Domenica 22 settembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 22 settembre

Liturgia: Am 8, 4-7; Sal 112; 1Tm 2, 1-8; Lc 16, 1-13Domenica 22 settembre

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare".
L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua".
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta".
Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Cento barili d'olio erano un capitale, corrispondevano a più di tre anni di paga per un operaio. Anche cento misure di grano erano circa 260-280 quintali. Si trattava in ogni caso di un debito enorme, fuori dalla comune capacità. Così come la misericordia del Signore nei nostri confronti: un amore senza parallelo.

Gesù ricorre a una parabola audace. È reale l'accusa all'amministratore che sta per essere licenziato; eppure, con scaltrezza, riesce ancora a procurarsi riconoscenza e favori dai debitori del padrone. Il Signore non loda la furbizia, ma mostra, ancora una volta, fin dove si spinge la sua giustizia, che è l'altro nome della misericordia: quasi ad apparire ingiusta, esagerata, come sembrò al fratello maggiore la festa per il prodigo ritornato a casa.

Questa misericordia del Padre viene ora chiesta a noi ed è custodita - pur mantenendo un'enorme differenza! - nella richiesta del Padre nostro: perdonaci come anche noi perdoniamo ai nostri debitori. Il Signore ci chiede di praticare la sua stessa compassione e di farlo in suo nome.

Papa Sisto volle Lorenzo come suo arcidiacono, con l'incarico di occuparsi delle attività caritative della Diocesi di Roma. Era l'anno 257. L'anno successivo l'imperatore Valeriano ordinò l'uccisione di tutti i Vescovi, Presbiteri e Diaconi. Papa Sisto II e sei dei suoi sette diaconi furono presi il 6 agosto e decapitati; a Lorenzo, il settimo diacono, concessero un po' di tempo, comandandogli di consegnare tutti i beni della Chiesa. Lorenzo invece distribuì tutto ai poveri e dopo si presentò agli aguzzini indicando loro i poveri che lo avevano seguito dicendo: "Ecco, i tesori della Chiesa sono questi".

Tra i beni che arricchiscono ci sono le persone, capaci di darci molto, ma che sono irriducibili a semplice strumento. Solo l'amore gratuito è all'altezza della loro dignità. Gli altri sono un bene in se stessi e devo cercare il loro bene con la stessa serietà con cui cerco il mio. Come il mercato è il luogo dello scambio dei beni materiali, così la famiglia è lo spazio della gratuità e dell'amore. Il marito è un dono per la moglie e viceversa la moglie è un dono per il marito. I genitori sono un dono per i figli e viceversa i figli sono un dono per i genitori. I fratelli sono un dono l'uno per l'altro. In una famiglia vera ognuno considera gli altri non solo come un bene utile per la propria vita, ma come un bene in se stessi, un bene insostituibile, senza prezzo. Anzi, se c'è un'attenzione preferenziale è per i più deboli: i bambini, i malati, gli anziani. Certo, gli altri sono anche un peso, da portare con amore paziente, senza tener conto del dare e dell'avere, disponibili a perdonare e a chiedere perdono.

Mons Angelo Sceppacerca22 settembre 2019
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