Domenica 23 novembre - Cristo Re dell'Universo | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 23 novembre - Cristo Re dell'Universo

Liturgia: 2Sam 5, 1-3; Sal 12; Col 1, 12-20; Lc 23, 35-43Domenica 23 novembre - Cristo Re dell'Universo

Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

È atroce avere sotto il patibolo gente che ti schernisce con le stesse parole che Satana aveva usato nei suoi assalti: Se tu sei il Figlio di Dio, buttati dal pinnacolo del tempio e fatti salvare!". Ti crederanno, se ti salverai dalla morte! E capi e soldati ripetono: "Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto!". È questa la radicale incomprensione del mistero di Gesù e del mistero di Dio. Proprio perché Gesù è il Cristo di Dio non salva se stesso, perché il suo potere senza limiti riguarda la salvezza degli altri, non la sua. Questa è la logica dell'amore: donare, spendersi per altri, dimenticandosi.

I capi pensavano a un Dio onnipotente, giusto giudice della storia e Gesù si mostra impotente, giudicato come malfattore e giustiziato, come una bestemmia, non una benedizione. Invece Dio è Dio, perché perde se stesso per amore. La passione del Figlio squarcia il velo e illumina la profondità del mistero di Dio.

I due ladroni, uno a destra e uno a sinistra, riportano alla memoria la domanda della madre dei figli di Zebedeo. Sul calvario il paradosso mostra che quelli per cui il Padre ha preparato i due posti accanto a Gesù sono due malfattori. Se li occupano loro, allora chiunque può stare accanto al Re che, prima di morire e prima di ogni cosa, ordina al Padre il perdono. I capi e i soldati che deridono e provocano, semplicemente non capiscono, privi di sapienza. Il popolo sta a guardare e tornerà alle proprie case "battendosi il petto", perché ha visto.

Tutta la storia in tre parole: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno"; "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso" e "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Questo è lo sguardo che penetra la sapienza della croce. È il nostro? Il rapporto fra Gesù e i due crocifissi è senza eguali. I due malfattori incarnano la natura umana, ma rovesciata: ora è l'uomo che condivide la condizione di Dio e dicendo "Gesù, ricordati di me", il malfattore si mette vicino a Dio come uomo e come fratello. La risposta di Gesù tiene conto di questa relazione: "oggi sarai con me".

"Salva te stesso": per tre volte nel vangelo di oggi; si fa appello all'istinto più forte, la sopravvivenza. In Gesù, però, più forte è l'istinto del dono: "chi perderà la propria vita la salverà". Non salva se stesso, ma un altro, e in quell'uno salva tutta l'umanità: "oggi sarai con me in paradiso".

La regalità di Cristo è vera proprio nella debolezza perché capace di annullare l'abisso tra il peccato dell'uomo e la santità di Dio: "oggi sarai con me in paradiso". Gesù è Re, nessuno è più importante. Il suo regno è già presente e ne facciamo parte, chiunque noi siamo.

La crocifissione, il grande spettacolo sul calvario, dinanzi al popolo che guarda e ai capi che deridono. Noi, oggi, contempliamo silenziosi, con tensione acuta perché, pur sempre nella blasfema irrisione dei capi, la questione in gioco è decisiva perché riguarda il tema della salvezza già operata: Gesù ha "salvato" altri, tutti quelli che ha incontrato, evangelizzato, curato. Persino sulle labbra degli avversari, tutto questo è stato "salvare".

Gesù è l'Eletto; un titolo inedito fatto proprio dai capi, ma già udito nella Trasfigurazione, nella voce che si usciva dalla nube (riferito al canto del Servo di Isaia: "Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto, di cui mi compiaccio"). I soldati sbeffeggiano, eppure gli si "avvicinano" per offrirgli l'aceto: avversione e attrazione irresistibile.

Il cartiglio, la scritta "sopra di lui", autentica professione di fede e indicazione di regalità: "Quest'uomo è il re dei Giudei". Nell'umiliazione già si manifesta la gloria del Signore. Lo aveva chiesto sulla montagna ("Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori"); oggi lo fa lui stesso, mostrandone l'effetto, anzi la causa: "perché siate/siete figli del Padre vostro celeste". Gesù è re perché salva perdonando tutti.

Il "Malfattore pentito", dipinto dal Tiziano, fotografa il dialogo tra Gesù e uno dei due criminali. In primo piano è il capo luminoso del Cristo morente, in agonia, con una palpabile caligine bruno-dorata che domina lo sfondo. La crocifissione è brutale al punto che Cicerone invitava a starne lontani "Non solo dagli occhi ma anche dalle orecchie di un cittadino romano". Non se ne doveva nemmeno parlare.

Gesù è inchiodato mentre il ladrone è legato con le funi. Il Signore muore nella sofferenza atroce della solitudine e dell'abbandono dei discepoli e del suo popolo; sperimenta persino quella da Dio. Eppure Tiziano dipinge un corpo di Gesù illuminato, col capo reclinato grondante sangue e circondato dall'aureola. Il tema della morte nella fede e nella speranza del ladrone consapevole della propria corresponsabilità.

J. L. Borges, non credente, ha scritto una poesia, "Cristo in croce": "Cristo non sta nel mezzo, è il terzo…. È un volto duro, ebreo. Non lo vedo e insisterò a cercarlo fino al giorno dei miei ultimi passi sulla terra". È l'esperienza del ladrone in tre parole: "Ricordati di me". In Austria, davanti a un crocefisso di campagna, una frase: "Io non ti capisco ma mi affido a te".

Attorno alla croce ci sono molte persone: malfattori, popolo, capi, soldati… sono Gentili e Giudei. In realtà c'è tutta l'umanità, fin dal primo uomo. Golgota, vuol dire cranio. E lì – si pensa – sia stato sepolto Adamo, il primo uomo ad aver perso il paradiso.

Una vecchietta serena, sul letto d'ospedale, parlava con il parroco che era venuto a visitarla. "Il Signore mi ha donato una vita bellissima. Sono pronta a partire". "Lo so" rispose il parroco. "C'è una cosa che desidero. Quando mi seppelliranno voglio avere un cucchiaino in mano". "Un cucchiaino?" esclamò il parroco autenticamente sorpreso. "Perché vuoi essere sepolta con un cucchiaino in mano?". "Mi è sempre piaciuto partecipare ai pranzi e alle cene delle feste in parrocchia. Quando arrivavo vicino al mio posto guardavo subito se c'era il cucchiaino vicino al piatto. Sa che cosa voleva dire? Che alla fine sarebbero arrivati il dolce o il gelato". "E allora?". "Significava che il meglio arrivava alla fine. E' proprio questo che voglio dire al mio funerale. Quando passeranno davanti alla mia bara si chiederanno: perché quel cucchiaino? Voglio che lei risponda che io ho il cucchiaino perché sta arrivando il meglio".

Mons Angelo Sceppacerca23 novembre 2025
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