Domenica 15 marzo - Terza di Quaresima | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 15 marzo - Terza di Quaresima

Liturgia: Es 17, 3-7; Sal 94; Rm 5, 1-2.5-8; Gv 4, 5-42Domenica 15 marzo - Terza di Quaresima

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: "Io non ho marito". Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.

Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Il Vangelo di questa domenica ci mostra Gesù che si sta dirigendo decisamente verso Gerusalemme per celebrarvi la Pasqua. Poco prima dell'incontro con la donna samaritana, Gesù aveva avuto un altro colloquio teologico con Nicodemo, un "capo dei Giudei" che era venuto a trovarlo in casa di notte. Fu un colloquio sulla verità, sul Messia e sulla necessità della fede in Gesù - il Figlio di Dio - per la salvezza. Ora, sotto il sole cocente del mezzogiorno, mentre riposa vicino a un pozzo d'acqua, Gesù incontra una donna che vi si era recata per attingerne. La donna è di un'altra religione e chiede a Gesù – riconosciuto come Giudeo – quale sia il vero luogo per adorare Dio, se il monte Garizim o Gerusalemme. Gesù le risponde che non c'è un luogo per adorare Dio, perché Dio non può essere chiuso entro i confini di un territorio. L'adorazione, la fede in Dio, è questione di spirito e di verità e l'uomo deve entrare in questa logica, deve diventare simile a Dio, rinunciando alla pretesa di rendere Dio simile a se stesso. E alla samaritana che dichiara di essere in attesa del profeta che indicherà quale sia il nuovo tempio dove adorare Dio "in spirito e verità", Gesù risponde: "Sono io, che ti parlo". Il tempio nuovo, la chiesa dove Dio abita, non è un luogo, ma è Gesù di Nazareth, nella cui persona abita "la pienezza della divinità".

La pretesa assolutezza e universalità della fede cristiana in Gesù, Figlio di Dio e unico Salvatore del mondo, oggi si scontra con una diffusa mentalità relativista secondo la quale tutte le religioni sarebbero ugualmente inadeguate per cui la religione è ridotta a esperienza privata, soggettiva, emotiva, lasciando libero il campo al cosiddetto "supermarket delle religioni". La proposta di verità, in campo etico e religioso, viene qualificata come presunzione, addirittura fondamentalismo, atteggiamento intollerante. L'impegno missionario è visto come imperialismo spirituale e culturale. Il vero scandalo, per questa mentalità relativista, è l'assolutezza di Gesù Cristo quale piena rivelazione di Dio e unico salvatore di tutti gli uomini.

Tutto il Vangelo – e quello di oggi ne è una pagina esemplare – ci dice che Dio ci è venuto incontro personalmente, con il nome e il volto di un uomo, Gesù di Nazareth. Dio si è fatto uomo e l'uomo è innalzato fino a Dio: nessun'altra religione ha una notizia simile, nessuna offre una speranza più audace. Da qui nasce la meraviglia, la gratitudine, la speranza, la spinta missionaria: quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi. Esattamente quello che fece la donna samaritana con i suoi paesani.

Il dialogo tra le religioni va benissimo, anzi è necessario. Ma non possiamo rinunciare a proporre la nostra fede. Per i cristiani questo non è un vanto, ma una responsabilità che spinge a pregare, operare, sacrificarsi, amare tutti, cristiani e non cristiani. Chi ha incontrato Gesù – di notte, come Nicodemo, o nella calura del mezzogiorno, come la samaritana – diventa a sua volta segno e presenza dell'amore di Dio che attrae a Cristo o con la conversione o almeno con l'apertura, l'orientamento, la vicinanza.

Non si dialoga ecumenicamente e con le altre religioni svuotando il cattolicesimo e il cristianesimo, separando la fede dalla ragione e dalla verità. Si dialoga, invece, "facendo la verità nella carità": con l'attenzione, l'ascolto, l'interesse, il rispetto, il servizio, il dono, l'accoglienza dell'altro. Ma all'amore fraterno si unisce anche la spontanea, gioiosa e rispettosa proposta della propria fede. Il vero dialogo non nasconde la verità ed è più della semplice tolleranza. Il dialogo – come quello di Gesù con la samaritana – fa crescere nella verità e rende liberi.

Mons Angelo Sceppacerca15 marzo 2020
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