Domenica 6 ottobre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 6 ottobre

Liturgia: Ab 1, 2-3; 2, 2-4; Sal 94; 2Tm 1, 6-8.13-14; Lc 17, 5-10Domenica 6 ottobre Ne basta un granello, ma a che serve la fede? Ad avere forza di perdonare. Il perdono è possibile per la forza della fede. Ne basta poca perché la fede è sempre comunione con il Dio onnipotente.

Il tema del vangelo è la gratuità del servizio del servo, del ministero dell'apostolo perché allungano ed allargano il mistero della misericordia di Dio. L'amore è gratuito e la gratuità ci fa liberi e simili al Signore. Questo è il primo servizio dei cristiani nel mondo.

Meglio che "Siamo servi inutili", è dire "Siamo servi senza utile, senza guadagno". La fatica dell'apostolo non si spiega con l'utile personale o il guadagno, ma per l'amore a Cristo Signore. Come dice san Paolo, la ricompensa più alta è predicare gratuitamente il vangelo (1Cor 9,18). Per questo tutto quello che riceve è grazia. I santi ne sono modello. E Gesù, il servo obbediente, è lo stampo.

L'offerta della malattia, delle prove, del dolore è, tra i mille volti del servizio, quello più luminoso. E la fatica chiesta al servo è soprattutto l'offerta del perdono che sta al cuore dell'esperienza cristiana e di cui tutti hanno sempre assoluto bisogno. Perdono reciproco, ma soprattutto perdono sacramentale, un ministero che rischia di essere esercitato sempre troppo poco.

Dopo la fatica nei campi, in mezzo al gregge, fuori di casa, ne viene ancora una, più intima, diretta e profonda, non più nei confronti di cose appartenenti al padrone, ma proprio verso il Signore. È il servizio della preghiera, dell'offerta nascosta, del nascondimento. È la conformità a Cristo che porta i santi a salire sulla Croce e nello stesso tempo a partecipare alla sua consolazione. Ma per questo meglio chiedere ai mistici e ai contemplativi. Come Gemma, Teresina, Brigida, Caterina, Teresa Benedetta, Benedetto, Francesco, Bruno...

La gloria è nel finale:... e dopo mangerai e berrai tu. Il dopo è certo come lo è questa ora.Mons Angelo Sceppacerca6 ottobre 2013
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