8 giugno - Domenica di Pentecoste | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

8 giugno - Domenica di Pentecoste

Liturgia: At 2, 1-11; Sal 103; Rom 8, 8-17; Gv 14, 15-16.23-268 giugno - Domenica di Pentecoste

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

"Voi mi chiamate Maestro e dite bene". Così Gesù agli apostoli. Dunque, Gesù è maestro, insegna cose vere e necessarie per la vita e per la salvezza. Ora, prima di tornare al Padre, annuncia un nuovo maestro, lo Spirito, che non solo sarà vicino ai discepoli, ma proprio "dentro" ciascuno di loro. Se Gesù era "con" e "tra" gli apostoli e i discepoli, lo Spirito sarà "in" noi, più intimo a noi di noi stessi. È solo a questa profondità, infatti, che si raggiunge la fonte della Parola, laddove essa – Verbo di Dio – scaturisce dal seno del Padre. È la vertigine della fede, l'intimità di Dio stesso, il suo nucleo incandescente.

Se "sapienza" è l'altro nome dello Spirito, l'umiltà è l'unica moneta capace di acquistarne, perché il timore di Dio è l'inizio della Sapienza. La sapienza di cui si parla non è la conoscenza presuntuosa, ma il sapore di Dio nella storia e nella vita di ogni giorno. Lo Spirito di Sapienza è il respiro di Dio dentro di noi, l'ossigeno della fede, della speranza e della carità. È il punto di vista di Dio – la sua logica, la sua sapienza – sulla vita, sulla storia, sulle relazioni umane. È brezza ma anche vento impetuoso che stravolge la vita e fa osare l'impossibile, basta verificarlo nella vita dei dodici, dei martiri, di santi come Francesco, Massimiliano Kolbe, Madre Teresa e tanti altri testimoni ai mass media, ma non allo Spirito. Con lo Spirito tutto si trasfigura: i rapporti, gli affetti, le persone, perché – come dice Paolo – "il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé".

Il grande teologo russo Sergej Bulgakov, nell'opera Il Paraclito, scrive: "Lo Spirito santo dimora nel mondo. Egli ci è dato! Ma noi attendiamo un nuovo dono della pentecoste universale, una nuova risposta a interrogativi senza risposta, una nuova ispirazione che trasfigurerà la vita e la trascinerà incontro a Cristo che viene. Non avendo lo Spirito, tutta la nostra epoca storica freme per i brividi della morte". E riferendosi al vangelo di oggi, Bulgakov scrive: "L'ultimo discorso terreno di Cristo espone il mistero trinitario e glorifica la santissima Trinità: è la meraviglia delle meraviglie, il vangelo dei vangeli, la parola più dolce di Gesù dolcissimo".

La tradizione spirituale dice che sette sono i doni dello Spirito. I sette doni – sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio – nascono tutti dall'amore e ognuno ci permette di riconoscere le cose divine. La sapienza fa gustare e vedere quanto è buono il Signore. L'intelletto dà il senso delle realtà della fede, ce ne dà una sicurezza amorosa e ce ne fa percepire la bellezza. Il consiglio è l'amore che ci rende attenti a capire come comportarci per essere figli di Dio. La fortezza è la sopportazione e la fermezza calma nelle prove; è la mitezza dell'Agnello immolato e vincitore. La scienza dona l'istintiva capacità di distinguere il bene e il male, percependo la nostra piccolezza e che tutto è nelle mani di Dio. La pietà ci dice fino a che punto Dio è nostro Padre e va amato al di sopra di tutto. Il timore di Dio è la percezione della nostra piccolezza dinanzi alla sua maestà e ci rende docili spingendoci nelle sue braccia.

Che effetto fa lo Spirito Santo? Quali sono i suoi segni, oggi, nella Chiesa? Soprattutto le conversioni, come nel giorno di Pentecoste quando, alle parole degli apostoli moltissimi si fecero battezzare. Fu una vera mietitura. «Pentecoste», del resto, designava nell'Antico Testamento la "festa della mietitura". Così alla missione degli apostoli e dei loro successori si può applicare la profezia di Isaia: «Il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva» (Is 32, 15). Formidabile, nella sua semplicità, la conferma di Papa Benedetto: "La Pentecoste costituisce il battesimo della Chiesa, è un evento che le ha dato, per così dire, la forma iniziale e la spinta per la sua missione. E questa «forma» e questa «spinta» sono sempre valide, sempre attuali ... La Pentecoste è la festa della comprensione e della comunione umana. Tutti possiamo constatare come nel nostro mondo, anche se siamo sempre più vicini l'uno all'altro con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, e le distanze geografiche sembrano sparire, la comprensione e la comunione tra le persone sia spesso superficiale e difficoltosa ... sembra che gli uomini stiano diventando più aggressivi e più scontrosi; comprendersi sembra troppo impegnativo e si preferisce rimanere nel proprio io, nei propri interessi".

All'inizio della storia sacra troviamo la costruzione della Torre di Babele: la descrizione di un regno in cui gli uomini hanno concentrato tanto potere da pensare di non dover fare più riferimento a un Dio lontano e di essere così forti da poter costruire da soli una via che porti al cielo per aprirne le porte e mettersi al posto di Dio. Babele è il rovescio della Pentecoste: dallo sparpagliamento alla concordia. Questa è all'inizio della Chiesa e questo è il segno di una comunità viva perché l'unione dei cuori attira e converte.

Lo Spirito è Consolatore perché insegna e ricorda. L'insegnamento afferma la potenza di illuminazione, di redenzione e di gloria di ogni realtà e di ogni evento che la Parola porta ha in se stessa. E il ricordo è prezioso e concreto, perché esprime la vitalità della Parola nella storia personale e collettiva. E' il senso alto della cultura umana; meglio: della sapienza, il sapore di Dio nella storia.

Paraclito dice la pienezza nuziale dell'intimità di Dio con noi, segno della relazione profonda e stabile, presenza stessa del Signore Gesù nei nostri cuori. Questa reciproca circolazione è l'Amore, dimensione fondamentale e unica della vita cristiana. La stessa relazione tra il Padre e il Figlio è donata all'umanità.

Noi ascoltiamo la Parola e usciamo dalla chiesa così come ci siamo entrati. Non così Maria, la piena della grazia dello Spirito. Dopo che lo Spirito si è accoccolato nel suo grembo ponendovi il Figlio dell'altissimo, lei esce per andare sulle regioni montuose di Giuda e sull'uscio di casa della cugina, ci fu pentecoste: "Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito santo". Pentecoste attirata da un saluto, dentro un abbraccio di due donne che si stringono i grembi rigonfi.

Mons Angelo Sceppacerca8 giugno 2025
Licenza Creative CommonsLe informazioni e gli articoli pubblicati su questo sito sono distribuiti con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia