Domenica 5 settembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 5 settembre

Liturgia: Is 35, 4-7; Sal 145; Gc 2, 1-5; Mc 7, 31-37Domenica 5 settembre

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Per andare da Tiro in Galilea Gesù passa per Sidone. Non è la strada più breve. Marco ci vuol dire che Gesù, missionario del Padre, visita tutti i territori pagani e, in essi, tutti gli uomini in attesa di salvezza. Gesù percorre ogni strada perché ogni luogo è in attesa del messia, del liberatore. Ogni luogo sta per ogni uomo.

Il sordomuto guarito è segno di quanti non hanno ancora capito chi è Gesù e che, per riconoscerlo, hanno bisogno di essere "guariti" nella capacità di ascoltare e di professare la fede. Per questo la guarigione del sordomuto è un miracolo faticoso, assomiglia a un esorcismo. Gesù lo porta in disparte per evitare i facili entusiasmi della folla - il miracolo non è uno spettacolo! - e perché, alla fine, l'uomo guarito dovrà udire e professare il mistero di Gesù figlio di Dio.

Gesù prima apre gli orecchi al sordo, poi pone la sua saliva sulla lingua del muto il quale, solo alla fine, tornerà a parlare correttamente. L'itinerario di fede parte dall'apertura del cuore che accoglie il Vangelo e giunge alla professione; in mezzo c'è la saliva di Gesù posta sulla lingua del muto: è il segno dello Spirito, il soffio vitale che esegue il comando del Salvatore: "Effatà, Apriti!".

Il sordomuto risanato è icona del nostro faticoso aprirci alla fede. Come per il sordomuto, anche la nostra fede fa fatica ad aprirsi ed è lenta da pronunciare. È necessario il gesto di Gesù, il suo sospiro, il respiro dello Spirito di Dio. Se c'è un insegnamento da cogliere nel Vangelo di questa domenica, è la consapevolezza di essere muti o, al massimo, balbuzienti: non solo abbiamo un'immagine distorta di Dio, ma anche quando abbiamo delle buone idee o dei giusti propositi, questi non corrispondono alla nostra vita. È come per il balbuziente: la parola pensata non corrisponde alla parola detta. Così per noi: la fede non corrisponde alla realtà che viviamo. Gesù ha guarito il sordomuto; può guarire anche la nostra balbuzie.

"Effatà" è la sola parola di Gesù riportata in questo miracolo, vuol dire: "Apriti!". Gesù la pronuncia in aramaico, la lingua che usava per parlare e farsi comprendere dalla sua gente. E noi, sappiamo parlare un linguaggio evangelico comprensibile a tutti? Nella liturgia per sordomuti ci sono persone che con i segni e i gesti "traducono" tutto nel loro linguaggio. Per dire "Dio" uniscono le mani, per tradurre "amore" si tocca il cuore, per indicare misericordia e soccorso si allargano le braccia e poi si riuniscono come nel gesto dell'abbraccio.

Andare da Gesù. C'è chi ci va da solo e chi ci viene portato per mano, come il sordomuto; lui, anzi, non ha nemmeno orecchi per ascoltare e bocca per parlare; sono gli altri a supplicare di guarirlo. Gesù lo allontana dalla folla, in disparte; gli mette le dita negli orecchi e gli tocca la lingua con la sua saliva. L'orecchio finalmente si apre all'ascolto e la lingua canta la lode a Dio con ciò che esce dalla bocca del Figlio di Dio che, guardando su al cielo, sospira il comando dello Spirito: Effatà! Apriti!

La potenza è nel gesto e nella Parola. In ogni miracolo di Gesù l'azione è compagna della voce. Nel segno si manifesta la volontà del Padre, nella parola l'energia del Figlio. Non sono due realtà diverse, perché il Padre e il Figlio vogliono la stessa cosa perché sono una sola cosa.

Mons Angelo Sceppacerca5 settembre 2021
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