8 Maggio - Terza Domenica di Pasqua | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

8 Maggio - Terza Domenica di Pasqua

Liturgia: At 2, 14a.22-23; Sal 15; 1Pt 1, 17-21; Lc 24, 13-358 Maggio - Terza Domenica di Pasqua Mosè l’aveva posto come condizione: “Se il tuo volto non camminerà con noi, non farci salire di qui” e Dio lo aveva promesso: “Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo”. A Èmmaus il Signore cammina con i discepoli, ma anche qui, come tante volte durante l’Esodo, i due discepoli non lo riconoscono; si stanno allontanando da Gerusalemme perché quello che speravano ora sembra loro illusione; alla fine torneranno indietro, verso Gerusalemme, dopo l’incontro con il Signore del Vangelo, il Risorto finalmente riconosciuto. E’ questo riconoscimento che cambia la direzione del viaggio, il senso della vita. Sono due gli elementi decisivi per questa illuminazione: le Scritture e il Cristo che ce le ricorda attraverso la sua stessa persona. Non cambia solo la conoscenza, ma il rapporto. All’inizio sembrava un forestiero disinformato, alla fine i due discepoli non possono fare a meno della sua presenza. Da Gerusalemme a Èmmaus è un cammino di persone che hanno smesso di sperare (speravamo), tristi. Quando lui si affianca, la tristezza si scioglie, la luce scaccia il buio, la vita ritrova senso, i dolori sono doglie di parto, la vita vince.

La svolta avviene “nello spezzare il pane”, un modo nuovo e colmo della sua presenza in loro, nei loro cuori, molto più che attraverso gli occhi e gli orecchi. I discepoli hanno chiesto al viandante che li accompagnava di rimanere con loro e nello spezzare il Pane riconoscono il Signore in mezzo a loro. L’Eucaristia è il vero modo di “rimanere” di Gesù in noi e di noi in lui.

La risurrezione va creduta e raccontata. Nessuno era presente nel momento in cui Cristo usciva dal sepolcro. Il fatto della Risurrezione di Gesù è stato annunciato e trasmesso da amici. Le donne lo hanno saputo dall’Angelo e i discepoli dalle donne; poi il Risorto lo hanno visto i due di Èmmaus, infine gli undici nel cenacolo e un gran numero di discepoli. Noi stessi lo abbiamo saputo da altri cristiani. E auguriamoci che altri l’abbiano saputa da noi, con le parole e ancor più con la testimonianza di una vita risorta, piena di senso.

Quelli della via. Così erano chiamati i discepoli, prima di esser detti cristiani. Gente che cammina, che segue una strada, come Israele nel deserto. I cristiani andranno pure nel deserto, ma non senza una guida, essi vanno dietro il Signore; il camminare del Vangelo non è un vagare, vagabondare. Spesso il cammino è come quello dei discepoli di Èmmaus: prima col volto triste, ma poi rifatto pieni di gioia.

Èmmaus è l’esemplare del dialogo della verità. Verso Èmmaus camminano due persone che, nonostante la delusione, hanno ancora il coraggio di stare insieme. La loro interrogazione è sulla morte: lo hanno crocifisso, è finita e loro ci speravano tanto! Non hanno elementi per superare la tristezza; avevano creduto, sperato, ma ora sono disperati. Ecco però un terzo che si affianca al loro cammino, commenta la Parola e li invita al banchetto. Questo terzo è la verità, il vero interprete (ermeneuta) che apparecchia la cena, dando se stesso in cibo. I due torneranno gioiosi nella comunità-chiesa. Il loro dialogo – dia-logos – è stato il luogo nel quale il Logos ha parlato. I discepoli di Èmmaus hanno vissuto un'esperienza di verità e questa verità è coincisa con l’amore di avere Gesù in mezzo a loro. Questa sarà la loro testimonianza.Mons Angelo Sceppacerca8 maggio 2011
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