la mancanza di mitezza dei discepoli. Ed è questa che serve alla sequela in risposta alla chiamata. Il giudizio avviene già con l’annuncio e la testimonianza del vangelo che viene portato al cuore degli uomini, mettendo ognuno di fronte alla scelta del dono. Sembrano parole, ma dette dinanzi alla bara di un cristiano, di un prete, di un vescovo sgozzato come un agnello, suonano di un altro mondo, capaci di fare un altro mondo.

Gesù non lascia seppellire i morti perché con lui si semina la vita e ha fretta perché a Gerusalemme si fa la pasqua di resurrezione. Non si tratta di impedire di seppellire i morti, ma di presentare al Cielo chi ha terminato l’esodo, chi ha fatto pasqua e ora passa dalla morte alla vita. Anche i nostri genitori. A Gesù non si può anteporre nulla, né si può guardare indietro; il cammino dei piccoli è spedito e lieto.
L’insegnamento di Gesù è un esodo, un viaggio fatto non nello spazio, ma nel tempo e oltre, verso la vita eterna. In questo cammino la povertà dei nidi e delle tane sta a dire che non si è mai arrivati e ogni casa, ogni capanna e ogni palazzo è abitato da fratelli e sorelle. La vita cristiana è un viaggio senza fine nel mistero di Dio.Mons Angelo Sceppacerca27 giugno 2010
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