Domenica 6 Novembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 6 Novembre

Liturgia: Sap 6, 12-16; Sal 62; 1Ts 4, 13-18; Mt 25, 1-13Domenica 6 Novembre L’incontro col Signore è paragonato a un banchetto di nozze, ad un rapporto d’amore. E’ Lui che viene a cercarci, a bussare alla nostra porta. “Aprimi!” dice l’amato all’amata del Cantico. E’ il grido nel cuore della notte perché, da sempre atteso da chi veglia, finalmente lo Sposo viene! In questa immagine, la metafora più bella della vita umana. L’olio delle lampade serve a far luce per riconoscere il volto dello sposo nelle sue visite quotidiane. Prima ancora che essere il racconto dell’incontro finale, la parabola delle vergini è il modello di come vivere la vita presente.

Anche la cronaca quotidiana e il senso della vita ci fanno sentire il “ritardo” dello Sposo. La Chiesa si fa voce di questa attesa ed essa stessa invoca l’incontro e incarna la promessa che questo avverrà presto: “Sì, verrò presto! … Vieni, Signore Gesù”. Resta la consapevolezza che il futuro è nelle nostre mani, come quell’olio delle lampade, che permette loro di bruciare e far luce. Per i padri della Chiesa l’olio è lo Spirito Santo, l’amore di cui arde Dio stesso. Il nostro è della stessa natura, è l’amore che abbiamo per i nostri fratelli. E’ l’amore che ci fa luminosi.

Chi vende l’olio, anche di notte? Tra le tante possibili risposte, una si fa strada. I “venditori” sono i poveri… I discepoli di Gesù l’hanno capito subito. La prima comunità di Gerusalemme – che attendeva come imminente la venuta del Signore glorioso – aveva organizzata un’assistenza premurosa verso i bisognosi. Quella di Roma nel 3° secolo manteneva a sue spese più di millecinquecento vedove e poveri.

La notte di veglia delle vergini fa venire in mente la veglia di una madre vicino alla culla del piccolo malato, o quella di chi assiste, negli ospedali, un infermo grave. Vegliare è faticoso, provoca spossatezza, è una lotta contro il sonno, stando seduti su una sedia dura e col tempo che sembra non scorrere mai. Ma al mattino, quando la febbre è scesa o il male attenuato, quasi non ci si ricorda della lunga fatica. L’abbraccio del nuovo sole riscalda e lenisce la fatica provata.Mons Angelo Sceppacerca6 novembre 2011
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