4 Dicembre - Seconda Domenica di Avvento | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

4 Dicembre - Seconda Domenica di Avvento

Liturgia: Is 40, 1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3, 8-14; Mc 1, 1-84 Dicembre - Seconda Domenica di Avvento Una voce grida e indica: è quella di Giovanni, il più grande e l’ultimo dei profeti. Proprio perché “ultimo” profeta, Giovanni indica il grande cambiamento, la svolta epocale attesa dall’umanità: la presenza del Salvatore. Il battesimo nelle acque del Giordano è simbolo di svolta, perché è indicazione del Messia finalmente giunto.

Giovanni è ancora sotto il segno dell’attesa, ma questa non è più l’attesa di un futuro remoto, ma è una attenzione al presente, perché il Signore è qui, si lascia trovare, vedere. Egli è vicino, in mezzo a noi. Il Battista è il modello di ognuno che si accosta al Vangelo, perché sa che dietro la realtà presente (quell’uomo, in fila con i peccatori, per ricevere il battesimo di conversione) se ne cela un’altra, più forte e più grande. Indicando Gesù, Giovanni vuole che ci avviamo sul suo cammino, divenendo suoi discepoli. Il tema della sequela è il filo conduttore del Vangelo di Marco. Su chi segue Gesù, scende lo Spirito che rinnova e ridona la vita.

Gli esegeti dicono che questo brano di Marco apparteneva alla tradizione più antica della chiesa nascente. Si tratta di una catechesi che annuncia Gesù come Figlio di Dio e, contemporaneamente, cosa significa per i discepoli battezzati divenire anch’essi figli di Dio. Alla sequela di Gesù il cristiano vive come Lui, solidale con tutti gli uomini. I “cieli aperti” al battesimo nel Giordano dicono la fine della separazione tra Dio e gli uomini; è terminato il tempo della inimicizia, della infedeltà; è iniziata l’ora della pace, della fratellanza universale.

I “cieli aperti” sono anche il simbolo del velo lacerato alla morte di Gesù. Se al fiume Giordano Gesù è in fila con tutti i peccatori, sarà sul Calvario – il battesimo di sangue – che la sua passione e morte produrranno la salvezza di tutti. La pace e la fratellanza universale possono nascere solo da un sacrificio, da un cammino di umiliazione e di riconciliazione. Dio, in Gesù, l’ha compiuto fino in fondo, dalla grotta di Betlemme al Calvario. Ora tocca a noi se vogliamo essere suoi discepoli. E lo vogliamo, perché vogliamo la vita e la resurrezione.

La parola "principio" dà inizio al Vangelo di Marco, così come a quello di Giovanni. Sta dunque bene anche all’inizio del nuovo tempo liturgico, l’avvento, come possibilità di riprendere da capo la vita, chiedendo perdono per le cadute e i peccati.Mons Angelo Sceppacerca4 dicembre 2011
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