1 aprile - Giovedì Santo (Messa nella cena del Signore) | Commento al Vangelo

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1 aprile - Giovedì Santo (Messa nella cena del Signore)

Liturgia: Es 12, 1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11, 23-26; Gv 13, 1-151 aprile - Giovedì Santo (Messa nella cena del Signore)

È con questa Messa che inizia il Triduo pasquale perché si fa memoria dell'ultima Cena in cui il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino alla fine i suoi che erano nel mondo, offrì a Dio Padre il suo Corpo e Sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli Apostoli in nutrimento e comandò loro e ai loro successori nel sacerdozio di continuarne l'offerta.

Sono molti i giorni solenni per la fede cristiana; e numerosi quelli "intimi", particolarmente sentiti dalla devozione popolare. Il Giovedì Santo a sera, con la lavanda dei piedi, solennità e intimità vanno insieme perché riviviamo, insieme a Gesù, le ultime ore della sua vita trascorse con i suoi discepoli e durante le quali il Signore dice e fa le cose più importanti:

istituisce l'Eucarestia ("questo è il mio corpo... questo è il mio sangue")

e il sacerdozio ministeriale ("fate questo in memoria di me");

mostrando come bisogna viverlo ("Se Io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri");

lascia il Suo comandamento ("Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri")

e il suo testamento ("Padre, coloro che mi hai dato siano una cosa sola, come noi e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me").

In una parola, come dice Giovanni, "dopo aver amato i suoi, li amò sino alla fine". In questo "fino alla fine", fino all'ultimo istante, fino all'ultima goccia di sangue. Di più non era possibile, neppure a Dio! In quell'ora c'è anche il più ingiusto dei dolori, il bacio di un figlio che ti vende per quattro soldi.

Il Giovedì Santo, nel clima del cenacolo, è anche il giorno per porre la grande domanda: chi è Dio? L'apostolo giovane, che durante quella cena aveva il capo poggiato sul petto del Signore, ha risposto: "Dio è amore". L'amore, qui, non è un attributo, neppure il primo, di Dio. Qui l'amore è il soggetto, Dio. Tutti i suoi attributi, allora, sono gli attributi dell'amore. È l'amore che è onnipotente, sapiente, libero, buono e bello.

Due cose restano nella vita: l'amore e il dolore. Restano e vanno insieme. Nella ricerca del perché, ho trovato questo brano. "Un uomo che per tutta la vita aveva sofferto, disse a Dio prima di morire: «Dio mio, se esisti, ti perdono». Lasciando vagare la mia immaginazione, mi piace rappresentarmi Dio mentre ascolta questa preghiera (giacché di preghiera si tratta). Egli sorride gravemente, senza ironia. Accetta seriamente il perdono dell'uomo. Ricorda la sua esitazione nel correre il rischio della sofferenza umana e della immolazione dell'Agnello. Ed apre umilmente le braccia perché vi si abbandoni quel suo figlio straziato e pacificato".

In questo nostro tempo molte restano le domande intorno a Dio. Le risposte sono date tutte in questo triduo, a cominciare da stasera, dalla Messa "In Coena Domini".

Mons Angelo Sceppacerca1 aprile 2021
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