Commento al VangeloDomenica 6 agosto - Trasfigurazione del SignoreLiturgia: DN 7, 9-10.13-14; SAL 96; 2PT 1, 16-19; MT 17, 1-9In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: “Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli stava ancora parlando quando una nube luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”. All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: “Alzatevi e non temete”. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.La festa del 6 agosto, originariamente celebrata in Oriente, fu estesa a tutta la Chiesa da Papa Callisto III a ricordo della liberazione di Belgrado (1456).In tutto il Vangelo la voce del Padre si ode solo due volte: dopo il Battesimo di Gesù nelle acque del Giordano e nella trasfigurazione sul Tabor. In entrambi i casi il Padre proclama che Gesù è il Figlio prediletto e noi dobbiamo ascoltarlo. Se il Padre ha detto solo questo, significa che in questo c’è tutto perché il Figlio è la Parola che svela pienamente chi è Dio e se noi l’ascoltiamo diveniamo, come Lui, figli. La trasfigurazione mostra in anticipo ciò che anche noi saremo grazie alla passione, morte e resurrezione di Gesù.Il Beato Angelico, un artista santo, ha lasciato delle bellissime immagini sulle pareti del Convento di S. Marco in Firenze. Fra queste, la “Trasfigurazione”. Cristo, di proporzioni molto più grandi rispetto alle altre figure, apre le braccia come sulla croce, alto sopra un monticello roccioso simile al calvario, abbagliante di luce nelle sue vesti candide. Il volto è intenso e assorto; lo sguardo non fissa le persone presenti; è rivolto al futuro, alla passione e alla risurrezione. Intorno a lui Mosè ed Elia e i tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni. La Vergine Maria e S. Domenico, ai margini, sembra che vogliano guidare il frate della cella e noi con lui a entrare nella contemplazione del mistero pasquale di morte e risurrezione e a viverlo nell’amore inteso come dono di sé, morendo al proprio egoismo per risorgere nella comunione con Dio e con i fratelli. “Contemplata aliis tradere”. “Ciò che si è contemplato dobbiamo trasmetterlo agli altri”. È il motto dei Frati Predicatori. Il Vangelo di oggi e il quadro del Beato Angelico ci fanno contemplare il mistero di Cristo. Questo mistero potremo comunicarlo agli altri nella misura in cui siamo affascinati, più che dalla bellezza artistica, da quella dell’amore di Dio che ci è venuto incontro in Gesù Cristo.La Trasfigurazione è luce abbagliante. Lo fu per i tre apostoli presenti sul monte Tabor, lo è ancor più per noi abitanti la città secolarizzata. Ma non si tratta di saper cose di teologia, per poter ascoltare – come il Padre dice dalla nube – il Figlio di Dio. Lo diceva molto bene Bernanos: “Nessuno di noi saprà mai abbastanza di teologia per diventare appena canonico; ma sappiamo abbastanza per diventare dei santi”. Ecco, la trasfigurazione ha innanzitutto a che fare con la santità.Il Beato Angelico era un frate domenicano osservante, la famiglia religiosa frutto di una riforma dell’Ordine Domenicano ispirata da S. Caterina da Siena. Questa Santa, vissuta in una epoca in cui il volto dei cristiani era spesso più sfigurato che trasfigurato, con la sua santità, umile e tenace, portò luce ovunque. Così pregava: “Confesso, Dio eterno, che la potenza tua è potente e forte a liberare la Chiesa e il popolo tuo... Confesso che la sapienza del tuo Figliolo, che è una cosa con te, può illuminare l’occhio dell’intelletto mio e quello del popolo tuo... Confesso ancora, dolce eterna bontà di Dio, che la clemenza dello Spirito Santo e affocata tua carità vuole infiammare e unire il cuore mio in te e i cuori di tutte le creature che hanno in loro ragione” (Orazione 24).Mons Angelo Sceppacerca5 agosto 2017