Domenica 23 giugno - Corpus Domini | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 23 giugno - Corpus Domini

Liturgia: Pr 8, 22-31; Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15Domenica 23 giugno - Corpus Domini

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

È festa, oggi, perché è il dies Domini, il giorno del Signore, e ancor più perché è la solennità del Suo Corpo e Sangue. Oggi, innanzitutto, ogni cristiano pieghi le ginocchia e si prostri dinanzi al Santissimo Sacramento in adorazione del Dio fatto uomo, fatto carne in Gesù, fatto pane spezzato e sangue versato. Il Corpus Domini è il banchetto del Re a cui siamo invitati dalla Sua predilezione: è il pane degli angeli, il pane dei pellegrini, il vero pane dei figli.
La presenza di Gesù nell'Eucaristia è la più grande e straordinaria delle Sue presenze, perché tocca la materia, il pane e il vino, ma anche la più difficile perché chiede di vedere oltre, con gli occhi della fede. La fatica del credere non è ostacolo, ma occasione per una più chiara manifestazione del Signore risorto, come fu per il dubbio dell'apostolo Tommaso.

L'Eucarestia: miracolo e mistero; presenza e nascondimento. La Chiesa è nata proprio nel momento in cui Gesù si è donato al Padre per amore dei fratelli: un dono anticipato alla vigilia della sua passione e consumato nella sua morte e resurrezione. Quel pane, dinanzi al quale oggi pieghiamo le ginocchia, è la promessa realizzata di Gesù di rimanere con noi fino alla fine del mondo.
Mi chiedo se il segno dell'Ostia consacrata, quel piccolo pane bianco, sia abbastanza eloquente, evocativo, comunicativo. Non so se lo è stato anche nei secoli passati. Si è sempre lodato e adorato Gesù "nascosto nei suoi veli" che coprono la divinità e nascondono anche l'umanità.
Una cosa è certa. Quel pane provoca la nostalgia di Dio.
"Dio nessuno l'ha mai visto". E' parola Sua. "Solo il Figlio lo ha rivelato". Ora, nel tempo della Chiesa e nei giorni degli uomini, anche il Figlio è "velato" nei segni. Eppure quello squarcio si apre – ancora una volta – alla nostalgia di Dio.

Vorrei ricordare un volto - tra i tanti - per il rapporto vissuto con l'Eucaristia. Annalena Tonelli, originaria di Forlì, medico, laica, missionaria. E' morta a Boroma, in Somaliland, uccisa a colpi di arma da fuoco, la domenica 5 ottobre 2003. Annalena non poteva vivere senza il corpo del Signore. Fin dal 1971 aveva auto il permesso di conservare l'Eucaristia presso di sé. Ricorda mons. Bertin, vescovo di Gibuti e già missionario in Somalia: "L'ultima Messa che celebrai con lei fu nell'agosto 2003. Cambiai l'Ostia consacrata e le lasciai una parte dell'Ostia grande della Messa. E' questa Ostia che, dopo l'uccisione di Annalena, Padre Sandro, mio vicario, ritrovò dopo un'attenta ricerca, dentro un armadio, in un sacchetto di pelle morbida, insieme a una croce francescana, dentro un purificatoio". E queste le parole di Annalena, nel suo diario: "Ora la casa ha il suo Padrone. La sicurezza e la pace che dà la sua presenza, stanno diventando la forza e l'equilibrio della mia vita. Lui mi dice: vieni a stare con me. Io soltanto posso tutto. Ora conosco la sua voce meglio della mia, meglio dei miei pensieri".

Con la processione eucaristica varcheremo le porte della nostra chiesa. L'Eucaristia, infatti, non può esaurirsi entro le mura del tempio, ma tende necessariamente a varcarle per diventare impegno di testimonianza e servizio di carità. Quando l'assemblea si scioglie e si è rinviati alla vita, è tutta la vita che deve diventare dono di sé.

L'Eucarestia è il pane della terra che diventa il pane di Dio con il quale gli uomini si nutrono in vista della resurrezione. È un dono ricevuto che diviene dono a sua volta. Come Gesù ha trasformato l'atto di violenza, di odio, e di omicidio sulla croce in atto di amore e di donazione, così anche noi, nell'Eucarestia, possiamo donare al mondo la vera trasformazione di cui ha bisogno, quella che da individui separati e spesso contrapposti, ci rende fratelli riconciliati che vivono in comunione.

Mons Angelo Sceppacerca23 giugno 2019
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