Domenica 16 novembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 16 novembre

Liturgia: Ml 3, 19-20; Sal 97; 2Ts 3, 7-12; Lc 21, 5-19Domenica 16 novembre

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Il pensiero degli ultimi giorni torna alla fine dell'anno liturgico. Tutto ha fine, ma diverse sono le emozioni se questa riguarda una malattia o un problema, rispetto alla fine di un amore o della stessa vita. La parola di oggi la collega al senso della vita. Malachia vede l'uomo orgoglioso e ingiusto scomparire senza lasciare alcuna traccia; sull'uomo giusto, saggio, umile, al contrario, sorgerà ancora il sole.

Il tempio di Gerusalemme: una delle sette meraviglie del mondo. E Gesù ne predice la distruzione. Più che lo splendore dei marmi, Dio vuole lo splendore della vita di un popolo. Più che in un luogo, Dio abita in mezzo a una comunità. I profeti, se possibile, erano stati addirittura più espliciti contro i capi d'Israele: "Per colpa vostra, Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine e il monte del tempio un'altura boscosa" (Michea).

Gesù viene interrogato sulla fine del tempio. La distruzione di Gerusalemme era già avvenuta quando Luca scrive il vangelo e vuole indicare che si sta andando non verso "la fine", ma verso "il fine". Alla paura della fine e della morte Gesù mostra un destino diverso per l'uomo e per il mondo, una nuova verità del presente e del futuro: il suo mistero di morte e risurrezione.

Anche san Paolo avverte i cristiani di Tessalonica: "Vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro ricongiungimento con lui, di non lasciarvi confondere e turbare … quasi che il giorno del Signore sia imminente". Verranno molti e usurperanno il nome di Cristo salvatore. Gesù li smaschera chiamandoli seduttori. Non si deve seguire chi manca di umiltà ed è accecato dall'orgoglio: "Non lasciatevi ingannare! … Non seguiteli".

Quando sarà la nostra fine? A chi ammirava le bellezze del tempio di Gerusalemme Gesù annuncia la catastrofe di quelle pietre. Quando sarebbe accaduto? E in che modo? Il futuro sconosciuto genera paure e domande alla ricerca di risposte e di tranquillità. Gesù non risponde con le carte dei maghi e dei chiromanti, dai quali invita a diffidare; neppure "terrorizza" riferendosi a guerre e rivoluzioni.

Prima della fine viene il tempo della testimonianza sofferta – un vero e proprio martirio – durante il quale i discepoli saranno perseguitati, imprigionati, uccisi. In questo tempo quelli di Cristo sperimenteranno una presenza sorprendente di Dio che salverà dal disfacimento ogni singolo capello del capo. Chi legge il vangelo capisce che prima della fine futura, quello che conta è il presente. La "fine" è legata alla testimonianza resa a Lui oggi, vivendo la verità, la giustizia, l'amore, fedeli al Vangelo.

Ci sono giorni, come nei primi tempi cristiani e come oggi dinanzi a sconvolgimenti della natura o a tragedie della violenza degli uomini, in cui si percepisce la fine del mondo come imminente. Poi si intuisce che l'attesa può essere lunga. Oggi il vangelo lo conferma e raccomanda vigilanza e fermezza. Perseverare e custodire sono volti dell'amore; così pure l'attenzione premurosa e l'attesa fiduciosa. Nel briciolo di un attimo, il presente, la chance di poter salvare l'anima, il nostro rapporto vitale con Dio. La vita ritrova senso se è dono nel lavoro, in casa, a scuola, nelle relazioni.

Gesù insegna nel tempio di Gerusalemme, prima della sua passione, morte, sepoltura e risurrezione. Aveva iniziato col racconto dell'offerta dei ricchi e della povera vedova; ora che la sua attenzione è portata sulle "belle pietre e doni votivi", ne demolisce l'ammirazione prevedendone la catastrofe che avverrà qualche decennio più tardi. Gesù spiega e raccomanda.

La spiegazione è data dalla previsione della distruzione del tempio e della fine del mondo e della storia umana, preceduta dalle persecuzioni dei primi cristiani, da guerre (i disordini politici internazionali del 1° secolo dopo Cristo), "terremoti, carestie e pestilenze". Le raccomandazioni ai discepoli sono quelle di non farsi ingannare dalle false informazioni, di non terrorizzarsi, di non preparare la propria difesa, di perseverare fino alla fine. E' il grande incoraggiamento di Gesù ai suoi in vista dei tempi duri: le persecuzioni saranno occasione per rendere testimonianza; gli avversari saranno vinti dalla sapienza dei discepoli ai quali non sarà torto nemmeno un capello.

E' il discorso finale di Gesù, posto prima della Passione, chiamato "escatologico" perché profezia di eventi vicini (distruzione di Gerusalemme, dispersione degli Ebrei) e più lontani (la sua manifestazione gloriosa, il suo ritorno, la Gerusalemme celeste). Sapientemente il Signore ci istruisce a vivere il nostro tempo come transitorio e precario, tempo di attesa e di vigilia. Siamo anche alla fine di un anno liturgico e alla vigilia di un nuovo tempo di avvento che ci porterà al mistero ineffabile del Dio fatto uomo nella grotta di Betlemme.

Qual è il senso dell'oggi? Nella storia del momento coabitano verità e menzogna, giustizia e violenza, grano e zizzania. È fase intermedia, precede il "giorno del Signore". C'è anima di speranza perché, a guardare dall'Alto, la distruzione e la fine si rivelano come rifacimento della giustizia e trasformazione della storia umana. L'ottimismo sulla fine è speranza cristiana che il meglio finisce sempre per accadere e l'avvenire è migliore di qualunque passato. Anche per le pietre e le genti di Gerusalemme, di ieri e di oggi. Tutto è racchiuso nel mistero di questa città che un giorno, finalmente! scenderà dal cielo come una sposa.

Tutto il male del mondo, non produce la fine del mondo, il male massimo l'abbiamo già fatto, crocifiggere il Figlio di Dio. Ma questa non è stata la fine, è stato l'inizio del mondo nuovo.

Preoccupato del senso della vita e dell'ultimo giorno, e soprattutto del Giudizio Finale a cui prima o poi certamente sarebbe andato incontro, un uomo fece un sogno. Dopo la morte, si avvicinò titubante alla grande porta della casa di Dio. Bussò e un angelo sorridente venne ad aprire. Lo fece accomodare nella sala d'aspetto del Paradiso. L'ambiente era molto severo. Aveva il vago aspetto di un'aula di tribunale. L'uomo aspettava, sempre più intimorito. L'angelo tornò dopo un po' con un foglio in mano su cui, in alto, campeggiava la parola «conto». L'uomo lo prese e lesse: «Luce del sole e stormire delle fronde, neve e vento, volo degli uccelli e erba. Per l'aria che abbiamo respirato e lo sguardo alle stelle, le sere e le notti...». La lista era lunghissima. «...il sorriso dei bambini, gli occhi delle ragazze, l'acqua fresca, le mani e i piedi, il rosso dei pomodori, le carezze, la sabbia delle spiagge, la prima parola del tuo bambino, una merenda in riva ad un lago di montagna, il bacio di un nipotino, le onde del mare...». Man mano che proseguiva nella lettura, l'uomo era sempre più preoccupato. Quale sarebbe stato il totale? Come e con che cosa avrebbe mai potuto pagare tutte quelle cose che aveva avuto?  Mentre leggeva con il batticuore, arrivò Dio. Gli batté una mano sulla spalla. «Ho offerto io, fino alla fine del mondo. È stato un vero piacere!».

Mons Angelo Sceppacerca16 novembre 2025
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