Domenica 30 agosto | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 30 agosto

Liturgia: Ger 20, 7-9; Sal 62; Rm 12, 1-2; Mt 16, 21-27Domenica 30 agosto

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell'uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

Gesù spiega e insegna, ma per capire cosa è venuto a fare sulla terra e che senso ha per noi questo, dobbiamo comprendere cos'è la Pasqua. Il significato profondo, il valore e il contenuto della vita cristiana sono tutti dentro l'evento di Pasqua riproposto, ogni giorno, con la Messa. Che la cosa non sia affatto semplice lo si vede nel dialogo animato fra Pietro e Gesù. Pietro arriva a protestare e Gesù a chiamarlo addirittura "Satana". Gesù risponde a Pietro con le stesse parole usate per allontanare il demonio dopo la terza tentazione che voleva legare il potere al Vangelo, allontanando la via della croce e del servizio. L'unica via per dichiarare la verità è depositare la nostra vita. Gesù cambia l'effetto della morte quando dice che "deve" andare a Gerusalemme perché la trasforma in sua obbedienza. La morte è anche la nostra obbedienza.

Il Signore va a Gerusalemme per morire e prepara i suoi con parole ruvide, ma aperte e chiare, perché così si mostra la sua vita e la sua obbedienza al Padre. Gesù apre e percorre fino in fondo la via della croce che è stretta ma è unica e la si percorre con la prassi della perdita: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà".

Il primato non è morire, ma vivere; quello che conta è andare con Gesù, anche se questo chiede di obbedire e lasciare, perdere e morire. Più di tutto conta trovare il tesoro o la perla e per essi, poi, vendere tutto il resto. Gesù dona ai suoi un dono che appassiona e fa esultare per la gioia di avere il Figlio di Dio in mezzo a noi. È il mistero dell'unità, è l'etica della nuzialità.

Perdere per guadagnare è l'innamoramento che suggerisce alla fanciulla del salmo 44 di dimenticare la casa di suo padre perché il re è preso dalla sua bellezza. Ci si perde per amore. Solo una vita progettata e vissuta come offerta permette di capire seriamente che cosa la vita sia!

Gesù aveva già parlato (al capitolo 10) di prendere la croce e perdere la vita; un invito legato alla vita dei testimoni a causa dell'urgenza di consegnare il Vangelo a tutti. Qui il Vangelo ci mette davanti alla persona stessa del Signore, per questo "perdere" vuol dire vivere in totale riferimento a Lui. È un perdersi quotidiano, una rinuncia continua. Semplicemente è voler essere nelle mani di Dio.

Mons Angelo Sceppacerca30 agosto 2020
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