Domenica 19 agosto | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 19 agosto

Liturgia: Pr 9, 1-6; Sal 33; Ef 5, 15-20; Gv 6, 51-58Domenica 19 agosto

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Gesù passa da "io" a "la mia carne", segno che questa indica la sua umanità offerta fino alla morte. Un discorso realistico, non metaforico, che spiega l'obiezione dei Giudei. Così la samaritana pensava all'acqua del pozzo e Nicodemo che bisognava rientrare nel seno della madre. Anche l'Eucaristia non è una metafora; tutt'altro. Quando mangiamo il pane, mangiamo la carne; quando beviamo il vino, beviamo il sangue, partecipando all'umanità di Gesù, alla sua vita donata. È un mangiare che equivale all'unione profonda tra due persone.

Il pane della vita, il pane del cielo, è la carne di Gesù per la vita del mondo, la sua persona sacrificata per la salvezza dell'umanità con la passione e morte gloriosa. L'amore di Dio per gli uomini raggiunge il massimo nella morte di Gesù in croce: sulla croce egli dona tutto se stesso per il mondo. Mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue producono un effetto salvifico: la vita eterna. In altre parole si rimane in comunione intima con la persona divina di Cristo.

I giudei mormorano contro il realismo usato da Gesù (masticare la sua carne!), ma lui rincara la dose aggiungendo la necessità di bere il suo sangue. È un verismo così accentuato che si deve senz'altro applicare all'Eucaristia, fonte di risurrezione e di vita eterna. E non basta. La comunione tra Gesù e il discepolo, che mangia la sua carne, è analoga a quanto avviene in seno alla Trinità. Come il Padre dà la vita al Figlio, così il Figlio dà la vita a colui che si nutre dell'Eucaristia.

La figura del cibo, del mangiare e del bere dicono chiaramente che l'uomo è insufficiente a se stesso e non ha la vita se non è nutrito da un Altro; e questa nutrizione è necessaria e incessante. Di nuovo appare la nostra totale dipendenza da Lui. Ma anche la sua totale dipendenza da noi. "Carne" indica lo sprofondamento del Verbo di Dio nella condizione povera, ferita e mortale dell'umanità, e proprio per questo è la fonte della vita del mondo.

Noi che siamo povera carne mortale, creata al sesto giorno, ultimi fra le creature, dinanzi all'offerta del Corpo e del Sangue di Cristo, segni veri del suo amore, possiamo convincerci che il nostro destino è il settimo giorno, quello della festa di Dio.

Mons Angelo Sceppacerca19 agosto 2018
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