Domenica 19 maggio - Quinta Domenica di Pasqua | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 19 maggio - Quinta Domenica di Pasqua

Liturgia: At 14, 21-27; Sal 144; Ap 21, 1-5; Gv 13, 31-35Domenica 19 maggio - Quinta Domenica di Pasqua

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Jacopo Pontormo – Cena di Emmaus
Gesù, seduto a mensa al centro della comunità monastica nell'atto di benedire il pane dell'Eucaristia e dell'ospitalità, si rivela improvvisamente ai due discepoli viaggiatori del racconto evangelico: quello di sinistra, tutto intento a versare il vino in un bicchiere, non si accorge ancora; invece quello di destra rimane sorpreso e per lo stupore interrompe il gesto già iniziato di tagliare col coltello una pagnotta di pane. Siamo invitati a identificarci con i due discepoli di Emmaus e a riconoscere la presenza del Signore sia nell'Eucaristia sia nella comunità fraterna e accogliente. Il priore ci guarda e alza la mano per indicare il Signore Gesù, presente nel pane eucaristico e in mezzo alla comunità unita nella fraternità e aperta all'accoglienza.

Nel sangue della croce c'è l'odio (nostro) e l'amore (di Dio). La morte di Gesù non è causata dall'odio, ma vissuta per amore. Quello che Gesù patisce non è subito, ma voluto in obbedienza al Padre. Per questo anche Giuda è nelle sue mani, non è abbandonato in quelle di Satana. Anche il tradimento ("Quando fu uscito"), Gesù lo interpreta come principio di quella "gloria" che il Padre e il Figlio si danno reciprocamente.

L'uscita di Giuda dal cenacolo è l'inizio della passione, ma anche della gloria che il Figlio e il Padre si scambiano reciprocamente. Questa è l'ora della gloria, attesa da sempre, che manifesta il rapporto d'amore tra il Padre e il Figlio. E in loro, anche l'amore per noi, ciascuno di noi. Certo, noi dobbiamo cercare la strada per entrare nella stessa gloria ed è lo Spirito- amore a mostrarla: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Amarsi è la via diretta per far scendere il cielo in terra perché l'amore tra il Padre e il Figlio abiti la nostra vita e la faccia eterna.

L'amore scambievole è il vangelo più forte di Gesù, lo squillo più acuto della rivelazione di Dio nel suo Figlio e nel nostro esser i suoi discepoli. Incredibile è che tutto questo abbia avuto inizio, nel triduo pasquale, proprio dall'uscita di Giuda. L'odio di Giuda svela l'Amore che salva.

Perché l'amore è un comandamento? Nessuno può essere obbligato ad amare! Questo, però, è un comandamento "nuovo" perché dice che l'uomo può tornare ad amare, perché l'amore di Dio ("come io vi ho amati") l'ha fatto "nuovo", capace di carità, di agape. "Bisogna" amare perché Lui ci ha amati e perché l'amore è il segno di riconoscimento dei cristiani, il linguaggio universale capace di convincere e conquistare.

Il cristiano è uno che ama, molto più che un semplice "osservante". Lo sanno bene i santi e i mistici, che ne sperimentano le conseguenze promesse dal vangelo.

Mons Angelo Sceppacerca19 maggio 2019
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