Domenica 24 luglio | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 24 luglio

Liturgia: Gen 18, 20-32; Sal 137; Colo 2, 12-14; Lc 11, 1-13Domenica 24 luglio

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
"Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione"».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli"; e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani", vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Gesù pregava da solo o coi discepoli vicino a lui, come quella volta sul monte quando videro la sua gloria. Oggi, in risposta alla richiesta di un discepolo, Gesù risponde a tutti (Quando pregate, dite) e insegna la sua stessa preghiera al Padre. I discepoli sapevano pregare come ogni buon ebreo, ma chiedono a Gesù di insegnare loro a pregare; evidentemente c'è un modo di pregare che si impara solo da Gesù. Anzi, dopo Gesù, la vera preghiera è solo quella attraverso di Lui.

Gesù passa la notte a pregare il Padre, a parlare con Lui; quando i discepoli gli chiedono di istruirli, lui li immerge nella sua stessa preghiera, al punto da dire semplicemente "Padre", come lo chiama lui, prima ancora di farci consapevoli che, essendo tutti figli suoi, il Padre è "nostro". È la preghiera di Gesù che diventa la nostra preghiera.

Il pane è così essenziale che lo si chiede per due volte: ogni giorno si chiede quello per ogni giorno, quotidiano: non se ne può fare a meno, come dell'aiuto nella tentazione. In entrambi i casi - il bisogno del pane e l'aiuto a superare la prova - il Signore insegna che la preghiera e l'intercessione per la persona nel bisogno, si muovono sempre nell'orizzonte dell'amicizia. Anche a mezzanotte, se è necessario, sappiamo dove andare: dall'amico. Dio è il grande amico, il protagonista di questo Vangelo e noi siamo collocati in questa relazione di amicizia.

Le due domande ("quale padre tra voi?") sono retoriche, ma non inutili: se i padri terreni (noi) certe cose le fanno normalmente, il Padre nei cieli li supera all'infinito: "quanto più"! La parabola resta valida anche quando si confrontano le cose buone date dai padri: i pesci e le uova da una parte, il dono dello Spirito Santo dalla parte di Dio.

La nostra preghiera impressiona fin dalla prima invocazione - "Padre!" - segno straordinario della rivelazione più grande che Gesù ha fatto, la paternità di Dio. Dio è innanzitutto il Padre, nome che lo distingue da tutto quello che le altre fedi sanno di Lui; le religioni possono anche riconoscere una certa paternità di Dio, ma il senso proprio di questa è, soprattutto, mostrata nell'essere Padre del Figlio unigenito, Gesù Cristo. Anche la santificazione del Nome è legata al titolo di Padre perché è il ripudio assoluto di ogni idolatria, di ogni altra sacrilega santificazione delle cose che non sono Dio. Nulla è Dio. Solo Dio Padre è Dio e Gesù il suo unico Figlio, il Salvatore del mondo.

La preghiera dice ancora che il regno venuto deve compiersi; tutti siamo ancora per strada, nutriti ogni giorno del pane necessario per compiere il nostro esodo nella Gerusalemme del Cielo, a condizione che il Padre ci aiuti fino in fondo e non ci abbandoni nel tempo della prova, impedendo di farci cadere.

"Gesù insegna a recitare una preghiera di poche parole, il Padre Nostro. Spiega che non ne servono tante, perché Dio già sa tutto quello che la persona in preghiera ha in animo di chiedere. Nell'ebraico a lui familiare padre nostro si dice avìnu. Isaia nomina Dio come reclamo e recriminazione, spiega che i padri sono lontani nel tempo, Abramo e Giacobbe non conoscono la loro discendenza. Tu sei nostro padre: attà avìnu e quel "tu", attà, in apertura di frase, è un dito puntato. Tu sei: non è invocazione ma legittima istanza legale: noi siamo tuoi figli, tu non puoi abbandonarci, non sei libero di farlo. Ancora più forte è il "tu", attà, che precede addirittura il nome Dio: "Tu sei Dio nostro padre". Isaia dice che Dio è colui che paga il riscatto per rendere liberi, come era obbligo per i parenti stretti di chi era caduto in schiavitù. Niente di meno di questo è la sostanza di ogni Adamo: un manufatto di terra e di cura di Dio. Quando la persona di fede torna a invocare il Padre nostro che è nei cieli, esercita un suo preciso diritto" (Erri de Luca).

Mons Angelo Sceppacerca24 luglio 2022
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