Commento al Vangelo
Domenica 25 maggio - Sesta di Pasqua
Liturgia: At 15, 1-2.22-29; Sal 66; Ap 21, 10-14.22-23; Gv 14, 23-29
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Mentre gli ebrei attendevano la comparsa spettacolare del profeta escatologico che si sarebbe manifestato davanti a tutti come il re d'Israele vittorioso contro i dominatori pagani, Gesù dice ai suoi amici che la sua venuta, insieme al Padre, sarà nel cuore dei credenti, resi così tempio di Dio. La sua non è un'apparizione o una visione, ma una vera esperienza interiore. Gesù tornerà da coloro che lo amano concretamente e abiterà per sempre nel loro cuore, assieme al Padre e allo Spirito della verità. È un'azione divina prima di essere un'esperienza dell'uomo. Gli antichi segni della presenza di Dio in mezzo al popolo – la tenda, la nube, il tempio di Gerusalemme – ora sono nel cuore e nella vita dell'uomo. Se Gesù era "tra noi", ora, con lo Spirito, è "in noi".
Il Padre ha mandato Gesù e sua è la parola rivelata, parola di Dio. Perché possa penetrare nel cuore è necessario lo Spirito. Anche lo Spirito Santo è maestro di fede ai credenti, ricordando loro le parole del Maestro.
Non si deve essere tristi. Gesù va al Padre, fonte della vita, della storia e della salvezza. Stanno per compiersi i fatti finali della vita terrena di Gesù. Con la sua esaltazione-resurrezione, il demonio è sconfitto e condannato. Col suo sacrificio Gesù dimostra il suo amore per il Padre, perciò la "sconfitta" della croce è solo la vittoria effimera del principe di questo mondo.
Lo Spirito consola perché insegna e ricorda "tutte le cose". Non è solo un recupero di memoria, ma l'energia della Parola nella vicenda umana, capace di portarvi "sapienza", che è molto di più della sola "cultura". Di questa si nutre la pace di Cristo che non è "stare in pace", senza conflitti, ma è comunione e amore, pienezza di vita. E' pace tra cielo e terra, tra Dio e noi, tra l'umanità e il cosmo.
Gesù esige la gioia, perché nasce dall'amore e dall'esperienza della sua pace che non è quella "imperiale" ed egemonica imposta da un esercito che ha sbaragliato altri eserciti. La sua pace è la pienezza della presenza e dell'amore del Figlio di Dio nella nostra vicenda. E' possibilità di vivere fin da ora una vita nuova. Tutto fatto nuovo. Persino la morte può essere grembo di Vita.
Questo capitolo iniziava con la rassicurazione di Gesù a non aver paura: "Non sia turbato il vostro cuore". Ora, alla vigilia della sua partenza i discepoli si sentono orfani e Gesù ripete che non li abbandona, ma va a preparare un posto. Quel posto presso il Padre non è lontano, è dentro di noi perché Dio, che è amore, non desidera altro che di essere amato e di stare con l'uomo. Se noi lo amiamo, Padre e Figlio vengono presso di noi e noi diventiamo loro tempio.
La sintesi di tutta la vita di Gesù, i trentatré anni, è tutta nell'amore del Padre e nel desiderio che ha Dio di stare con noi. Dio ama il mondo al punto di dare suo Figlio e il Figlio ci ama tanto da dare la vita per noi. Tutta la vita di Gesù è il racconto della passione di Dio per l'uomo, che trova il suo apice nella croce.
Lo Spirito permette il ricordodi tutto questo; ricordare è portare nel cuore e si vive di ciò che si ha nel cuore. Tutta la profezia cristiana non è altro che la memoria del Figlio. L'esperienza di ogni credente è quella di sperimentare la presenza caratteristica dello Spirito rispetto a quella di Gesù. Lo Spirito non è solo "presso di "noi", ma "in noi". C'è un legame strettissimo tra l'insegnamento di Gesù e quello dello Spirito Santo: lo Spirito è il Cristo stesso nel cuore e nella vita del credente. La persona e l'opera di Gesù sono sempre presenti nella vita dei discepoli di tutti i luoghi e di tutti i tempi proprio grazie all'opera dello Spirito, anzi in qualche modo cresce incessantemente nella vita della comunità cristiana e nell'umanità.
Dura il tempo di pasqua, ma ormai siamo alla vigilia dell'ascensione e pentecoste. I dodici, dopo anni di vita in comune con Gesù e soprattutto dopo i fatti di pasqua, sanno che non possono più vivere senza di lui. Non sempre l'hanno capito, ma sempre hanno sentito di appartenergli. Ora, nella stanza del cenacolo, testimone della grande liturgia che ha preceduto il calvario e dell'incontro con il risorto, ascoltano – turbati – parole di addio come "orfani", "abbandonati", "non mi vedrete più". Rasentano lo sconforto perché si sentono traditi da Gesù che parla di partenza e lontananza dello sposo. Stanno arrivando i giorni in cui tutto crolla. Resta loro un'unica presa, una sola parola: amate!
Basta un gesto d'amore per avere ingresso nel cuore del Gesù che ha promesso, Lui e il Padre, di venire ad abitare in noi. Gesù assicura che lo avrebbero rivisto coloro che lo amano. Non una semplice apparizione, ma una straordinaria venuta della Trinità nel cuore di chi si apre alla fede e all'amore e per questo può chiamare Dio col nome di "Abbà - Padre" e, quindi, identificare tutti gli uomini come veri fratelli, amati dallo stesso Padre. Abitati da Dio. Basta questo a cambiare e riempire una vita, qualunque cosa si faccia, importante o umile, gioiosa o dolorosa che sia.
Andare oltre la logica umana e aver fiducia – fede – in Gesù: non vuole una separazione, ma una vicinanza più grande. L'intimità resta e il legame non si interrompe. Il salto è vertiginoso. Lo Spirito di Dio, più che "vicini" ci fa intimi della Trinità, ci porta in Dio: avvolti dall'amore del Padre, tutto manifestato nel Figlio, viviamo dello stesso spirito di unità e di comunione.
Per questa cima dell'anima Gesù indica la condizione: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti". La frase è speculare: mai più le due cose separate, anche perché il "primo" dei comandamenti resta l'amore, l'amore di Dio e l'amore del prossimo. Anche il nome di Dio è Amore, Deus Caritas est.
Il Paràclito ricorda e insegna ogni cosa, come invoca la dolcissima sequenza: Vieni Spirito Santo, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, Vieni, datore dei doni, Vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto, ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica riposo, nella calura riparo, nel pianto conforto. O luce beatissima, invadi nell'intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen.
Mons Angelo Sceppacerca25 maggio 2025