Domenica 7 Dicembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 7 Dicembre

Liturgia: Is 40, 1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3, 8-14; Mc 1, 1-8Domenica 7 Dicembre Marco ha chiamato “vangelo (buona notizia)” il suo libro su Gesù. La buona notizia è Gesù e morire per il vangelo è farlo per Lui, è fare sapere la “buona notizia” a tutte le patrie. Avendo chiamato “vangelo” il suo libro, Marco dichiara che non si tratta di un resoconto, ma dell’annuncio del Cristo risorto. La buona notizia rende nuovamente presente Gesù, Messia e Figlio di Dio, nelle varie vicende della sua vita in mezzo a noi fino alla sua risurrezione.

L’inizio del vangelo è umile; poi ci sarà uno sviluppo, ma solo alla fine si mostrerà nella sua completezza: è la strada del seme che diventa albero. Viene in mente l’inizio della Bibbia (“In principio Dio creò il cielo e la terra”) e del vangelo di Giovanni (“In principio era il Verbo”); anche Matteo parte dalla genealogia di Gesù. Anche per chi si accosta al vangelo con atteggiamento di fede, è un nuovo inizio della propria vita.

Che significa che Gesù è il Figlio di Dio? Per rispondere a questa domanda Marco racconta la vicenda di Gesù e risponde che lo è non nella linea della gloria e della potenza ma in quella della povertà e della sofferenza. Gesù si mostra Figlio di Dio sulla Croce. Anche il suo battesimo è nella linea del Servo di Dio e la Trasfigurazione - dopo l'annuncio della Passione - rivela che la croce contiene la risurrezione. E’ di fronte a Gesù crocifisso che il Centurione pagano si converte, vedendolo morire.

Giovanni Battista, il messaggero che va avanti, è il precursore. Quello che è venuto prima. Prima nell’esperienza di molti discepoli del Signore, prima nel tempo del ministero, prima nel piano della storia della salvezza, prima concepito e venuto alla luce, sei mesi prima di Gesù. Così siamo anche noi, cristiani, primizie della creazione nuova, pionieri di un mondo nuovo, annunciatori di qualcuno che deve ancora venire nella gloria. Anche noi, Giovanni Battista della storia di oggi.

Il legame tra Gesù e Giovanni è indissolubile. Senza Gesù non ci sarebbe Giovanni, senza Giovanni non ci sarebbe stato Gesù. Possiamo esistere senza il Signore Gesù? Senza la sua presenza, senza la sua persona? Può un uomo vivere senza Dio? E può definirsi senza far riferimento a Dio? È qui tutta la dimensione umana dell’annuncio cristiano: senza il Dio di Gesù Cristo non sappiamo dire che cosa è l’uomo, qual è la sua vocazione, ciò che davvero lo abita.

Giovanni è esigente. La giustizia non è un optional della vita, esige lavori: spianare, colmare, costruire strade, fare. La giustizia si fa. È la conversione che porta frutto. È l’attesa di Dio che si concretizza. Che dobbiamo fare? Condivisione, legalità e non violenza. Un volto, quello di Giovanni, scavato dalla vita rude, dall’ascesi radicale ed estrema. Tratti di chi cerca, di chi aspetta, di chi sa che sta per giungere la speranza di Israele. Più affascinante di Siddharta la sua ricerca, più nuda di quella di Diogene. Una ricerca compiuta e mai finita, pronta all’imprevisto di Dio.Mons Angelo Sceppacerca7 dicembre 2014
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