Domenica 13 giugno | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 13 giugno

Liturgia: Ez 17,22-24; Sal 91; 2Cor 5,6-10; Mc 4,26-34Domenica 13 giugno

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Una piccola parabola con molti elementi e partecipanti: il seminatore, il chicco di grano, la terra, la falce per la mietitura. Il nostro "non sapere" suggerisce di cercare Colui che ha in mano tutto; noi possiamo solo meravigliarci e applaudire. Quasi l'eco del Salmo dove si dice che il Signore "darà ai suoi amici nel sonno", segno di un abbandono fiducioso alla potenza di Dio.

Commuove la meraviglia del seminatore per il prodigio della fecondità del seme del vangelo. Il discepolo, anche quando è testimone mille volte del miracolo, ogni volta è sorpreso dalla spiga colma di chicchi, cento e cento volte quel granellino che aveva sepolto nel solco. Non si spiega. Egli stesso non sa come avvenga il prodigio della Parola nel cuore degli uomini. Il seme germoglia e cresce per forza sua anche mentre il discepolo dorme. Anche se la forza è tutta nel Vangelo, ci vuole anche l'umiltà del discepolo. La nostra sorpresa va da questa a quella e lega insieme la necessità della testimonianza all'umiltà che l'accompagna.

La domanda di Gesù: "A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?" invita a scegliere, tra le infinite parabole della creazione e della storia, la più adatta ad esprimere il regno di Dio. Le parabole, allora, sono segni del mistero di Dio. Forse di più: ogni segno della creazione e della storia è parabola, perché porta in sé un frammento di luce del mistero di Dio.

Il granello di senape è parabola perché confronta il più piccolo dei semi con la più grande delle piante. Ci vuole la piccolezza dell'umiltà perché l'amore sia così fecondo da far germogliare e innalzare il grande albero messianico, l'unico che può ospitare tutti i popoli della terra. I grandi alberi sono i grandi regni e i grandi poteri, sotto cui ci si rifugia, ma poiché il Signore sceglie il piccolo seme, ogni potenza del mondo è esposta fatalmente alla fine.

Oltre alla proclamazione pubblica del vangelo, c'è un ambito più raccolto, "in privato", dedicato ai discepoli riuniti attorno a Lui. Qui Gesù spiega, scioglie, risolve. Esperienza da fare anche oggi, accostando a questa parabola quella del contadino che va piangendo gettando il seme, torna cantando portando i covoni, di notte o di giorno, senza sapere come e perché. L'essere umili ci ricorda che siamo piccoli dentro una cosa grande.

Anche se la storia è contraddittoria e sciagurata, non va fuggita, perché in essa possiamo e dobbiamo vedere la promessa di Dio. E Dio è ostinato nel suo disegno di salvezza, anche quando lo spiega con parabole piccole, come queste, misurate alla nostra capacità di intenderle perché lui stesso le spiega ai discepoli. Gesù si rivela ai suoi; nella comunione si approfondisce la Parola. La spiegazione di Gesù "in privato" dice l'intimità del rapporto fra le persone. Più che la comprensione del mistero conta la relazione col Signore che insegna e apre la via alla vera conoscenza. Quello "stare insieme" è prezioso come un seme straordinariamente fecondo.

Il seme è buono, ma perché il frutto cresca occorre anche la terra buona: l'uomo, ognuno di noi. Se piantiamo il vangelo nella nostra vita, questa diventa buona a sua volta. E resta la bellezza infinita del mistero di come questo avvenga: "dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa". Anche il saggio sa di non sapere e lo scienziato è consapevole che con la sua ricerca cresce anche il mistero. Resta il miracolo di un terreno che produce spontaneamente. Nessun terreno è escluso, anche nel deserto, o nelle distese artiche. Il chicco è il Vangelo. Il Vangelo è piccolo, ma arriva dappertutto.

Mons Angelo Sceppacerca13 giugno 2021
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