Commento al VangeloDomenica 18 LuglioLiturgia: Gen 18, 1-10; Sal 14; Col 1, 24-28; Lc 10, 38-42Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».Gesù può prendere fiato nel suo cammino verso Gerusalemme: c’è una casa e una famiglia di amici ad accoglierlo. E’ stato ricevuto in casa di farisei e di peccatori, ma da questa famiglia riceve ospitalità (da Marta) e accoglienza (da Maria).Marta somiglia a quell’Israele tutta presa dal fare, dall’osservanza di infiniti precetti che dovevano preparare all’incontro con il Messia. Maria è il resto di Israele che riconosce la visita del Signore e lo accoglie con gioia, come una sposa abbraccia lo sposo; forse è la stessa donna stretta ai piedi del Maestro, che li bagna con le lacrime e li asciuga con i suoi capelli, poi li profuma e li bacia. Ora lo accoglie in casa, ancora ai suoi piedi, con gli occhi al suo volto, tutta aperta all’ascolto della Parola, modello di chi, uomo o donna, è chiamato ad essere discepolo a pieno titolo.La “parte migliore” è l’unica cosa necessaria all’uomo per vivere: essere amato senza condizioni. Stando ai piedi di Gesù si sente e si riceve la tenerezza del Padre, l’unica cosa necessaria. E’ lui la promessa che, quando c’è, non manca nulla. Scelta subito da Maria, la “parte migliore” è toccata anche a Marta. Entrambe le sorelle sono riconosciute e venerate sante nella Chiesa. E poi, a volte, le due sorelle in qualche modo convivono nella stessa persona. Una volontaria ospedaliera: “Mi è capitato spesso, dopo una giornata troppo piena, di andare in ospedale ormai spremuta. Per fortuna la nostra stanza è vicino alla cappella dove, a quell’ora, non c’è mai nessuno; se è presto, provo anche a recitare il Rosario, ma non riesco mai a finirlo perché c’è sempre qualcuno che chiama: Marta, Marta!”. Anche se l’episodio delle due sorelle sembra contrapporre l’azione alla contemplazione, in realtà Gesù vuole che l’azione sia purificata nella contemplazione. L’azione scaturisce dalla contemplazione e non se ne stacca mai.Marta è chiamata due volte, chiamata e richiamata, come Mosé, come Samuele, come Saulo; spinta a diventare come Maria. E’ segno di una grande vocazione. Anche lei, ora, come la sorella Maria, può dire con la sposa del Cantico: “Trovai l’amato del mio cuore. Lo strinsi fortemente e non lo lascerò”. L’esperienza di Marta e Maria, amiche di Gesù, continua nelle molte esperienze di ospitalità, di servizio, di amicizia e di amore toccato con mano, che troviamo nella Chiesa. Ma è anche una tappa alta della ascesi spirituale, una vertigine che molti santi raggiungono e che i mistici chiamano unione trasformante, quando Marta si aggiunge a Maria: una particolare attività per il bene della Chiesa si unisce ad una specialissima contemplazione.Mons Angelo Sceppacerca18 luglio 2010