Commento al Vangelo
Domenica 28 ottobre
Liturgia: Ger 31, 7-9; Sal 125; Eb 5, 1-6; Mc 10, 46-52In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
Il nome di chi riceve il miracolo raramente è riportato nel vangelo. Stavolta c'è anche il nome del padre, Timeo, e il luogo: Gerico. Gesù è in viaggio dalla Galilea verso Gerusalemme, lascia Gerico per andare incontro al destino che lo attende nella città santa. Per tre volte annuncia che sta andando non verso un trionfo, ma verso l'umiliazione, la passione e la morte, alle quali seguirà la risurrezione. Ribadisce insistentemente che chi vuole andare con lui ed essere suo discepolo, deve cambiare modo di pensare e di agire.
Gesù aveva fatto alcuni esempi di discepoli. Gli sposi chiamati a vivere il matrimonio non come coincidenza di due egoismi, ma come superamento dell'amore incurvato su di sé nel dono reciproco e incondizionato, che esclude ogni possibilità di divorzio, e come superamento dell'egoismo di coppia nell'apertura ai figli e alla società (Mc 10,1-16). Le persone ricche chiamate a usarne con libertà di cuore e a impiegarle per aiutare gli altri (Mc 10,17-27). Quelli che occupano posti di rilievo ad esercitare l'autorità non come dominio, ma come un servizio (Mc 10,41-45).
Ora la guarigione del cieco di Gerico, l'ultimo miracolo di Gesù prima della sua passione. Nella Chiesa antica questo vangelo veniva letto nella catechesi che precedeva il battesimo, per raccontare come avviene il passaggio dalle tenebre del peccato alla luce della vita in Cristo, grazie alla fede: fare come Bartimeo; avvertire la presenza di Gesù che sta passando vicino.
Bartimeo sono anch'io; cieco, seduto a mendicare. Bartimeo non cammina, sta seduto sul ciglio della strada a mendicare. Eppure non dispera di incontrare qualcuno metta luce nella sua vita. Per questo sta vigile, attento, ascolta, con l'udito sensibile dei ciechi. Percepisce la presenza di Gesù il taumaturgo, il Nazareno di cui ha sentito parlare. Gesù è la grande occasione! Allora si mette a gridare con tutta la forza che ha, senza vergogna. Molti si sentono disturbati e gli intimano di tacere, ma egli grida di più: Figlio di Davide, abbi pietà di me! E la sua fede fa fermare Gesù.
Gesù si ferma e Bartimeo salta in piedi, getta via il mantello e gli va incontro, anche se ancora non vede. E Gesù, dinanzi a quel grido – "Rabbunì, che io veda di nuovo!" – fa il miracolo indicando da dove viene la salvezza: "La tua fede ti ha salvato". La fede, ossia la fiducia in Gesù. L'uomo che era cieco e seduto ora è diventato discepolo, uno che segue Gesù.
Mons Angelo Sceppacerca28 ottobre 2018