Commento al VangeloDomenica 11 OttobreLiturgia: Sap 7, 7-11; Sal 89; Eb 4, 12-13; Mc 10, 17-27 In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Più della domanda colpisce il gesto: un tale corre incontro a Gesù e gli si butta in ginocchio davanti. E’ un uomo che cerca una svolta credibile alla propria vita, qualcosa di nuovo che la completi: “per avere la vita eterna”. Gesù lo riporta a terra, alla vita fedele ai comandamenti, all’adorabile quotidianità del momento presente. Era stato chiamato “Maestro buono”. Gesù sembra contestare il titolo e lo riconduce a Dio solo, in qualche modo nascondendosi dentro la propria assoluta fedeltà e unità con Dio Padre.All’uomo, che vuol fare un passo in più, Gesù riserva uno sguardo singolare: “lo amò” al punto da proporgli l’ultimo valico dell'amore totale che è libertà assoluta da tutto e sequela appassionata del Maestro. All’amore si ribatte con l’amore; è il primato di Dio a convincere che le cose sono seconde. Invece del passo avanti, l’uomo si ferma. Invece della felicità singolare, si fa triste e si scosta, tornando indietro; perché “possedeva molti beni”. Le sue agiatezze contavano più della scelta di trovare in Gesù ogni bene.Gesù ha un nuovo “sguardo intorno” che si posa su quelli che sono suoi, i discepoli, persuadendoli su quanto sia difficile la condizione di ognuno davanti alla scelta dell’amore esigente. E’ tutta l’umanità (il cammello) davanti alla prova della porta stretta quanto la cruna di un ago. Allo stupore incredulo dei discepoli e alla loro rassegnata incapacità, si rivolge un terzo sguardo del Signore con l’offerta della potenza compassionevole di Dio, dinanzi alla quale tutto si apre e rende accessibile la salvezza; non per merito delle nostre imprese, ma per l’opera invincibile del suo amore.Gesù sta andando verso Gerusalemme, verso la croce e la resurrezione gloriosa, in obbedienza al Padre “buono”. Nel gesto, nelle parole e nella tristezza di un uomo maturo che aveva osservato i comandamenti fin dalla giovinezza, sembra raccontata la storia di Israele, amato da Dio. E’ l’Israele fedele a cui manca solo il transito alla legge del Vangelo, pienezza dello Spirito, scelta di Dio e sequela di Gesù, per ritrovare un tesoro capace di durare in cielo.Mons Angelo Sceppacerca11 ottobre 2015