L'Omelia nella messa esequiale di Maria Anna Marzini in Sceppacerca | Diocesi di Trivento

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L'Omelia nella messa esequiale di Maria Anna Marzini in Sceppacerca

L'Omelia nella messa esequiale di Maria Anna Marzini in SceppacercaSaluto con affetto il Vescovo Domenico e tutti voi che partecipate a questa santa liturgia in suffragio della nostra amata sorella Maria. Saluto specialmente il caro Francesco e gli ricordo che ha perduto la figura visibile della sua sposa, ma non la sua presenza e vicinanza che continua a dargli sostegno. Saluto i figli, don Angelo, Nicola ed Enrica che hanno per la mamma, come ho potuto constatare, non solo affetto ma anche venerazione. Insieme a loro saluto i nipoti Francesco, Tommaso e Camilla, gli altri parenti e gli amici di famiglia. A tutti grazia, pace e ogni bene dal Signore.

Nel vangelo abbiamo ascoltato quello che di solito viene chiamato l’inno di lode di Gesù a Dio Padre.
“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Le cose di Dio, i misteri del suo Regno, rimangono spesso nascosti agli intellettuali e ai dotti, ma sono rivelati ai piccoli, alle persone semplici e umili. “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. Alla nostra sorella Maria il Figlio ha davvero rivelato il Padre, in modo esistenziale, comunicandole un atteggiamento filiale di fiducia, gratitudine, obbedienza, amore, intimità nella preghiera, rendendola partecipe della sua stessa vita di Figlio di Dio.

“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita”: prendete sopra di voi il mio giogo, la legge dell’amore filiale, e troverete sostegno, coraggio, pace. “Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero”: vivere come figli dà gioia, dolcezza; non opprime, non schiaccia, anzi alleggerisce la fatica, la sofferenza, la croce. La defunta Maria aveva imparato un detto della Beata Madre Speranza di Collevalenza: “il Signore mi ha dato un cuore per amare e un corpo per soffrire”. Lo ripeteva spesso con un tono di dolcezza nella voce, con atteggiamento di pace, con una certa luminosità nel volto.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato il meraviglioso inno alla carità dell’Apostolo Paolo. “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli..., se conoscessi tutti i misteri..., ma non avessi la carità, non sarei nulla... La carità è magnanima; benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. In questi molteplici aspetti della carità, elencati dall’apostolo, vediamo anche i lineamenti del ritratto della sorella Maria. Moltissime persone hanno fatto esperienza della sua generosità, della sua premura, del suo aiuto, dei suoi consigli, della sua amicizia e hanno profonda gratitudine verso di lei. Io stesso, facendo attenzione a certe sue parole e a certi suoi gesti ho ricevuto l’impressione di una persona preoccupata di non pesare sugli altri e, al contrario, pronta a portare il peso degli altri. So che amava il canto che abbiamo ascoltato nel rito d’ingresso: “Quando busserò alla tua porta, avrò fatto tanta strada... avrò frutti da portare, avrò ceste di dolore, avrò grappoli d’amore... avrò amato tanta gente... o mio Signore!”. Oggi questo canto si è compiuto: Maria entra nella casa del Signore, portando l’abbondanza di quei frutti che rimangono per l’eternità, perché come dice San Paolo “La carità non avrà mai fine”.

Tra “i grappoli di amore” ce n’è uno in particolare di cui la Chiesa, la diocesi di Trivento e io personalmente dobbiamo essere molto grati a Maria: la vocazione di don Angelo. Ricordando la parola della Bibbia “Ogni primogenito sarà consacrato al Signore” (cf. Es. 13, 2.12; Lc 2, 23), Maria ha offerto alla Madonna il suo primo figlio, prima ancora che nascesse, perché fosse a totale servizio della Chiesa e del Vangelo ed eventualmente sacerdote. Lei stessa ha rivelato questa offerta a don Angelo il giorno della sua ordinazione sacerdotale, dopo aver custodito gelosamente per tanti anni il segreto per non condizionare il figlio.

Rendiamo grazie a Dio per i grandi doni concessi a Maria e a tante altre persone attraverso di lei.

Rendiamo grazie per le molte persone, umili e sante, che vivono il vangelo nel nascondimento e senza far rumore, in mezzo al nostro popolo.Cardinale Ennio AntonelliTrivento, 23 maggio 2017

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