29 marzo - Giovedì Santo | Commento al Vangelo

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29 marzo - Giovedì Santo

Liturgia: Liturgia29 marzo - Giovedì Santo

Sono molti i giorni solenni per la fede cristiana; e numerosi quelli "intimi", particolarmente sentiti dalla devozione popolare. Il Giovedì Santo a sera, con la lavanda dei piedi, solennità e intimità vanno insieme perché riviviamo, insieme a Gesù, le ultime ore della sua vita trascorse con i suoi discepoli e durante le quali il Signore dice e fa le cose più importanti:
istituisce l'Eucarestia ("questo è il mio corpo... questo è il mio sangue")
e il sacerdozio ministeriale ("fate questo in memoria di me");
mostrando come bisogna viverlo ("Se Io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri");
lascia il Suo comandamento ("Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri")
e il suo testamento ("Padre, coloro che mi hai dato siano una cosa sola, come noi e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me").

In una parola, come dice Giovanni, "dopo aver amato i suoi, li amò sino alla fine". In questo "fino alla fine", fino all'ultimo istante, fino all'ultima goccia di sangue. Di più non era possibile, neppure a Dio! In quell'ora c'è anche il più ingiusto dei dolori, il bacio di un figlio che ti vende per quattro soldi.

Il Giovedì Santo, nel clima del cenacolo, è anche il giorno per porre la grande domanda: chi è Dio? L'apostolo giovane, che durante quella cena aveva il capo poggiato sul petto del Signore, ha risposto: "Dio è amore". L'amore, qui, non è un attributo, neppure il primo, di Dio. Qui l'amore è il soggetto, Dio. Tutti i suoi attributi, allora, sono gli attributi dell'amore. È l'amore che è onnipotente, sapiente, libero, buono e bello.
In questo nostro tempo molte restano le domande intorno a Dio. Le risposte sono date tutte in questo triduo, a cominciare da stasera, dalla Messa "In Coena Domini".

Parole potenti questa sera. Gesù sa che è l'ora. Sa che il Padre gli ha dato tutto. Sa che viene da lui e a Dio ritorna. La piena comunione col Padre è la fonte della sua pace, anche nell'ora dell'angoscia. Si parla di morte dicendo che tutto "passa al Padre", facendo Pasqua.

In questo giorno non si celebra la Messa senza il popolo, ma con tutta la comunità e sul far della sera. Solennità e intimità insieme a Gesù nelle ultime ore della sua vita durante le quali compie le cose più grandi: l'Eucaristia ("questo è il mio corpo... questo è il mio sangue") e il sacerdozio ministeriale ("fate questo in memoria di me") mostrando come bisogna viverlo ("Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri"); il Suo comandamento ("Che vi amiate gli uni gli altri") e il suo testamento ("Siano una cosa sola e il mondo sappia che tu li hai amati"). In una parola, come dice Giovanni, "li amò sino alla fine": fino all'ultimo istante, fino all'ultima goccia di sangue. Di più non era possibile, neppure a Dio! Un Dio in ginocchio davanti a noi, per lavarci i piedi. Il gesto di Gesù è un sacramento, un segno che fa vedere mentre rende presente. Il Vangelo di Giovanni non riporta l'Ultima Cena, ma questa la lavanda dei piedi la sostituisce, come pure sostituisce le parole sul pane e sul vino.

Il gesto è quello del servo. Perciò Pietro si oppone. Però è soprattutto, un gesto che purifica e libera, infinitamente misericordioso. Una misericordia divina data a tutti, anche a Giuda, citato in modo anonimo alla fine. Anche a lui che lo tradiva Gesù lava i piedi; il suo perdono è più forte di ogni nostra. Per lavare i piedi Gesù prima si toglie le vesti e poi le riprende. Penso alla sua spogliazione sulla croce e alla gloria che lo riveste nella resurrezione. È l'abbassamento che precede l'innalzamento, l'umiliazione prima della signoria manifesta.

Un Dio in ginocchio davanti a me, per lavarmi i piedi. C'è di più in un amore fino alla fine?

Mons Angelo Sceppacerca29 marzo 2018
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