NewsCARISSIMO PAPA FRANCESCO… (lettera aperta in occasione della professione perpetua di sr. Marzia Sgarlata, 25 Marzo 2015- anno della vita consacrata)Carissimo Papa Francesco,sono una giovane consacrata che il 25 Marzo scorso ha emesso la sua professione perpetua tra le Sorelle Francescane della Carità, piccolo ramo del grande e meraviglioso albero nato dalla vita di Francesco e Chiara d’Assisi.Le scrivo con tutto il carico di emozione e trepidazione di una novella sposa, mentre riecheggiano nel mio cuore le parole del Cantico dei cantici : “Vieni, mia bella, amica mia, alzati, ecco, l’inverno è passato, e le vigne sono in fiore”.Non ho l’ardire di rispondere alla sua lettera del novembre scorso, ma solo la gioia di parlare con semplicità al Successore di Pietro, che continua a confermare noi, suoi fratelli e sorelle, nella fede.Santità, ogni giorno, indossando il saio, segno esterno di vita nuova, ripenso con gratitudine a tutto il cammino compiuto, la mia storia all’ombra della Sua Grazia, i volti, memoriali di crescite e tagli, e poi il big bang dei miei 25 anni, quando all’improvviso esplose in maniera prepotente la Sua Misericordia nella mia vita. Sì, quel “Dio non ci vuole eroi ma amanti” segnò per sempre la fine della paura, e finalmente prevalse l’amore, un amore ancora tanto incerto, ma pieno di slancio, un amore che già allora affondava le sue radici nella gratitudine di un perdono atteso da anni, un abbraccio sognato nelle notti di aridissima solitudine. È Lui che vinse le tenebre, Lui che mi conquistò, Lui che mi volle stretta a Sé. Da allora avrei vissuto solo di gratitudine e gioia, difendendo a denti stretti, con il “cuore chiuso”come una “fonte sigillata”, quell’amore che rivoluzionò la mia vita.Oggi, tutto intorno a me parla di finito, di limitato, di provvisorio, eppure io sto per pronunciare quelle parole, a detta di qualcuno, fiabesche: “Per sempre”. Nell’era delle percentuali, delle scadenze, delle esperienze relative e mai definitive, il mio “Per sempre”tuonerà, fuori e dentro me, come un impegno inaudito, promessa d’eternità in un mondo di finitudine, profezia di una felicità annunciata, professione di fede nell’Invisibile. Eppure i miei occhi hanno visto, i miei orecchi hanno udito, ho sentito i suoi passi nel mio giardino. Dio è Amore, e Gesù è l’Amore reso visibile, amore disponibile, amore tangibile, amore concreto e tanto vivo da affrontare la morte in un prodigioso duello. Come disperare? Come sentirsi soli? L’Amore sta sempre nascendo....Dio si sta sempre incarnando e i nostri occhi possono vederlo. Fin da piccola sono stata rapita dall’idea che l’amore vince ogni cosa, tanto da farne quasi una ragione di vita, una vocazione in embrione. Vedevo a casa, in famiglia, cercare sempre il bene, lottare per conservarlo, impegnarsi per consolidarlo. Poi crescendo entrai nel mondo, e l’idea di un amore puro, grande, forte, dovette fare i conti con altre logiche: la teoria dell’usa e getta, un amore rimpicciolito negli spazi del piacere e dell’egoismo e la consapevolezza di dover andare controcorrente verso la sorgente dell’unico grande Amore. Incontrai persone felici di vivere, di spendersi, di donarsi per amore, e anche luoghi di morte dove i giovani si rifugiavano nei surrogati dell’amore. Esperienze di vita per la presenza di un amore grande, ed esperienze di morte per l’assenza di un amore grande. In realtà anche la sete parla della Sorgente. E così, ogni mancanza di amore parla di un desiderio di amore che guida, sostiene e anima la vita di una creatura mortale. E chi è la sorgente? Chi è l’amore? Questo amore ha anche una voce....puoi udirla nelle notti insonni, quando, smarrite le stelle, ti accarezza il cuore con parole di consolazione, o quando, nella tempesta, lotti con Dio e ti lasci ferire, sapendo di arrenderti all’Amore. Nella mia piccola storia ho udito parole ineffabili come brezza –“Rimani nel mio amore”- e dure come roccia –“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Ma entrambi parlano di un amore più grande che ti inchioda a rimanere nella tua dolorosa esistenza anche quando ti senti nell’abbandono totale. Dove si potrebbero udire parole tanto pesanti come presso il letto di un malato? E lì trovarvi non disperazione,non angoscia, ma amore? Le mie orecchie hanno udito questo amore.E poi come tacere l’esperienza intima di sentire i Suoi passi nel mio giardino? Come nascondere a Lei, Santità, che ben conosce le segrete dolcezze dell’anima, la gioia che provo quando il Vangelo si incarna nel mio grembo e feconda le mie giornate col seme della maternità?Si commuovono le mie viscere quando tra le braccia accolgo una creatura indifesa giunta qui dalle coste dell’africa, o quando stringo tra le mie mani le mani tremanti di chi lotta per la vita, o quando i miei occhi si posano su un povero che mendica accoglienza, uguaglianza, dignità, o quando il mio sorriso raggiunge i meandri bui delle scuole dove si consumano i migliori anni della vita.E infine, mi permetta un’ultima confidenza, Santità...C’è un luogo, o forse meglio dire un’esperienza, una frazione di tempo in cui l’invisibile si unisce al visibile e lo trasforma: il Sacramento dell’Amore fatto pane per lasciarsi mangiare. Lì tutta la mia esistenza continua a trasfigurarsi ogni giorno, lì depongo le mie paure e offro tutta la mia vita perché so a chi ho dato fiducia!Vorrei ringraziarla Santità per aver ascoltato questa sua figlia, e la prego caldamente di confermare la mia fede come lampada che arde nel cuore della notte, come sentinella che instancabilmente annuncia l’aurora. Ufficio comunicazioni socialiTrivento, 22 aprile 2015Condividi pagina