Domenica 6 Maggio | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 6 Maggio

Liturgia: At 9, 26-31; Sal 21; 1Gv 3, 18-24; Gv 15, 1-8Domenica 6 Maggio Per essere felici e far nascere cose buone, Gesù implora gli amici di fermarsi nel suo amore. “Rimanere in lui”, un ritornello per sette volte. Gesù è la vite che porta grappoli succosi e per questo è il profeta definitivo atteso dagli ebrei. Da sempre la vite è stata simbolo del popolo d’Israele, divelta dall’Egitto per essere trapiantata in Palestina. Il Padre è l’agricoltore che coltiva la vite-Gesù: è il canto d’amore di Isaia dove il Signore è mostrato come il vignaiolo che cura la casa d’Israele. Per sperare di comprendere bisogna mettersi nell’orizzonte della grande storia d’amore tra Dio e il suo popolo. Il cuore segreto di tutta la storia, anche di quella lontana e assurda, è il rapporto di comunione, altissimo e fragile, continuamente contrastato e aggredito, ma sempre risanato dall’amore di Dio che eternamente si riprende la sposa.

Non tutti i tralci danno frutto. Dipende dal rapporto del discepolo con Gesù. La purificazione serve a dare una fecondità maggiore. La parola di Gesù purifica dal male e dal peccato. L’uomo separato non può nulla sul piano della fede e della grazia; non solo è sterile, ma subirà la condanna del giudizio finale. Invece chi resta unito vede esaurite anche le sue preghiere: fecondi nella vita e capaci di dare gloria al Padre.

L’immagine della vite e dei tralci è propria di Giovanni. Negli altri Vangeli si parla della vigna, ma con contenuti diversi. Qui si dice che la vita dell’uomo è nelle mani di Dio, che toglie e pota i tralci, ed è sottoposta al suo giudizio. Tutta l’etica si raccoglie in quel “restare uniti”, la sola e vera responsabilità morale dell’uomo. Dio offre il dono che noi accogliamo restandogli uniti. Si “rimane” in Dio nella misura in cui le sue parole rimangono in noi. Memoria, affetto e lode delle parole del Signore nel nostro pensiero, nel nostro cuore e nelle nostre opere.

Anche la preghiera cambia; non è più un forzare Dio alle nostre istanze, ma volere quello che Dio vuole: “quello che volete, chiedetelo”. Se le sue parole restano in noi, sono esse a educare i nostri pensieri e le nostre implorazioni al Signore, e chiedendo quello che vogliamo chiediamo dentro la sua volontà e pieni di vera gioia perché vediamo ogni cosa nella luce di Dio.

Oggi si parla di tralci, di vite e di grappoli. Qualche pagina prima Gesù aveva fatto il paragone col chicco di grano caduto a terra e che, proprio perché muore porta frutto. Parlava di sé. Oggi parla dei discepoli, ma la legge è la stessa perché, staccati da lui, non possiamo fare nulla.Mons Angelo Sceppacerca6 maggio 2012
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