Debellare il virus della corruzione | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Debellare il virus della corruzione

Debellare il virus della corruzione Da Tangentopoli in poi non siamo riusciti in Italia a debellare il virus della corruzione.
Gli arresti, gli avvisi di garanzia, le inchieste sugli appalti truccati in Italia ed anche nella nostra regione ci dicono con chiarezza, al di là di casi specifici da definire e della garanzia dei diritti di ciascuno fino all'ultimo grado di giudizio, che il mondo dei corrotti e dei corruttori si sta popolando sempre più di soggetti che hanno finito per invadere perfino l'area del Terzo Settore.

Da garantisti convinti ci auguriamo che gli inquisiti siano scagionati da ogni colpa, perché una loro assoluzione darebbe un segnale positivo alla società.

Purtroppo le indagini razionali e dettagliate della Guardia di Finanza, le inchieste della Magistratura e le campagne giornalistiche non sono riuscite a bloccare un malaffare che, con mazzette e bustarelle, ma anche attraverso il sistema delle raccomandazioni e l'evasione fiscale, produce per taluni una ricchezza facile ed immediata al riparo da possibili smascheramenti che, anche ove si verificano, non sono sempre seguiti da condanne di deterrenza.

Abbiamo visto un lavoro enorme di scoperta sul malaffare da parte delle forze dell'ordine in Italia, ma il non luogo a procedere, la prescrizione e l'archiviazione sembrano talora creare perplessità e dubbi che ovviamente devono fare i conti con la legislazione vigente cui la magistratura deve attenersi.

Anche l'istituzione dell'Autorità Nazionale Anticorruzione con la presidenza di Raffaele Cantone non è riuscita ancora a penetrare fino in fondo nel mondo degli appalti, perché questi ultimi si esplicano con fretta e soprattutto senza controlli preventivi e successivi all'aggiudicazione dei lavori ed alla loro conclusione. Tra l'altro è nostra convinzione che Cantone ancora non riesca a penetrare in profondità nel marcio che infetta la politica e la burocrazia.

Noi pensiamo che per debellare il virus della corruzione occorra analizzarne gli aspetti organizzativi nei diversi settori in cui si esplica, creare sistemi di prevenzione del fenomeno ed intervenire sul piano penale, formativo ed etico.

La prima cosa da fare è quella di togliere alla politica le nomine che ancora esercita nel settore pubblico attribuendo tutti gli incarichi con concorsi espletati nel regolamento da soggetti integerrimi.

Occorre poi far passare a controlli obbligatori di apposite commissioni tutti gli appalti soprattutto in fase di aggiudicazione, ma anche ovviamente in quelle di esecuzioni e di consegna dei lavori.
Anche le leggi dello Stato devono contribuire a scoraggiare i comportamenti corruttivi, ma, quando leggiamo che nella prossima Legge di Stabilità si aumenta il tetto di pagamento per contanti da mille a tremila euro e si prevedono sanzioni penali non più oltre i cinquantamila, ma al di là dei centocinquantamila euro, siamo portati a pensare che l'esecutivo non imbocchi la strada giusta per sconfiggere l'illegalità.

L'opinione pubblica, che in certi momenti relativi all'incancrenirsi della corruzione è scesa in piazza mettendo alla gogna i corrotti con lancio di monetine o altri sistemi di condanna, oggi sembra non diciamo assuefatta nella logica di "così fan tutti", ma certo assente nello sdegno e nella richiesta di cambiamento rispetto agli abusi ed ai reati.

C'è ancora una deficienza nel settore della formazione in cui mass-media ed agenzie educative hanno dimenticato la necessità di trasmettere un codice etico capace di convincere ciascuno di noi, come in passato hanno fatto i nostri nonni e genitori, che rubare è deprecabile perché annulla la dignità della persona e fa del male alla collettività.

Abbiamo in tal senso la necessità di ricostruire un'etica dei comportamenti e molto al riguardo possono fare la famiglia, nel rapporto educativo tra genitori e figli, la scuola, in tutti gli ordini che la compongono, le organizzazioni ecclesiali, se tornano a ridare peso al peccato come male sociale perpetrato ai danni del bene comune e delle altre persone, le scuole di formazione politica, se riescono ad indirizzare gli eletti nelle istituzioni verso la lealtà e l'onestà, ed infine i mezzi d'informazione, se sono capaci di orientare l'opinione pubblica verso la condivisione dei beni piuttosto che alla ricerca spropositata di ricchezza e di beni superflui.Umberto BerardoTrivento (CB), 16 ottobre 2015

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