Domenica 5 febbraio | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 5 febbraio

Liturgia: Is 58, 7-10; Sal 111; 1Cor 2, 1-5: Mt 5, 13-16Domenica 5 febbraio

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Voi siete il sale … voi siete la luce. Dopo il Vangelo delle Beatitudini, quello del sale e della luce. Chi vive le beatitudini ne ha il sapore e lo splendore. Il sale, da sempre prezioso al punto da essere usato come moneta di scambio, preserva dalla corruzione, conserva gli alimenti e dà loro sapore. Ma è anche segno di un'amicizia per la quale si è disposti a pagare, anche un conto salato. La luce è ancora di più. Con essa inizia la creazione, la chiamata all'essere, l'uscita dal nulla. Gesù è la luce che illumina quelli che abitano nelle tenebre della morte ed è il sale che ha saldato ogni debito.

La parabola trasporta le qualità del sale e della luce nei discepoli che vivono le beatitudini. In esse i cristiani trovano il senso (il "sapore") della loro esistenza e per questo sono il sale della terra. Senza il sapore di Cristo, non serviamo a nulla. Sulla scena del mondo, invece, hanno valore il potere e l'apparire, l'avere e il godere. La luce di Cristo, riflessa sul volto e nella vita dei discepoli, smaschera l'inganno e mostra il vero luogo della bellezza: la città posta sul monte. È la comunità dei discepoli, la città santa, la sposa adorna per il suo sposo, la colomba che abita nelle fenditure della roccia.

Gli uomini e le donne delle beatitudini, i discepoli del Signore, non solo sanno dov'è la città abitata dalla speranza e dalla fraternità, ma la costruiscono essi stessi, dando sapore e luce alla vita di ogni giorno, mescolati fra gli uomini e le donne di questo mondo. I discepoli sanno anche che la loro lampada va messa sul lucerniere, quello stesso di Gesù: la croce.

Propriamente è Gesù il sale della terra e la luce del mondo. Gesù sa di Dio, ha il sapore di Dio, tutt'altro rispetto al sapore del mondo. Così come si contrappongono il profumo, la fragranza di vita e l'odore di morte. Anche il discepolo, per la partecipazione a Cristo Gesù, ha anche lui questo sapore e deve cercare di non essere insipido. Avere sale vuol dire avere questa esperienza di Dio. Ma il sapore si può perdere e anche il discepolo può diventare insignificante, senza senso.

La luce è Gesù, il Figlio che è "luce da luce", brilla sul lucerniere, che è la croce, e rischiara le tenebre. Una luce così intensa che fa sembrare tenebra la luce in cui viviamo. Perché Lui è la luce, noi battezzati in lui, veniamo illuminati a nostra volta e riflettiamo luce sugli altri. È come nell'astronomia: corpi opachi, come la luna, non brillano di luce propria ma riverberano la luce del sole.

Gesù non esorta, afferma. Ci dice il segreto della vita che ci ha donato e che fa di noi il sale della terra e la luce del mondo, nonostante tutto il limite del nostro cuore. Un prete vero, luminoso e col sapore di Gesù, diceva: "si può parlare della luce senza che niente si illumini, del fuoco senza che niente si riscaldi, del lievito senza che niente venga fermentato, del sale senza che niente acquisti sapore. Se invece siamo luce, fuoco, lievito e sale, rendiamo testimonianza poiché per farne la esperienza gli altri devono entrare in comunione con noi e trovandoci in comunione con Dio lo conoscono sperimentalmente".

Mons Angelo Sceppacerca5 febbraio 2023
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