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Iniquità fiscale

Iniquità fiscale Di una cosa siamo certi: il sistema fiscale italiano non segue i criteri dettati dall'art. 53 della Costituzione, altrimenti dovrebbe accertare che "tutti" contribuiscano alle spese pubbliche in base alle proprie capacità contributive e lo facciano secondo criteri di progressività reddituale.

Sono anni che classi dirigenti di diversa estrazione politica si riempiono la bocca di lotta all'evasione ed all'elusione fiscale, ma in merito il recupero contributivo dello Stato è davvero poco apprezzabile.

Non è difficile limitare l'uso del contante e spostare sul territorio, creando nuovi posti di lavoro, gli accertamenti sui redditi in nero.

Sulla progressività della tassazione il discorso è ancora più grave, perché i poveri, già penalizzati dall'iniqua distribuzione della ricchezza, lo sono doppiamente da un'imposizione fiscale che certo non danneggia né i ricchi, né gli speculatori finanziari, bensì quelli più facili da raggiungere ovvero i lavoratori dipendenti ed i proprietari di abitazioni.

A fronte di un'aliquota media sul lavoro che ormai ruota intorno al 30% siamo ad una tassazione di appena il 20% sulle rendite finanziarie ed addirittura al 12,50% sugli interessi dei titoli di Stato.
L'imposizione fiscale sulla casa poi sta diventando qualcosa di assolutamente insostenibile.

La tassazione di una seconda casa è comprensibile, così come se ne dovrebbe prevedere una anche per la prima quando questa è su valori catastali che vanno oltre quelli di un'edilizia popolare.
Lasciano francamente perplessi le voci di riorganizzazione di tali tributi e degli altri relativi ai servizi comunali.

Lo Stato, per venire incontro alle necessità finanziarie dei Comuni, come è già stato per la TARES relativa al 2013, sembra intenzionato a lasciare alle amministrazioni locali la possibilità di variare in aumento le percentuali di tali imposte.
Si verifica allora che in Comuni distanti appena pochi chilometri l'imposizione fiscale abbia differenze enormi.

Per la Tares del 2013 ad esempio ci sono Comuni, come quello in cui viviamo, che per le abitazioni di emigrati tenute a disposizione per il rientro estivo in paese non solo hanno previsto tariffe variabili e fisse elevatissime, ma hanno presunto quattro componenti per i rifiuti solidi urbani in abitazioni chiuse per undici mesi all'annoper le quali tra l'altro si può chiedere solo il blocco consumi per il metano, ma non per l'energia elettrica, il telefono e l'acqua.

È mai pensabile che una famiglia che vive a Roma, Milano, Montreal o New Jork debba pagare contemporaneamente per tali servizi nelle città dove vive e nell'abitazione tenuta a disposizione nel piccolo paese di origine del Molise dove torna nelle brevi vacanze ridotte ormai a poche settimane estive?

Oltretutto i servizi che i cittadini hanno in cambio di una tassazione così elevata sono davvero pessimi, non avendo una raccolta differenziata dei rifiuti, una viabilità decente, sistemi di trasporto razionale, scuole efficienti e reti di comunicazione veloci.
Sinceramente una tale realtà è ingiusta, penalizzante ed incomprensibile.

Cosa succederà allora per l'anno appena iniziato?
Il tempo per riflettere da parte del governo e degli enti locali c'è.

È francamente auspicabile che, come appunto prevede la Costituzione Italiana nell'articolo sopra citato, si facciano anzitutto accertamenti seri sull'evasione e si riducano le tasse sulle famiglie con redditi medi e bassi, elevandole su quelle che già sono privilegiate da redditi esorbitanti in ragione di non sappiamo quali meriti o mansioni.

Nella situazione di crisi e di disoccupazione allarmante c'è da prendere seriamente in considerazione l'idea che taluni nuclei familiari non potranno più sostenere un'imposizione fiscale così pesante ed iniqua.

Chi di dovere rifletta, si confronti con i cittadini e trovi soluzioni adeguate in merito.Umberto BerardoTrivento, 14 gennaio 2014

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