Domenica 16 Gennaio | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 16 Gennaio

Liturgia: Is 49, 3.5-6; Sal 39; 1Cor 1, 1-3; Gv 1, 29-34Domenica 16 Gennaio Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

C’è l’eco del battesimo al Giordano nel vangelo di oggi. Giovanni vede Gesù e lo addita come l’agnello che toglie il peccato del mondo. Dopo la vertigine teologica e poetica del Prologo (“In principio era il Verbo”) segue la prosa della storia e la testimonianza di chi ha visto, con i propri occhi, scendere e rimanere su quell’uomo lo Spirito di Dio. Veramente, allora, Gesù è il Messia-Salvatore del mondo perché ne cancella il peccato.

La testimonianza di Giovanni è valida e certa perché viene dall’esperienza di “aver visto”. Come lo è la testimonianza che Gesù darà di sé a Nicodemo circa il rapporto col Padre che ha visto e continua a vedere. E’ Gesù l’unico testimone delle realtà divine, perché egli solo vede Dio. Il dito di Giovanni indica Gesù, l’agnello vittima ed esaltato sulla croce. Ma cos’è il peccato del mondo? Tutte le colpe dell’umanità, a iniziare dall’incredulità che rifiuta della luce. Per questo il peccato è tenebra.

Se Giovanni ha visto Gesù e perciò ne è stato testimone, questo vale anche per noi. In tempo di crisi delle ideologie e di sfiducia nelle dottrine, il fascino della santità vissuta rimane intatto. A conclusione del grande Giubileo, Giovanni Paolo II affermava: “Gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di Cristo, ma in un certo senso di farlo loro vedere”.

Perché essere cristiani? Per la grande consolazione che ci arriva se riconosciamo la verità dei nostri peccati: il perdono delle infedeltà, la guarigione delle debolezze e dell’incredulità, la pace col Padre. Anche noi “sentiremo” lo Spirito e faremo l’esperienza descritta nella Gaudium et spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di più genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. E’ forte la sensazione che queste parole del Concilio si ispirino a quel giorno, sulle rive del Giordano. Certamente vengono dallo stesso Spirito.

Per togliere i peccati, il popolo ebreo aveva bisogno di un tempio e di un agnello. Quando ci fu la Pasqua definitiva, celebrata da Gesù, egli non ebbe né tempio, né agnello. Fu lui stesso il vero agnello e il tempio vivo nel quale Dio abita e si fa incontrare.Mons Angelo Sceppacerca16 gennaio 2011
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