Domenica 4 Agosto | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 4 Agosto

Liturgia: Qo 1,2;2, 21-23; Sal 89; Col 3, 1-5.9-11; Lc 12, 13-21Domenica 4 Agosto Ogni verità, ogni giustizia, ogni speranza, si misurano nella relazione con Dio. Se si prescinde da questa si capisci anche il rifiuto di Gesù a giudicare i rapporti tra le persone o le vicende umane. Il giusto e il buono si decidono di fronte al Signore Gesù, presente in mezzo a noi e in ciascuno di noi.

L'avidità è condannata, non l'abbondanza, perché a questa aggiunge l'imbroglio e la prepotenza. Non c'è posto per Dio quando l'anima è abbrancata dall'avidità; al massimo è l'idolo a governare pensieri ed emozioni. La pena per l'uomo avido è la solitudine e la sua disgrazia sta nel fatto che non arricchisce davanti a Dio, non ha relazione né vita di comunione. La sciagura del ricco è di morire solo, lontano da Dio e lontano dagli uomini.

Felicità e vita lunga non vengono dalle ricchezze. C'è da fare i conti con l'incognita della morte. Nessuno è padrone della propria vita, neppure del proprio raccolto. Il problema portato dall'uomo della folla è occasione di insegnamento per tutti. Ciò che divide i fratelli è proprio ciò che dovrebbe unirli: i beni che sono doni di Dio per la condivisione. Questa è la causa di tutte le guerre, di tutte le lotte e di tutte le inimicizie. Dimenticando il Padre, gli uomini litigano per la roba.

I beni condivisi fanno vivere e danno gioia perché arricchiscono le relazioni; invece soffocano quando sono accumulati per paura della morte. L'imbecillità è quando ci si sente soddisfatti di averli e non si è mai provata la gioia di un dono.

La morte arriva e chiede di restituire la vita. Allora vuol dire che l'abbiamo avuta in prestito da Dio. Questo vangelo ci aiuta non solo a cambiar modo di vedere le cose, ma innanzitutto la nostra vita. Siamo tenuti a restituirla, continuamente a chi ce l'ha data. Il modo migliore e più gratificante è quello di condividerla con gli uomini e le donne della folla. Facendolo li riconosceremo per quello che sono: fratelli e sorelle.Mons Angelo Sceppacerca4 agosto 2013
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