Domenica 16 luglio | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 16 luglio

Liturgia: Is 55, 10-11; Sal 64; Rm 8, 18-23; Mt 13, 1-23Domenica 16 luglioQuel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Il seminatore che esce a seminare racconta l’uscita del Figlio dal seno del Padre. Lui esce perché vuole portare tutti alla stessa condizione familiare: figli nel Figlio dell’unico Padre. Per questo la sua parola è il seme sepolto nella terra.

Il seme cade a terra. Si lascia andare, si espone alla volontà degli uomini, all’ostilità di ogni terreno; non ha protezione. La terra lo disfa, quasi lo distrugge. E così il seme rinasce, fruttifica; più affonda più riesplode, riempendo la spiga di cento nuovi semi. L’agricoltore è mestiere all’aria aperta. Come quello del pescatore: siccome Gesù è sulla riva del lago, terminerà con un grande pesca. La semina, come la pesca, è un'avventura a due. Anche la creazione è l’avventura di un incontro tra Dio e l’uomo.

Il titolo lo dà Gesù: “la parabola del seminatore” che inizia col comando “Ascoltate!” L’ascolto fa entrare nella beatitudine, nel profondo, perché rende fertile il cuore di chi lo pratica. Tutto è in rapporto alla Parola. Il seme che porta frutto è quello di chi ascolta la Parola.

Il gesto del seminatore è largo, generoso; un abbraccio dell’orizzonte. Anche la semina è abbondante, pare uno spreco. Il Figlio che esce dalla casa del Padre sparge la parola, se stesso, senza guardare a come siamo. Così erano i terreni e il modo abituale di seminare nella Palestina dei tempi di Gesù. La strada era un tratturo, strada di campagna; le spine si toglievano dopo e i campi erano sassosi. Povero il terreno e povero il seminatore. Da questa povertà viene però l’abbondanza della storia di Dio in mezzo agli uomini.

Si inizia con un cenno al mare di Galilea, il luogo della chiamata dei primi discepoli; si prosegue con la parabola del seme sparso a larghe mani: è la grande folla di ogni giorno, chiamata ad essere discepola. All’inizio la folla è sempre una moltitudine indistinta di persone, dinanzi alla quale si staglia il bellissimo contrasto del solo Gesù dinanzi all’umanità. Lui rivolto a ciascuno e a tutti. Un vero incontro, come quello fra il seme e la terra.Mons Angelo Sceppacerca16 luglio 2017
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