Commento al Vangelo
Domenica 3 Luglio
Liturgia: Zc 9, 9-10; Sal 144; Rm 8, 9.11-13; Mt 11, 25-30 In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».Dopo il duro “guai a voi!”, viene la benedizione, l’abbraccio: i piccoli vengono messi in mezzo all’amore tra Padre e Figlio. Gesù è la porta di comunicazione, la scala per far scendere il cielo sulla terra. Lo Spirito ci dà coraggio a chiamare Dio “Abbà!”, il massimo della vicinanza e della confidenza con Dio che resta altissimo e onnipotente. Per cogliere qualcosa del mistero i mistici propongono la coincidentia oppositorum: Dio è vicino e altissimo, tenero e onnipotente, piccolo e grande, madre e padre, misericordioso e giusto. Se per noi “i piccoli” sono semplici e incapaci di parlare, per Gesù sono proprio essi ad ereditare il nome “Abbà”. Come essere o tornare ad essere “piccoli”? Con la purezza del cuore. Solo ad essa Dio non sa resistere.
Cos’è la mitezza? Accogliere la croce che Dio ci offre, senza ribellarsi, ma accettare di prendere su di noi il suo giogo, sottomessi alla volontà del Padre per trovare la pace e il riposo delle nostre anime. Riaccostati a Dio, saremo in pace anche con il prossimo: pazienti, comprensivi e compassionevoli, senza reagire al male col male, ma vincendolo col bene.
Cos’è l’umiltà? Consapevoli che nessuno è giusto davanti a Dio, ci inginocchiamo col cuore davanti al Padre per chiedergli perdono settanta volte sette (sappiamo come andrà a finire). Guardare il prossimo con rispetto, onorando in lui l’immagine di Dio e trattenendoci dal giudicare e condannare, perché occupati a togliere la trave dal nostro occhio.
Umiltà e mitezza sono la medicina per l’oggi, per scampare il futuro stesso dell’umanità. Sembra facile da capire, meno da vivere. Ci aiutino i santi “piccoli”: Francesco di Assisi, Bernadette di Lourdes, Teresa di Lisieux, Pio da Pietrelcina. Teresa di Calcutta. Soprattutto lui, Gesú, mite ed umile di cuore.
Negli antichi codici, c’è la storia di una fanciulla, che aveva fatto parte del gruppo delle donne che avevano accompagnato Gesù fin sul Calvario. Era una giovane timida, silenziosa e riservata. Alla notizia della Risurrezione, aveva creduto subito. E si era fatta pellegrina per annunciare le parole di Gesù. Non aveva più paura. Predicava nelle città e nei villaggi. Un uomo, profondamente impressionato dalla sua testimonianza, le chiese: «Qual è il segreto del tuo coraggio?». «L’umiltà. Così mi ha insegnato il Maestro». L’uomo chiese ancora: «E a che cosa serve l’umiltà?». «A dire per prima: “Ti voglio bene”».Mons Angelo Sceppacerca3 luglio 2011