Commento al VangeloDomenica 11 giugno - TrinitàLiturgia: Es 34, 4-6.8-9; Dn 3, 52-56; 2Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».Ci sono le feste in onore dei Santi, quelle della Madonna, quelle che celebrano i misteri della vita di Gesù. Oggi è la festa di Dio, la celebrazione gioiosa del mistero della Santissima Trinità, il Dio cristiano, “il più grande di tutti i misteri, la fonte ed il fondamento degli altri”, secondo l’espressione di papa Leone XIII, che aggiunge: “è per conoscere e contemplare questo mistero che gli angeli sono stati creati nel cielo, e gli uomini sulla terra”.La domanda di Mosè al popolo smarrito nel deserto – vi è mai stata cosa più grande di questa: che un popolo abbia udito la voce di Dio? – è l’intuizione credente che l’inimmaginabile è divenuto disponibile e l’inaudito sperimentato. In Gesù, poi, la voce, la Parola di Dio, si è fatta visibile, carne dell’uomo.Il mistero abissale e indicibile di Dio – i Tre che sono Uno! – non solo si è svelato e reso vicino nella persona e nella vita di Gesù, ma dice che anche la vita degli uomini è modellata sulla vita di Dio. Significa che la somiglianza dell’uomo con Dio è connessa – legata! – alle relazioni interpersonali, all’amore tra le persone umane: la sola analogia possibile con le relazioni tra le Persone divine della Santissima Trinità.Teresa, l’adolescente entrata nel Carmelo di Lisieux a 15 anni e morta a 24, la più giovane “dottore della Chiesa”, scoprì nella sua breve vita la partecipazione alle relazioni trinitarie proprio nel rapporto con le altre sorelle: reciprocità e gratuità, abbassamento (piccolezza) e carità. La piccola Teresa scoprì, proprio nell’amore all’altro, la chiave per aprire il mistero di Dio che è Padre, Figlio e Spirito.Se un filosofo è arrivato a dire che “l’altro è l’inferno”, il cristiano sa che l’altro è il suo Cielo.Il mistero della Trinità è vetta altissima per la nostra intelligenza. E i pochi versi del vangelo di oggi non possono contenere il tutto. Può aiutare tornare indietro di qualche verso e scoprire che le parole ascoltate oggi fanno parte di un colloquio fra Gesù e Nicodemo. Quest’ultimo, fariseo, capo dei giudei, uomo giusto e saggio, si reca da Gesù, di notte. Un colloquio notturno a simboleggiare la notte protesa verso il giorno, il dubbio che cerca la luce della verità. Gesù, in risposta, indica il segno della croce dove la notte si fa giorno, il dolore manifesta l’amore, la maledizione si tramuta in salvezza.Sulla croce si sale e dalla croce si scende; in qualche modo essa è il luogo dove si congiunge la nostra infinita tensione a voler scalare il cielo all’infinita umiltà di Dio che scende fino al nostro niente per solo amore. Di croce si muore e dalla croce si riceve la vita: è il mistero che riesce a sciogliere il nodo ultimo dell’esistenza: perché il dolore? Perché la morte?Di queste cose parlavano Gesù e Nicodemo, di notte.Mons Angelo Sceppacerca11 giugno 2017