I festeggiamenti dei Santi Nostri Gloriosi Patroni, quest'anno, sono ridotti al minimo, a causa della pandemia del Covid-19.
Pertanto sono annullate tutte le manifestazioni civili e religiose esterne, onde evitare un nuovo espandersi della pandemia: non ci saranno quindi né processione, né luminarie, né bande, né fuochi pirotecnici, né esibizioni canore…
Queste, invece, le manifestazioni religiose che si svolgono tutte in Cattedrale e i fedeli che vi partecipano devono igienizzarsi all'ingresso e indossare la mascherina, nel rispetto delle normative governative di sicurezza Anti-Covid.
"... La nostra diletta Diocesi vanta come suo primo Vescovo San Casto, vissuto, secondo una veneranda tradizione, sul finire del secolo III e venera come principali patroni i santi Nazzario e Celso, le cui insigni reliquie furono a noi donate da S. Ambrogio che le affidò al presbitero Ferdinando perché le portasse qui a Trivento, dove sono conservate con somma venerazione.
In seguito i nostri antenati scelsero come terzo patrono il papa San Vittore.
Ma chi sono i nostri Santi Patroni?
Secondo un'ininterrotta tradizione sappiamo che Nazzario, da giovanetto, conobbe l'Apostolo Pietro e da lui imparò ad amare Gesù Cristo e ne fu letteralmente affascinato tanto che, seguendo l'esempio degli Apostoli, cominciò a percorrere le vie del mondo per annunciare Cristo crocefisso per nostro amore e risorto per renderci figli di Dio, unica sorgente di salvezza per l'umanità. Decisione eroica: sapeva bene che doveva affrontare difficoltà, persecuzioni, incomprensioni d'ogni tipo, esporsi continuamente al martirio perché a quei tempi era legge dell'Impero di Roma: "Christianos esse non licet"(non è lecito essere cristiani). Praticare e tanto più predicare il vangelo era ritenuto delitto di lesa maestà. Ricolmo dell'amore di Cristo, convinto che il Vangelo è l'unica fonte della gioia e della speranza, non si lasciò intimidire, e con l'apostolo Paolo poteva ripetere: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono persuaso, infatti, che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potrà separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore". (Rom. 8,35. 37-39).
Grande era l'entusiasmo con cui annunciava il Vangelo, travolgente era la forza della sua testimonianza. Non ci fa meraviglia che molti aderivano alla professione di fede, nonostante il pericolo di subire un cruento martirio. La liturgia ambrosiana esalta Nazzario con i gloriosi titoli di "martire e coapostolo".
Fra i suoi discepoli si distinse il giovanetto Celsoil quale si sentì totalmente attratto dallo stesso ideale di annunciare e testimoniare il Vangelo da diventare collaboratore fedele nella vita, nella predicazione e nel martirio glorioso.
"Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra Fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è figlio di Dio?" E' per questa fede, operante nella carità, che i due eroici testimoni del Vangelo divennero catechisti itineranti di città in città, di villaggio in villaggio.
Vittore, l'intrepido Pontefice d'origine africana, tredicesimo successore di Pietro nella sede di Roma, negli anni 186/197 fu il vigile custode della dottrina e della prassi liturgica, minacciata da eretici e anche da Vescovi riottosi. Fu lui a decidere che la Pasqua fosse celebrata di domenica, il giorno della risurrezione, e non il 14 di Nisan, anniversario della crocifissione del Signore, com'era praticato in alcune Chiese dell'Oriente...".