Domenica 30 giugno | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 30 giugno

Liturgia: 1Re 19, 16.19-21; Sal 15; Gal 5, 1.13-18; Lc 9, 51-62Domenica 30 giugno

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Il vangelo commuove quando lo capisci oppure quando lo vedi vissuto. E lo capisci soprattutto se lo vedi vissuto. I santi e i testimoni, di ieri e di oggi, servono anche a questo. Così, rispondere alle chiamate di Gesù, vivendo dietro a lui senza avere dove posare il capo, è il modo più efficace per annunciare il regno di Dio, mostrandolo presente in mezzo a noi, coinvolto nelle nostre vicende, personali e collettive.

Gesù si dirige decisamente verso Gerusalemme e i Samaritani gli negano l'ospitalità proprio perché rifiutavano il tempio di Gerusalemme. Appena prima aveva mostrato un bambino come misura della sua umiltà e mitezza. Significa che il cammino per salire a Gerusalemme si fa con umiltà. La domanda dei discepoli, che aveva mandato davanti e che dinanzi al rifiuto invocano fuoco e guerra, non è banale, tantomeno lo è il rimbrotto del Signore che non viene accolto. Gesù li sgrida, cosa molto rara. Lui sgrida i demoni o le potenze (l'acqua, il vento), mai i peccatori o le prostitute; questa è la sola volta che si arrabbia per la mancanza di mitezza dei discepoli. Ed è questa che serve alla sequela in risposta alla chiamata. Il giudizio avviene già con l'annuncio e la testimonianza del vangelo che viene portato al cuore degli uomini, mettendo ognuno di fronte alla scelta del dono. Sembrano parole, ma dette dinanzi alla bara di un cristiano, di un prete, di un vescovo sgozzato come un agnello, suonano di un altro mondo, capaci di fare un altro mondo.

Non c'è nulla di male a seppellire il padre. Il male sta nel vivere la vita aspettando che il padre muoia. Relazioni di questo tipo non funzionano, sono una schiavitù reciproca. L'altro non è cosa assoluta. L'unico "assoluto" (che non lega e non è legato) è Dio. Il comandamento è: amerai Dio con tutto il cuore e l'altro come te stesso, come "relativo", non come "assoluto". Quante relazioni di coppia, di amicizia, sono possesso e schiavitù reciproca, invece che amore scambievole.

Le tre istruzioni sulla sequela del Signore.
Il primo dice: "Ti seguirò dovunque tu vada"; sono parole che contengono un'ombra di presunzione. Invece, dicendo che non ha dove posare il capo, Gesù fa vedere che il discepolato è intimità con Lui.
Al secondo comanda "Seguimi!" e poi dice "Va". La sequela di Gesù si fa andando.
Al terzo dice che la sequela buona è "essere adatti", è quella di chi non confida nelle buone intenzioni o nelle sue forze, ma solo nell'aiuto di Dio.

Mons Angelo Sceppacerca30 giugno 2019
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