Domenica 22 Febbraio | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 22 Febbraio

Liturgia: Gen 9, 8-15; Sal 24; 1Pt 3, 18-22; Mc 1, 12-15Domenica 22 Febbraio In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

L’inizio della quaresima ha un forte richiamo al battesimo, non solo quello del Signore al Giordano appena descritto da Marco al verso precedente, ma anche il nostro, perché ci riporta alle origini della fede e della scelta di Dio, pur nelle condizioni più difficili della tentazione e della prova. C’è il deserto, che è solitudine e smarrimento, ma il servizio degli angeli è continuo nel senso che la consolazione ci accompagna anche nella sofferenza. Colpisce il silenzio di Gesù, segno di grande accoglienza e di affidamento al Padre e allo Spirito.

Lo Spirito “sospinge” Gesù nel deserto; è una sorta di espulsione; è un’esperienza forte: viene espulso, viene tentato, viene servito, ma non compie azioni; semplicemente “rimase” (nel deserto) stando con gli animali del deserto, una sorta di esilio, una condizione di prova, di tentazione, di esposizione al rischio. Quaranta giorni sta per un lungo periodo; simbolicamente è come tutta una vita – la nostra – sottoposta a tentazione e prova, pur sempre circondata dal servizio degli angeli che anticipa il giardino promesso.

Quaresima è il tempo attuale; l’oggi segnato dalla vicinanza del regno di Dio a ciascuno di noi, e di ognuno aperto all'accoglienza di questo dono. La parola più forte e carica di significato che Gesù pronuncia oggi nel vangelo è questa: il regno di Dio è vicino. Che significa: la signoria di Dio è presente nella persona e nell’opera di Gesù Cristo ed è vicina perché è iniziata e cresce in mezzo agli uomini con la presenza di Gesù. La fede è avvicinarsi a questa presenza, è farsi raggiungere dallo Spirito perché ci si sente lontani, orfani di Dio. Così un poeta: “... accade quando ti senti un orfano di Dio / e non pensi allo Spirito che, sorto, fa impennare il tuo pianto”.

La prima lettera di Pietro mostra come l’esempio di Gesù renda preziose le sofferenze e le violenze patite dai cristiani; non sono inutili, ma rendono capaci i discepoli del Signore di compiere la volontà del Padre. Lui l’ha portata a termine sulla croce, la vera arca di Noé.Mons Angelo Sceppacerca22 febbraio 2015
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