Briciole di riflessioni in quest’agosto infuocato | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Briciole di riflessioni in quest’agosto infuocato

Briciole di riflessioni in quest’agosto infuocato Se proviamo a giocare a pari e dispari tra la montagna e il mare, costatiamo che il mare è tanto, troppo bello, ma quanto disperde, stordisce e invita subito a sdraiarsi, mentre la montagna è varia, stupenda, eppur faticosa, tanto che è altissima armonia che ti mette addosso la voglia di crescere e invita a stare uniti.

Geologicamente è vero che c’era prima il mare, ma le montagne sono nate tutte proprio quando il mare ha cominciato a ritirarsi e se il mare ancora non scompare è anche perché dalle montagne riceve l’acqua benefica e risanatrice dei suoi fiumi.

Perciò io la vittoria la do alla montagna, perché essa ti educa a quella grande dimensione che è la calma. Infatti la montagna è maestra perché non ha fretta, essa è lì da sempre e non accetta persone impazienti, né i faciloni, né tanto meno i precipitosi: chi in montagna è avventato o impetuoso, paga anche con la vita.

La montagna è la grande maestra che ci propone e insegna la prudenza e lo spirito del sacrificio. Forse proprio per questo Reinhold Messner amava ricordare: «Più si sale e più si conosce se stessi. Più si conosce se stessi, più bisogna salire. L'uomo è come la montagna: la conquista dell'uno e dell'altra non finisce mai»

Per l’intera estate il ritornello continuo delle cronache e dei servizi televisivi e non, al novanta per cento, partiva e finiva sulle spiagge assolate. Poco, troppo poco, si è fatto vedere e raccontato delle nostre montagne, delle nostre belle montagne molisane.

Solo la montagna ti dona sensazioni uniche e momenti magici: odi il silenzio ovattato che penetra tra le foglie gli alberi del bosco; ti disseti con l'acqua piena di sole che scende dalle piccole sorgenti; ascolti il delizioso frammento di suono regalato, di tanto in tanto, dallo scricciolo biricchino; ti attrae l'eco amico che si slarga tra le rocce e rotola a valle; ti accompagna il tipico ‘dindondare’ delle mucche che ti avvolgono di sospetta compagnia; ti esalti di fronte al bosco invaso dalla nebbia e così immagini di essere in una immensa chiesa all’aperto, invasa dal profumo inebriante dei fiori sostituti dell'incenso.

Quanti di noi vivono su questa terra appena come un distratto turista della natura. Tu, piuttosto, vivi in questo mondo come nella casa di tuo Padre, devi credere e coltivare il grano, devi amare e lavorare la terra, devi ammirare e navigare il mare, ma prima di tutto devi credere alla vita, devi amare la natura e lottare ogni giorno per la dignità dell'uomo.

Possiamo amare le nuvole cangianti, e inseguirle con la nostra fantasia, possiamo correre con le macchine rombanti, possiamo leggere i libri di ogni genere, ma prima di tutto e soprattutto dobbiamo amare l'uomo, proclamare e difendere la dignità dell’uomo creatura e figlio di Dio.

Passeggiando o scalando in montagna possiamo provare tristezza per il ramo che si spezza e per l’albero che si secca, possiamo innamorarsi del luccichio dell'astro che si spegne, ma prima di tutto dobbiamo percepire la tristezza dell'uomo che soffre e impegnarci a consolarlo. Qualcuno ha scritto che avere fede non vuol dire soltanto alzare gli occhi verso Dio, ma significa anche guardare la terra con gli occhi di Dio.

Se ti sei fermato vicino ad una sorgiva fresca e zampillante, se ti sei dissetato ad essa e ne hai goduto della sua forza corroborante, ti potrebbe far piacere ricordare questa favola dello scrittore russo L. N. Tolstoj:
“Tre viandanti si trovavano insieme presso una sorgente che scaturiva dalla roccia sulla quale c'era la scritta: «La sorgente sia il tuo modello». I tre discussero a lungo sul significato della frase.

II primo disse: «La sorgente, lungo il suo percorso, raccoglie altre acque e diventa un grosso fiume. Anche l'uomo deve ingrossare durante la sua vita il suo capitale per diventare più ricco».

Il secondo disse: «Per me la scritta vuoi dire che l'uomo, nel suo modo di parlare, dev'essere limpido, com'è l'acqua di questa fonte».

Il terzo, che era un uomo saggio, disse: «La sorgente dev'essere modello all'uomo. Essa dà da bere a tutti, senza richiedere niente, fa’ del bene a tutti, senza aspettare alcuna ricompensa»”.

Ed ecco cosa la montagna continua ad insegnarmi, lo faceva da quando ero piccolo sulla montagna di Frosolone e lo fa ancora oggi, anche se ora il passo si è appesantito e fatto stanco: dalla sua cima le costruzioni umane, giù in basso, appaiono minute ed insignificanti, ogni passo va misurato, ogni successo richiede uno sforzo progressivo e se vogliamo dominare le cose, dobbiamo saperci distaccare da esse.

Quando di sera, al tramonto del sole, le rocce si tingono di rosa e ti lasci avvolgere dal vento profumato di stelle, ogni pensiero da pura intuizione può diventare vera adorazione!

Perciò “Fa', o Signore, che mai perda la nostalgia dei monti! Ho bisogno di nutrire gli occhi di cielo, ho bisogno di sentire l'acqua e il silenzio, ho bisogno e di vedere le cose dall'alto, ho bisogno di vedere lontano...”, ho tanto bisogno di avvicinarmi sempre più a Te, o Signore. don Mimì FazioliTrivento (CB), 20 agosto 2012

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