Commento al VangeloDomenica 28 Febbraio - Seconda Domenica di QuaresimaLiturgia: Gen 15, 5-12.17-18; Sal 26; Fil 3, 17-4, 1; Lc 9, 28b-36Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.C’è sempre luce nella Parola. Oggi è particolarmente forte, al punto che la Chiesa d’Oriente sceglie questa come l’immagine perfetta della liturgia, l’icona splendida della gloria di Dio.Il significato è semplice, ma profondissimo: il Messia-Salvatore è Gesù. Attorno a questo centro ci sono gli elementi che lo compongono: gli otto giorni, i tre discepoli testimoni, il monte, la preghiera, la veste raggiante, Mosè ed Elia. Pietro Giacomo e Giovanni sono importanti perché riconobbero in Gesù la realizzazione di tutte le attese dell'A.T. Il monte è il posto della manifestazione di Dio, come lo fu per Mosè ed Elia. Gesù, in preghiera, viene investito da una luce sfolgorante, segno evidente della gloria di Dio su colui che gli è unito in modo unico. Mosè ed Elia sono i grandi uomini di Dio. I discepoli, anche stavolta, sembrano non essere all'altezza della situazione, non comprendono il maestro (sarà così fino alla risurrezione e a pentecoste). La proposta di Pietro, di fare tre tende, è talmente fuori luogo che Luca quasi lo scusa dicendo che “non sapeva quello che diceva”. Noi sappiamo che, nella sua, c’è tutta la nostra tentazione di fermarci. Colpisce la solitudine di Gesù. Viene subito in mente quella nell’orto degli ulivi. Essere prediletti non scampa dal sacrificio.Gesù inizia il cammino verso Gerusalemme. Chi è con lui lo deve seguire e non fermarsi alla contemplazione della gloria. E’ la stessa voce del Padre, nella nube, a dire chi è Gesù e cosa attende i discepoli. Da questo momento ciò che conta è ascoltare la Parola di Gesù.Torniamo a quelle vesti di Gesù diventate così chiare da abbagliare. La luce del corpo passa anche alle vesti che divengono “gloriose” come il corpo di Gesù. Anche la Chiesa, nella sua liturgia, vuole essere come la veste del corpo di Gesù, partecipe della sua gloria. Quadri celebri raffigurano la trasfigurazione. Raffaello, Piero della Francesca, Beato Angelico… Ci sono tutti le componenti e i motivi che attirano il genio e il talento: c’è bagliore e tenebra, voce e silenzio, chiarore e angoscia, affanno e sollievo. Nella trasfigurazione c’è tutto il cammino fino a Gerusalemme, tutta l’avventura della vita seguendo Gesù, come suoi discepoli convinti perché, prima, testimoni di quella luce.Angelo SceppacercaMons Angelo Sceppacerca28 febbraio 2010