3 dicembre - Prima domenica di Avvento | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

3 dicembre - Prima domenica di Avvento

Liturgia: Is 63, 16-17.19; 64, 2-7; Sl 79; 1Cor 1, 3-9; Mc 13, 33-373 dicembre - Prima domenica di Avvento

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Inizia un nuovo anno della liturgia, della preghiera. Inizia il tempo d'Avvento, l'attesa del Natale, di quel bambino figlio di un Dio che ha fiducia di noi e che non si stanca di esortarci a stare svegli per cogliere la vita nell'attimo che passa e che porta in sé la pazienza di Dio il quale non vuole che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi e che la sua casa sia piena.

In questo nuovo anno della liturgia sarà proclamato, domenica dopo domenica, il Vangelo di Marco che offre un ritratto attendibile del Gesù storico e che è alla base (in questo senso si dice che esso è una fonte decisiva) di tutti i Vangeli "sinottici" (Marco, Matteo e Luca). In questo senso si può dire che il Vangelo di Marco è il più originale tra gli evangelisti: tutto incentrato sul "segreto messianico", alla luce della Pasqua (morte e resurrezione di Gesù) svela progressivamente il mistero dell'uomo Gesù, il Cristo atteso, ma anche l'inatteso Figlio di Dio. Da una parte, il Vangelo di Marco ci introduce nel mistero di Gesù; dall'altra ci ricorda che questo mistero (Gesù Figlio di Dio) rimane pur sempre tale poiché non risponde a nessuna domanda dell'uomo, ma è sempre il libero dono che Dio fa di se stesso nel Figlio crocifisso.

Nell'attesa d'Avvento bisogna vegliare con fedeltà operosa. Il tempo è cammino, sequela di Cristo. A differenza di chi perde tempo dietro a date e scadenze oppure, disilluso di tutto, non aspetta più niente e nessuno, il discepolo di Gesù sa cosa fare: mettersi al servizio.

Anche il Figlio di Dio, come noi, non conosce l'ora e, con noi, veglia. Rimanere svegli è segno di responsabilità perché, avendo ricevuto il potere e i compiti dal Signore, è nostro dovere essere attenti, pronti, attivi e operosi. Abbiamo molto da fare, ma per questo ci è stata data la giusta potenza e capacità di compiere l'opera.

Ma questa è la fede! Il tenere gli occhi aperti è la coscienza dell'assoluta signoria di Dio e della nostra accoglienza. L'opera non mi appartiene, mi è stata affidata. Altro che fede ingenua e irresponsabile, tanto c'è Dio! La fede è umile perché siamo servi, ma dichiara la nostra condizione di figli di Dio. Non è fuga dalla storia, ma piena immersione in essa. Il fatto di non sapere quando il padrone di casa ritornerà, fa sì che ogni tempo diventa il tempo di Dio perché tempo della sua presenza e tempo per il nostro servizio. Essere immersi nella storia significa avere responsabilità e vigilanza. Servire con fedeltà è il meglio per aspettare la fine; la vigilanza riempie il presente del futuro, anche le cose più ordinarie e umili.

Alla mamma che domandava a san Luigi Gonzaga (6 anni) mentre giocava a palla che cosa avrebbe fatto se avesse saputo che sarebbe morto un'ora dopo, lui rispondeva: "Continuerei a giocare". Quel "gioco" lo porterà a ricevere la venuta del Signore pochi anni dopo, mentre soccorreva la malattia con gli appestati di Napoli.

Il vangelo descrive la vigilanza con tre espressioni: la partenza del padrone della casa dopo averla lasciata ai servi; la consegna ad ogni servo di un'opera e del potere per compierla; l'ordine di vigilare. La fede è pienezza di responsabilità: quello che il Signore mi ha affidato, è come fosse proprio mio.

Una piccola storia per "bambini" con più di 6 anni. Preoccupato del senso della vita e dell'ultimo giorno, e soprattutto del Giudizio Finale a cui prima o poi certamente sarebbe andato incontro, un uomo fece un sogno. Dopo la morte, si avvicinò titubante alla grande porta della casa di Dio. Bussò e un angelo sorridente venne ad aprire. Lo fece accomodare nella sala d'aspetto del Paradiso. L'ambiente era molto severo. Aveva il vago aspetto di un'aula di tribunale. L'uomo aspettava, sempre più intimorito. L'angelo tornò dopo un po' con un foglio in mano su cui, in alto, campeggiava la parola «conto». L'uomo lo prese e lesse: «Luce del sole e stormire delle fronde, neve e vento, volo degli uccelli e erba. Per l'aria che abbiamo respirato e lo sguardo alle stelle, le sere e le notti...». La lista era lunghissima. «...il sorriso dei bambini, gli occhi delle ragazze, l'acqua fresca, le mani e i piedi, il rosso dei pomodori, le carezze, la sabbia delle spiagge, la prima parola del tuo bambino, una merenda in riva ad un lago di montagna, il bacio di un nipotino, le onde del mare...». Man mano che proseguiva nella lettura, l'uomo era sempre più preoccupato. Quale sarebbe stato il totale? Come e con che cosa avrebbe mai potuto pagare tutte quelle cose che aveva avuto? Mentre leggeva con il batticuore, arrivò Dio. Gli batté una mano sulla spalla. «Ho offerto io, fino alla fine del mondo. È stato un vero piacere!».

Avvento è arrivo. E Gesù "Arrivò senza essere aspettato, venne senza essere stato concepito. Solo la madre sapeva ch'era figlio di un annuncio del seme che sta nella voce di un angelo. Era accaduto ad altre donne ebree, a Sara per esempio. Solo le donne, le madri, sanno cos'è il verbo aspettare. C'è un'attesa prima, che spetta a Dio. Il Suo tempo infinito si contrae nel finito di un'attesa. Dio aspetta: «Per farvi misericordia». Il tempo di Avvento sta a imitazione di, sta dirimpetto all'eternità di un Dio che accetta di farsi periodico, irrompendo nel mondo a mesi stabiliti con nascita, morte e risurrezione" (Erri de Luca).

Mons Angelo Sceppacerca3 dicembre 2023
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