Commento al Vangelo
Domenica 1 marzo - Prima di Quaresima
Liturgia: Gen 2, 7-9; 3, 1-7; Sal 50; Rm 5, 12-19; Mt 4, 1-11In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Agostino, vescovo di Ippona e padre della Chiesa, confessava, anche per esperienza personale, che "vincere l'abitudine è una dura battaglia". Vale certamente anche per noi in un tempo che sta smarrendo il concetto di "tentazione" perché sta scomparendo il concetto stesso di peccato nell'opinione della nostra gente. Sempre Agostino, commentando le tentazioni del Signore, faceva notare che "Cristo fu tentato dal diavolo nel deserto, ma in Cristo eri tentato tu… Così egli prese da te e fece sua la tentazione, affinché per suo dono tu ne riportassi vittoria. Riconoscilo! Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere quando tu sei tentato".
L'uomo, di fronte a sé, ha le cose, le persone, Dio. È sempre con uno di questi tre ambiti che egli confronta la propria vita. E questi tre sono anche gli ambiti della tentazione la quale può avere solo due esiti: la vittoria o la caduta. Anche le tentazioni di Gesù, raccontate nel vangelo di oggi, corrispondono alle tre avidità: il possesso delle cose, il possesso delle persone, il possesso di Dio. L'uomo è vinto dalla tentazione quando è succube degli idoli dell'avere, del potere e dell'apparire o, più crudamente, della ricchezza, dell'onore e dell'arroganza. Tutte e tre sono vie che ci separano dagli altri, anzi ci mettono in antagonismo con i fratelli. Gesù ha preso un'altra strada, rispetto a quella suggerita dal diavolo, ossia da colui che divide e contrappone. Un comandante di "truppe scelte" della Chiesa, s. Ignazio di Loyola, vero esperto di strategie militari e ancor di più esperto di quelle della santità, distingueva tra la strategia di satana e quella di Cristo: "la prima è brama di ricchezze, di onore e di orgoglio, la seconda è desiderio di povertà, umiliazione e umiltà".
Le tentazioni non sono sempre grossolane, ma sempre ovvie, nel senso che corrispondono al pensare umano, mai a quello di Dio. Così la prima. "Dì a queste pietre che diventino pane": l'assoluto non è il bisogno economico, la ricchezza, l'avere. Il pane non viene dalle pietre, ma dalla condivisione. Così la seconda. "Se sei Dio, gettati giù": all'esibizione di forza e all'orgoglio Gesù contrappone la signoria di Dio e l'abbandono fiducioso nelle sue mani. Così la terza. "Ti darò tutto se ti prostrerai davanti a me": il demone del potere e dell'arroganza sono la maschera tragica del vero volto di Dio. Il vero idolo è proprio il potere, come definitiva alternativa a Dio. Certo, Gesù è Re, ma la sua regalità si manifesta sulla croce e lì egli mostra anche il vero volto del Padre. Con efficacia si esprime, al riguardo, Bonhoeffer: "La croce è la distanza infinita che Dio ha posto tra se stesso e ogni nostra immagine religiosa di lui".
Il messaggio delle tentazioni non è consolatorio, ma impegnativo. Alla fine, prima ancora che la preghiera di domanda – una volta tanto – ci è chiesto di pronunciare un giudizio fermo e inappellabile: "vattene, satana!". All'inizio della quaresima, questo tempo opportuno per la nostra crescita, ci è chiesto di scegliere. E se si sceglie Dio, allora si rifiuta l'accusatore, colui che una volta che siamo caduti, ci accusa implacabilmente inchiodandoci alla nostra colpa. Smascheriamolo per espellerlo dalla nostra vita: "vattene, satana!".
Mons Angelo Sceppacerca1 marzo 2020