Domenica 4 giugno - Pentecoste | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 4 giugno - Pentecoste

Liturgia: At 2, 1-11; Sal 103; 1Cor 12, 3-7.12-13; Gv 20, 19-23Domenica 4 giugno - PentecosteLa sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Molte sono le manifestazioni dello Spirito: un soffio potente, una presenza nuova, una fiamma che brucia e infonde coraggio. La tradizione spirituale ha distinto sette doni dello Spirito, nessuno frutto dell’opera umana, perché tutti fondati sulle virtù teologali della fede, della speranza e della carità. I sette doni – sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio – sono i frutti dell’amore e conferiscono una sorta di istinto per le cose divine. Rappresentano l’ingresso nella vita mistica, nella vita dell’anima unita a Dio.
La sapienza fa gustare e vedere quanto è buono il Signore. L’intelletto dà il senso delle realtà della fede, ce ne dà una sicurezza amorosa e ce ne fa percepire la bellezza. Il consiglio è l’amore che ci rende attenti a capire come comportarci per essere figli di Dio. La fortezza è la sopportazione e la fermezza calma nelle prove; è la mitezza dell’Agnello immolato e vincitore. La scienza dona l’istintiva capacità di distinguere il bene e il male, percependo la nostra piccolezza e che tutto è nelle mani di Dio. La pietà ci dice fino a che punto Dio è nostro Padre e va amato al di sopra di tutto. Il timore di Dio è la percezione della nostra piccolezza dinanzi alla sua maestà e ci rende docili spingendoci nelle sue braccia: è lo spirito di infanzia di santa Teresa di Gesù Bambino.
Ma il frutto dello Spirito è anche amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Il frutto dello Spirito ha la pienezza saporita e feconda di una vita che ha raggiunto la propria maturità dinanzi a Dio e agli uomini.
Il tempo di Pasqua è lungo, dice la liturgia, fino a Pentecoste. La vita e la storia ci dicono che il tempo di pasqua dura finché c’è ancora chi vive nel timore, nella fame, nella violenza, nella guerra. Insomma, nella paura della morte. Per vincerla, ci vuole lo Spirito Santo, la forza di Dio, la sola capace di toccare e cambiare le menti e il cuore degli uomini.
La carità, che è l’altro nome dello Spirito, cammina come i cerchi concentrici in un lago. Gli spazi preferiti dalla carità sono le frontiere: quella del cuore dell’uomo e quella degli estremi confini della terra. La carità si decide, infatti, nel segreto del cuore, ma raggiunge tutti gli uomini e i popoli della terra. Chiede di aprire la vita a popoli e culture lontane, ma inizia a fiorire quando apriamo la porta della nostra casa a tutti quelli che si affacciano sempre nuovi alla nostra vita.

Oggi, come al tempo di Gesù, avvertiamo il bisogno di confessare i nostri peccati? Ne sentiamo vergogna? La consapevolezza dei propri peccati è la prima esperienza dell’incontro con Dio. Lo diceva già san Agostino: “Chi confessa i suoi peccati e se ne accusa, è già d’accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati, e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio”. La remissione dei peccati è l’opera più grande che compie la Chiesa, su mandato di Cristo. Veri profeti, come don Milani e don Mazzolari, che pure avevano provato la ruvidezza di un rapporto gerarchico non proprio paterno, alla domanda di chi si chiedeva come mai non avessero lasciato la Chiesa, rispondevano: non potremmo mai, abbiamo bisogno di chi ci perdona i peccati. Agostino, addirittura, rovescerà le posizioni per affermare, deciso: “Dov’è la remissione dei peccati, là è la Chiesa”. Pascal con finezza descrive il dialogo con Dio: “Se tu conoscessi i tuoi peccati, ti perderesti d’animo. – Allora mi perderò d’animo, Signore, se me li rivelerai. – No, tu non ti dispererai, perché tu li conoscerai nel momento stesso in cui ti saranno perdonati”.Mons Angelo Sceppacerca4 giugno 2017
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