Commento al Vangelo
Domenica 12 dicembre - Terza di Avvento
Liturgia: Sof 3, 14-18; Is 12; Fil 4, 4-7; Lc 3, 10-18
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Domenica della letizia. Sofonia spinge quanto resta di Israele fedele a dare sfogo ad una felicità intensa e trascinante, perché Dio ha liberato il suo popolo e in mezzo ad esso ha fissato la sua presenza. E' un contatto che rende forti contro ogni paura, perché Dio risparmia e cambia il popolo col suo amore. Anche Maria, vera "figlia di Sion", che rappresenta Israele e l'umanità, deve "rallegrarsi" grazie al figlio che porta in grembo. Perfino Paolo, mentre si trova in prigione, chiama alla festa perché Gesù ci mette a parte di una felicità che nessuna prova e dolore può mai soffocare. Antagonista della gioia non è la sofferenza, ma la solitudine egoistica: non si può essere felici da soli e la gioia è contagiosa, produce unità perché se la condividi si moltiplica, come la solitudine si dimezza. Abbiamo motivo per essere felici. La gioia è il vestito che i cristiani devono indossare in permanenza, una luce in volto.
Le risposte di Giovanni ai suoi interlocutori (le folle, i pubblicani e i soldati) dicono, prima di tutto, che da qualunque condizione è possibile iniziare un cammino di salvezza. È la persona stessa di Giovanni a provocare domande; la gente è perfino convinta che sia lui il Cristo. Giovanni reagisce dicendo che la differenza fra lui e Gesù sarà data dal diverso battesimo affermando che la distanza tra lui e il Cristo è data dalla differenza fra l'acqua di penitenza del suo battesimo e la potenza del Battesimo di Spirito e fuoco donato da Gesù. Il primo riporta i figli di Israele alla Legge e ai profeti. Il Battesimo di Gesù, in Spirito Santo e fuoco, dà la vita nuova di figli di Dio.
Giovanni prima rimprovera le folle (Razza di vipere!), poi le spinge a porre una domanda importante (Che cosa dobbiamo fare?), subito dopo viene rinchiuso in carcere dove sarà decapitato. Il Battista si annulla per far apparire Gesù e indirizza le persone perché vadano a Gesù. E' il vero evangelizzatore.
Le tre risposte di Giovanni dicono che ogni tipo di lavoro non è di per sé un impedimento alla sequela di Gesù. A condizione che sia condivisione e non accaparramento; rispetto delle norme e non prevaricazione; giustizia e non violenza e saccheggio. Chi vive così è già in cammino verso l'incontro con Gesù, chiunque esso sia. I segni del cammino dicono che il popolo era in attesa, alla ricerca del Messia. Che non è Giovanni. Anzi, lui reagisce e nega con decisione.
La stessa domanda (Che cosa dobbiamo fare?) riceve una doppia risposta. Giovanni orienta verso un rapporto di condivisione col fratello; Gesù invita a credere nel Padre che l'ha mandato. C'è un legame stretto fra la carità e la fede; la carità ha una funzione in relazione alla fede. Anche per l'antica alleanza (Deuteronomio) la felicità nasce dalla corrispondenza alla Parola di Dio. Che una vita è cambiata si vede nelle opere, nell'amore sincero del prossimo, nello spartire con gli altri quello che si ha. Questa è l'unica prova della conversione. Giovanni non pretende che si dia anche l'unica tunica posseduta, con gesto di eroismo, ma chiede la misericordia, un amore del prossimo che sia concreto. Dal posto che diamo agli altri si vede anche quello dato a Dio.
Mons Angelo Sceppacerca12 dicembre 2021